SOTTO L’OMBRA DEL VULCANO
E’ risaputo che in Italia man mano che dal nord si va al
sud, la percentuale di suicidi nella popolazione diminuisce. E la città di
Napoli rappresenta una ulteriore eccezione, dato che il suo tasso è praticamente
la metà che nel resto della nazione. Se consideriamo poi che l’Italia da questo
punto di vista è tra i paesi cosiddetti evoluti uno dei migliori, il cerchio si
restringe ancora e si può con ragionevole sicurezza affermare che Napoli è (con
tutte le sue dolorose eccezioni) tra le città nel mondo in cui questa piaga si
presenta meno.
Come mai questa particolarità? Sono discorsi da affrontare
con molta cautela essendo le variabili tantissime ma qualcosa spicca anche
davanti all’osservatore più distratto: Napoli è un corpo unico, in cui sublime
e terribile coabitano senza problemi, “un paradiso abitato da diavoli” diceva
Benedetto Croce. Gli abitanti sono tutti connessi e, detto in forma ironica, sembra
che nessuno si faccia i k propri. La privacy pare un concetto astruso.
Quando per esempio due napoletani si incontrano, a volte
improvvisano una sorta di teatrino (il famoso “teatro perenne” di Napoli) in
cui ognuno chiede all’altro “ma tu lo conosci Mimmo… Ciccio… Assunta…
Gaetano…”. E possono andare avanti così anche per un quarto d’ora, sotto lo
sguardo sbalordito del milanese, abituato a non conoscere nemmeno il nome dei
vicini di casa. Sino a quando non trovano un personaggio in comune, un
collegamento. Allora è tutto un fiorire di abbracci e sorrisi, “tra un po’ si
scoprono parenti”.
Questo modo di vedere la vita e le relazioni sociali può
infastidire il compassato nordico, avrà pure tanti difetti e generare storture ma
un pregio indubbiamente ce l’ha: a Napoli non ti senti mai solo e questo certo
evita il formarsi di cattivi pensieri. Insomma, non basteranno farmaci, terapie
e interventi vari a salvarci, l’esempio di Napoli può indicare questo: avranno
un senso vero solo se ci aiuteranno a stabilire dei rapporti umani autentici,
di connessione gli uni con gli altri.
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