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martedì 2 maggio 2017

LA VEDOVANZA
La vedovanza è un argomento talmente tabù che da qualche parte salta spesso fuori la battuta o il risolino, anche se è un argomento devastante e doloroso.
Forse perché “troppo” doloroso, ognuno di noi lo vive come inevitabile ma è meglio non pensarci troppo. E se le vedove si è visto che sono più autonome dal punto di vista pratico e hanno più risorse emotive e sociali per contrastare la solitudine, gli uomini (che in molti casi si confidano solo col coniuge) attraversano un periodo di profonda disperazione a cui reagiscono con un nuovo legame, da qui la differenza.
La solitudine della vedovanza, che grande problema. La Psicologia, a partire da Freud passando per Bion e Bowlby, suggerisce cose da evitare o da fare nel rapportarsi con chi ha subito una tale perdita, anche se non esistono regole precise. Innanzitutto, anche se sembrerebbe quasi banale, si raccomanda delicatezza, una dote che in tempi decisionisti pare quasi disprezzata. Ma bisogna imparare (e si impara) a dare tempo e conforto. Molto tempo, molto conforto. E’ normale piangere, ma anche vivere sentimenti contrastanti e purtroppo si capisce subito che il “lutto” non accetta scorciatoie.
La “quotidianità” poi (il doversi occupare delle piccole incombenze di tutti i giorni) è anche un valido aiuto nell’aiutare a superare un lutto: anche se la tentazione è forte quando ci si rapporta ad una persona in vedovanza, non sostituitela in tutto occupando ogni particolare (soprattutto quelli importanti), anche se ovviamente un certo aiuto è apprezzato. Si eviterà l’isolamento, un grave errore per gli anziani. E non temete di parlare al vedovo/a di chi è mancato, quasi non fosse mai esistito, di raccontare i buoni ricordi legati a lui. Lo apprezzerà. Ricordare, amare, onorare la sua memoria.
“Esiste un tempo per piangere e un tempo per sanare”. La vita continua e chi ha perso una persona amatissima ha comunque ancora molto da dare agli altri. Molto, non siamo soli

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