Visualizzazioni totali

giovedì 31 ottobre 2019


DIAMOND DOGS

E tutte quelle ore di insegnamento, cara la mia maestra di musica, le volevamo buttare via?
Ed ecco allora che il tuo giovin virgulto, insieme ad altri lupacchiotti del quartiere, formava i sempre amati in fondo al cuore DIAMOND DOGS. “Cani di diamante” da una canzone di David Bowie.

Nella storica foto del 1980 potete notare da sinistra Paolo (Pecorini 16, bassista), Claudio (viale Ungheria, chitarra solista), seduto Joseph (via Salomone, batterista), Mirko (Tre Ponti, voce), Luca (io me, Pecorini 8, chitarra ritmica). Giovani, speranzosi e pieni di sogni.

Abbiamo provato e riprovato nella mia cantina, rompendo i maròni a tutto il quartiere (ancora oggi, grazie per la pazienza!). Come isolante acustico avevamo foderato le pareti dei mitici cartoni delle uova, perfetti isolanti acustici. Ma qualcosa non aveva funzionato e il tum tum della batteria lo sentivano fino al bar Peck.

Facemmo un solo vero concerto di cui non c’è la registrazione, conservo solo la scaletta delle canzoni. Peccato non averne traccia acustica.
Anzi meno male, ho il sospetto che oggi sarebbe imbarazzante sentire Space Oddity suonata da noi.
Diciamo solo che non eravamo granché come musicisti, la tipica garage band senza pretese, meno male che la memoria sfuma tutto. Ma la voglia di suonare vi assicuro che quella c’era, assaissimo!

Io ricordo che aprivamo con me che cantavo Back in URSS, misconosciuto capolavoro dei Beatles. Quanto mi divertivo! Era un sogno che diventava realtà. Figus!
Il momento clou era quando il batterista si alzava e bacchettava le corde del basso mentre il bassista si produceva in un assolo free jazz new sound punk inglese (l’idea non era nostra, l’avevamo vista in un concerto della PFM).

Inesperti però come eravamo, mettemmo gli amplificatori troppo alti come volume ottenendo in sala un casino terribile.
Risultato: tutti quelli nelle prime file dopo tre secondi si alzarono e si accamparono in fondo a guardarci straniti. Ricordo la mamma di Paolo Maio a metà concerto venire da noi a chiedere se potevamo suonare un valzer.

Perché eravamo troppo avanti. Voi non capite l’arte!



Nessun commento:

Posta un commento