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mercoledì 9 ottobre 2019

DAVANTI AL BAR PECK
“Mi dà due pacchetti di Nazionali Senza Filtro, per favore?”
Il proprietario del bar tabacchi, un signore magro che chiamavano il Baffo, , si alzò dal banco, vide che ero piccolino, mi squadrò e disse: “Sono per te?”

“No, per papà.”
“Va bene, tieni.”
“Grazie, signor Baffo!”
Essendo l’unico bar del quartiere, era inevitabile che il Peck (naturale abbreviazione di Pecorini) ne diventasse un punto di aggregazione. Avendo poi dei tavolini fuori, una posizione d’angolo favorevole, essendo vicino agli Spacci Comunali e con uno piccolo spiazzo davanti il gioco era fatto, c’era sempre gente. Gelati per i piccoli e caffè per i grandi. E si mormorava di cose losche nella saletta del retro.
Tutti conoscevano il Peck. Io ammetto però che l’ho frequentato poco, di più verso i 16 anni quando per una stagione ci furono i videogiochi in sala (quante partite a Ladybug con tutti che ti incitavano quando stavi per battere il record galattico).
The real original.


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