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domenica 30 agosto 2020

 IL PICCOLINO


Tempo fa mi dissero una sciocchezza, ma dopo tanti anni devo riconoscere che è vera veramente: se durante gli anni della scuola o anche tra fratelli uno è più piccolo di età, questa “differenza” se pur minima rimarrà per sempre e anche a distanza di 50 anni il grande guarderà l’altro con superiorità, dall’alto verso il basso.

Ho un amico per esempio che anche da adulti pretende di essere obbedito perché lui è nato a febbraio e io a maggio. Quindi ha più diritti e anche se lo dice scherzando, sotto sotto riconosco l’antica lotta per prevalere che c’era a scuola.

Si dice spesso che tra i Beatles, in sala di registrazione, George Harrison fosse sottovalutato e non considerato dagli altri (stiamo parlando di John e Paul, mica cotica).
Quando proponeva idee musicali o brani suoi veniva trattato con sufficienza. La cosa era talmente evidente che a volte il loro tecnico Geoff Emerick consolava George.

E’ rimasta per esempio famosa la svalutazione ai tempi di Revolver che John e Paul diedero dello splendido brano “Isn’t it a pity?”, che poi George inserirà nel suo primo album solista. Immagino ai tempi la frustrazione di George mentre tornava a casa. Come è difficile crescere quando sei circondato da giganti.

Quando alla fine degli anni ‘60 Phil Spector ascoltò i brani inediti per scegliere quelli da inserire nel primo album di George, il triplo All things must pass, rimase stupito dalla quantità di brani inediti ed esclamò: “E’ infinito! Sono centinaia di brani! Uno meglio dell’altro!”.

George li aveva tenuti nascosti per anni. Era snobbato proprio perché il più giovane del gruppo e quindi senza voce in capitolo. Un brano per LP, non di più. Fu solo verso la fine della loro storia che John e Paul accettarono più di una canzone sua (Something e Here comes the sun renderebbero qualsiasi album una gemma).

Insomma, anche per questo io vedo qualcosa di favoloso nei Beatles, un vero mistero se ci penso. Non solo vi erano due tra i più grandi compositori del secolo, ma addirittura i geni musicali nel gruppo erano tre. La creatività tra loro fioriva con una facilità impressionante, mai più ripetuta.



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