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lunedì 17 agosto 2020

 COSA CASA CHIESA

“Cosa! Casa! Chiesa!” Dopo l’ictus erano le sole parole che quel vecchietto riusciva a pronunciare. Era il compagno di stanza in uno dei miei primi ricoveri in neurologia, me l’ero trovato già lì. A volte commentava il tg sempre con quelle parole “cosa casa chiesa...”.
I dialoghi con i medici erano sul filo del surreale:
“Allora, come sta oggi?”
“Cosa casa chiesa!”
“Le è passato il dolore alla testa?”
“Cosa casa chiesa!”
“Domenica allora vuole uscire in permesso? Chiediamo a sua moglie?”
“Cosa casa chiesa!”
A me non so perché stava simpatico, sorrideva sempre a parte quando si arrabbiava perché non veniva capito. A volte si rivolgeva a me usando sempre le solite tre parole ma non capivo mai cosa volesse. Avrei voluto aiutarlo ma non sapevo come.
Ed ecco il miracolo. Ogni giorno veniva a trovarlo la moglie, anziana pure lei. “Eh, è da più di 50 anni che siamo sposati. Quante ne abbiamo passate”, diceva sventolando un ventaglio per il caldo come mia nonna. Lui era contento quando la moglie veniva a trovarlo, perché da lei si sentiva capito. Non so come facesse ma ci riusciva.
“Cosa casa chiesa.”
“Vuoi che ti faccia la barba? Dai andiamo.”
“Cosa casa chiesa!”
“Va bene, prima ti porto un bicchier d’acqua.”
Vedevo che lui era contentissimo, qualcuno lo capiva, ed era triste quando se ne andava. Forse dopo tanti anni lei gli leggeva veramente nel pensiero. Non c’era più bisogno di tante parole tra loro.

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