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lunedì 26 dicembre 2022

TAMIT

E' Natale, lasciatemi raccontare una storia.

Addomesticati molto prima dei cani, i gatti erano non solo animali di compagnia ma proteggevano pure il grano dai roditori. Belli e utili insomma, il massimo. Non sorprende che nell’antico Egitto dei Faraoni (la prima civiltà secondo me degna di questo nome) fossero amati, anzi adorati e imbalsamati. In ogni casa ce n’era uno e quando moriva il capofamiglia per rispetto si rasava le sopracciglia.

(mummie di gatti nel museo archeologico di Bologna)

Addirittura gli egiziani finirono col venerare Bastet, la dea gatta con una doppia natura, sia madre protettiva che terribile vendicatrice (scovata l’essenza della felinità?).

Ma ecco la storia da raccontare oggi che riguarda una gatta speciale di nome TAMIT. Nel grande museo del Cairo infatti sotto il sarcofago del Faraone Tuthmose è conservato il sarcofago in miniatura di Tamit, gatta sepolta con onori degni di una principessa e seduta di fronte ad una tavola riccamente imbandita. Di certo Tuthmose amava molto la sua gatta.

Tuthmose non è stato un faraone qualsiasi. Sappiamo pochissimo su di lui, abbandonò il culto politeista, per la prima volta nella storia cercò di imporre la fede in un Dio unico. Fu una sorta di “rivoluzione culturale” che però nell'antico Egitto non ebbe fortuna. Presto i sacerdoti si ribellarono, Tuthmose fuggì, il suo nome venne maledetto e il culto politeista venne ripristinato.

Ma la storia ora diventa straordinaria, da film. Sigmund Freud nel suo ultimo libro, molto bello (“L’uomo Mosè e la religione monoteista”) ipotizzò che Tuthmose, dopo essere stato cacciato si fosse posto alla guida di un popolo in cerca di una nuova terra dove adorare il Dio unico, cambiando nome nel più famoso Mosè. Fantasia? Certo, tutto può essere ma fa volare.

Tamit sarebbe dunque stata nientemeno che la gatta di Mosè, il primo ebreo, uno dei fondatori della civiltà occidentale come oggi la conosciamo. Forse è solo una leggenda, forse è tutto inventato ma darebbe un senso a molte cose. Mosè amava la sua gatta e voleva anche dopo la morte mantenere un rapporto speciale con lei. E forse la amava così tanto perché alla luce di una candela, specchiandosi nei suoi occhi, aveva trovato la forza per fondare qualcosa di rivoluzionario, che vive ancora oggi. A me piace pensarla così: nei suoi occhi da gatta, Mosè aveva intravisto un nuovo mondo.

Riferimenti:

https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2021/05/21-04-04-Tamit-la-gatta-del-principe-Thutmosi.pdf

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