PERCHE’ NON ME L’HAI DETTO?
Perché non mi hai
detto che a casa tua non avevi il riscaldamento?
Perché non mi hai
mai detto che te la passavi così male?
Qualcosa avevo
intuito, ma pensavo che almeno avessi il minimo.
Cazzo, quanto mi
sono sentito in colpa per averti mandato a casa tua quel weekend di
novembre, al freddo e al gelo.
Ti vergognavi di
esserti ridotto così all’osso, eri povero e orgoglioso,
combinazione letale.
Ero io che dovevo
morire, cazzo, non tu, ero io che ero stato male in ospedale.
Ti sei lasciato
andare. No, non è così che si fa.
Dopo la tua
scomparsa sono andato a controllare le medicine. Erano intatte, non
le prendevi neanche. E non me ne ero accorto, idiota che sono.
Ecco perché eri
contento di stare da me, non solo mi aiutavi e guadagnavi qualcosina,
ma potevi anche trovare una casa calda, pulita, in frigo qualcosa da
mangiare.
Sei stato abile a
nascondere a tutti quanto eri disperato. Qualcosa avevo capito, lo
ridico, ma non immaginavo una voragine così profonda. Da quanto
tempo andava avanti questa storia?
Neanche i soldi per
riparare la adorata Vespa avevi, te li ho offerti ma con una scusa
hai rifiutato. E adesso ho un modellino di Vespa sulla scrivania e
ogni volta che lo guardo mi vieni in mente.
E in frigo tengo
sempre la spuma Bracco, che era buona ci piaceva e costava poco.
Non va bene essere
così orgogliosi, non ci si può lasciare andare. Anch’io a volte
sono tentato di farlo, poi ti ricordo e vedo che mi fai segno di no,
“non fare come me”.
Una amica per
consolarmi della tua perdita mi disse: “consolati, gli ultimi tre
mesi della sua vita li ha trascorsi bene, non era più in
ristrettezze. Non era più solo. Era al caldo e in compagnia. Gli hai
dato quelle cose che non ha mai avuto.”
Ma avrei voluto fare
di più, avrei voluto salvarlo. E adesso non c’è più tempo.
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