UNA CAREZZA
Lorenza era una pazza, ma di quelle vere. Sui cinquant'anni, trasandata e scarmigliata, soffriva gravemente di schizofrenia, malattia mentale terribile con deliri e allucinazioni.
Tra i sintomi ne aveva uno piuttosto frequente in chi ha questa malattia: soffriva di ACATISIA, era incapace cioè di stare ferma. Vagava tutto il giorno per i corridoi della comunità di Milano dove lavoravo.
Quando la sera bisognava metterla a letto era sempre una tragedia: si metteva a gridare con occhi spiritati e rifiutava di mettersi pigiama o vestaglia.
Se ero in turno allora si escogitava una sorta di psicodramma: entravo in camera con piglio da vendicatore, prendevo il pigiama e gridavo: "Tu, pigiama cattivo, pieno di spiriti malvagi devi andare via! Non meriti di stare qua! Via!".
Aprivo la finestra e lo buttavo platealmente sul balcone. Poi richiudevo, mi voltavo e dicevo "E adesso tirate fuori il pigiama bello!". Aò, funzionava. Lorenza si metteva tranquilla il nuovo pigiama e andava a letto.
Il giorno dopo lei ricominciata a girare per i corridoi sparando fiumi di parolacce a voce alta. Oramai era quasi un sottofondo, nessuno ci faceva più caso.
Mentre stavo scrivendo una relazione, lei entrò in stanza, si avvicinò alle mie spalle. Mi accarezzò la mano e disse in tono dolce "Tartaro ma tu mi vuoi bene?"
Io rimasi a bocca aperta, non l'avevo mai sentita usare quel tono. È proprio vero che i malati a volte stupiscono
"Sì Lorenza che ti voglio bene."
"Posso sedermi sulle tue ginocchia?"
"Certo, vieni "
Lei si sedette, chiuse gli occhi e mi abbracciò in silenzio. È un po' difficile scrivere una relazione, quando hai una donna come Lorenza sulle ginocchia, ma si fa quel che si può.
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