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mercoledì 4 novembre 2020

 IL RAGAZZO DI NEVE

L’Autismo è una malattia mentale ancora per molti versi misteriosa. Incurabile nelle sue forme più gravi, non è mai semplice da affrontare. Per chi non avesse idea di cosa parlo, nel film “Rain Man” il bravissimo Dustin Hoffman interpreta un autistico adulto.
Sono persone che sin da quando sono nella culla sembrano “staccate” dalla realtà e vivono in un mondo tutto loro (scusate la semplificazione); si relazionano in maniera strampalata, a volte molto originale (una volta erano detti “idiot savant”, gli scemi sapienti). Ringraziando Iddio è patologia rara, semmai è diffusa la sua versione più blanda, la Sindrome di Asperger.
Come ho detto prima, è inconsueto incontrare un vero autistico. Me ne è capitato però uno all’inizio della mia professione che mi ha fatto capire meglio di tanti libri la malattia. All’epoca lavoravo con i ragazzi down e con disabilità varie in una comunità di Milano e un giorno ci capitò Gianfranco, un autistico da gestire per qualche giorno. Un vero autistico! Rarissimo! Neolaureato e curioso, andai subito da lui per approcciarmi.
Il ragazzo era seduto sul divano e non mi degnò di uno sguardo. Rimase così, immobile e fisso, senza dire una parola per tutto il tempo. Cercai di parlargli in tutte le maniere, non mi rispondeva. Intuivo che mi capiva, avvertiva la mia presenza, solo che non reagiva. Gli dava fastidio essere toccato.
Oggi non “forzerei” più in questo modo la mia presenza, queste persone hanno tempi di reazione lenti e imprevedibili, bisogna rispettarli.
Ho un episodio ficcato nella testa come un albero. Eravamo in pieno inverno ed aveva appena nevicato. Qualcuno ebbe l’idea di andare in giardino a tirarci le palle di neve, proposta subito accettata con entusiasmo dai ragazzi down. Infagottammo tutti, anche Gianfranco, e li portammo giù cominciando subito a buttarci addosso la neve. I down in questo sono simpatici e bambinoni. Nel giro di dieci minuti eravamo tutti fradici e felici.
E Gianfranco? Se ne stava in mezzo al prato in piedi e immobile tipo statua, con le braccia lungo i fianchi. Tutti gli giravano intorno e lui fermo nel suo cappotto, sguardo nel vuoto. Impassibile, anche se i down gli lanciavano gioiosi palle di neve addosso. Una scena che non dimenticherò mai.
Lui subiva tutto e non reagiva, sembrava uno di quei pupazzi di neve che innalzano in mezzo ai prati. L’autismo da allora per me è questo, un ragazzo di neve.



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