Visualizzazioni totali

giovedì 13 agosto 2020

 “ESPERIMENTO IN CORSO. Non bussare, non disturbare, non chiamatemi. Per favore non entrate assolutamente. Fate meno rumore possibile, tra un’ora esco.”

Dopo aver appeso questo cartello alla porta del bagno entrai e mi chiusi dentro. Avevo visto un film sulle Vasche di Rilassamento e volevo ripetere l’esperienza anch’io. Le Vasche di Rilassamento sono state inventate in America negli anni ‘60 e applicate ai soldati per testare la loro resistenza: si viene immersi in acqua tiepida salata, con bocca e naso fuori per respirare, al buio e in silenzio. Situazione per molti aspetti simile al grembo materno.

Già dopo pochi minuti di silenzio molti soldati riferivano di perdere via via la percezione sensoriale e iniziavano ad avere stati onirici, affioravano ricordi e allucinazioni. Era come autoprodursi delle droghe naturali. Qualcuno lo trovava bellissimo, per altri era intollerabile, altri non parlavano.

Cosa sarebbe successo a me? Avevo 21 anni, ero uno studente di Psicologia, ero nel pieno delle forze. Cosa mai poteva accadermi?

Riempii di 15 centimetri di acqua calda la grande vasca da bagno, la salai, abbassai le tapparelle, spensi tutte le luci. Mi immersi curioso nella vasca e mi sdraiai al buio. La testa toccava il fondo e il naso restava comunque fuori, non potevo annegare nemmeno volendo.

Silenzio, buio, acqua calda. Mi rilassai ma non succedeva niente di particolare. Era comunque piacevole e stavo...bene. Cercai di svuotare la mente. Non mi addormentai, questo lo ricordo bene, ero sempre vigile ma molo rilassato.

All’improvviso accadde qualcosa, mi sembrò di sprofondare all’indietro. Sprofondavo di schiena sempre di più in un abisso scuro. Stavo andando in fondo, nel fondo di me stesso. Non provavo paura, era come essere su un treno. Era tutto soffice, una nuvola. Toccai il pavimento del mare, non lo vedevo ma sentivo che era solido. Iniziai a camminare, era tutto buio e silenzioso. Camminai per un po’ senza incontrare nessuno.

Dopo qualche minuto venni risucchiato in alto e risalii in superficie. Riaprendo gli occhi vidi che ero ritornato nella realtà della stanza. L’esperienza era finita. Uscii dalla vasca, accesi la luce, mi asciugai, uscendo dalla porta strappai il cartello, non serviva più. In salotto incontrai mio padre che leggeva il giornale e mi chiese: “allora come è andato l’esperimento?”. “Bene -risposi-, è stato interessante”. Lui mi guardò ma nessuno aggiunse altro.

Deve essere la prima volta che ne parlo in tanti anni. Perché in seguito accadde una cosa strana: come avete notato, non mi è successo niente di pauroso o cosa, ma pur avendone negli anni seguenti la possibilità di ripeterlo, non l’ho MAI più rifatto.

E il motivo oggi mi è chiaro: non va bene andare così a fondo di me stesso, non va bene. Forse pensavo di scoprire chissà cosa e invece nell’abisso c’è solo buio, solitudine, silenzio. Per sempre. Non va bene andare così nel profondo. L’inferno per me potrebbe essere descritto così, un posto in cui non c’è nessuno.

Io invece ho bisogno di sole, di calore, di gente. Di estate, suoni, colori. Di vivere insomma, di voi.

Questa è la mia esperienza.




Nessun commento:

Posta un commento