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domenica 15 novembre 2020

 IL GESTO DI KREUZLINGEN

Oggi vi racconto una storia intima, intimissima. La storia riguarda nientepopodimeno che il mio VIAGGIO DI NOZZE, viaggio che ormai risale alla bellezza di quasi un terzo di secolo fa.

Un bel ricordo per iniziare, quando io e la mia giovane futura moglie spulciavamo cento cataloghi di viaggio. Un mondo di possibilità si apriva ai nostri occhi: Maldive, Seychelles, Venezia, Parigi, il Mar Rosso…. La terra è un posto meraviglioso.

Ma eravamo insoddisfatti. Entrambi rampanti psicologi, volevamo approfittare dell’occasione per qualcosa di specialissimo e unico. Non so più a chi venne l’idea di Kreuzlingen (pronuncia: Cròiz-linghen), una innocente cittadina svizzera dove nel 1912 avvenne un fatto dalle ripercussioni storiche: il primo dissidio tra gli psicoanalisti Freud e Jung, fino ad allora amicissimi culo e camicia.

Entro pochi anni sarebbero diventati acerrimi nemici ma all’epoca ancora non si notava nulla: ripercorrendo la loro amicizia, il primo debole segnale di discordia avvenne proprio nella stazione ferroviaria di Kreuzlingen, dove non si erano accordati su una coincidenza ferroviaria.

Era il famoso “Gesto di Kreuzlingen” e oramai erano passati più di 80 anni. Era tempo per una riconciliazione. E fu così che, essendo lei junghiana e io freudiano, decidemmo di recarci in viaggio di nozze proprio alla stazione suddetta e ricomporre, con l’amore e i baci, dopo tanti anni il famigerato Gesto sotto il cartello della stazione. 

E così facemmo, partendo dopo il matrimonio per la Svizzera orientale, il nostro viaggio di nozze. Ricordo che guidavo tra i campi meravigliosi e assolati di papaveri rossi, la natura benediceva il nostro viaggio. Tra Kreuzlingen, cascate di Sciaffusa, lago di Costanza etc furono giorni incantati. La frase tedesca “Wir sind in Flitter-wochen” (siamo in luna di miele) apriva ogni porta.

Quando oggi alla gioviale domanda “Allora, dove sei andato in viaggio di nozze?”, parlo di Kreutzlingen e della stupenda Svizzera orientale, noto sempre vuoto e perplessità nello sguardo del mio interlocutore. Che alla fine della storia rimane per qualche secondo in silenzio e poi dice: “Ma tu sei scemo.”

“Sì, ma eravamo in due!”



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