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martedì 8 marzo 2022

UNA RAGAZZA AUTISTICA

“Cristina?… Cristina?…. Io sono Luca, da oggi sarò io ad accompagnarti al lavoro, va bene? Domani mattina vengo io a prenderti, fatti trovare pronta.”

Cristina continuava a guardare davanti a sé senza dire nulla. Chissà se ha capito (la mattina dopo era bella pronta e mi seguì docile, aveva capito). Era una ragazza di 30 anni autistica, chiusa nel suo mondo. Da quando era arrivata in comunità due anni prima non aveva detto una parola o scambiato confidenza con nessuno. I genitori erano morti e nessun parente voleva accollarsela. Sapevamo molto poco su di lei.

La mattina si vestiva, si sedeva sul divano e restava così tutto il giorno con la borsetta in mano. Veniva a mangiare e andava a letto senza problemi, era molto educata, pulita e ubbidiente. Ma non interagiva mai ed era muta, mutissima, chissà cosa le passava per la testa. Un giorno un ragazzo down passando le tirò i capelli per scherzo e lei reagì come una furia. Non voleva essere toccata.

Era la prima volta che vedevo una persona autistica. Come neo laureato in psicologia avevo studiato l’argomento a fondo ma non avevo mai visto un autistico (l’Università italiana era fatta così, mi dicono che adesso è cambiata, mi dicono). Con Cristina ebbi l’imprinting. Ah, allora è questo l’autismo. Da allora mi viene sempre in mente lei se si parla dell’argomento.

Io la accompagnavo al lavoro ogni mattina, una fabbrica di buste. Un giorno rimasi a guardarla e ne rimasi molto impressionato. Pensavo che, come capita spesso, le avessero dato un lavoro “finto”, tanto per dire che avevano soddisfatto gli obblighi di assunzione delle “categorie protette”. E invece no, Cristina era velocissima!

Smistava buste ad una velocità eccezionale, superiore a quella dei suoi colleghi normali. E non si fermava mai, era una macchina. Si guadagnava la pagnotta, altroché. Per fortuna poi in fabbrica aveva incontrato una anziana operaia, che l’aveva presa in simpatia e che lei seguiva docile.

Poi la sera tornava in comunità e si sedeva sul divano, sempre allo stesso posto (come Sheldon in Big Bang Theory, non hanno inventato niente). Cristina passava i weekend così, nessuno veniva mai a trovarla. Che tristezza.

Come fanno gli autistici a sopportare la loro grande solitudine?

Decisi di far qualcosa. Visto che non parlava presi un quaderno e ci scrissi “Ciao”, magari rispondeva. Niente. Provai in altri modi, anche altre lingue o figure. Nulla. Poi sconfortato provai anche con la matematica e scrissi 2 + 2. Lei prese la penna e scrisse 4. Eccolo il canale. Provai operazioni sempre più complesse, moltiplicazioni, divisioni a due cifre, percentuali, sempre dava la risposta giusta in brevissimo tempo.

Ricordo che mentre “comunicavamo” così tutti gli operatori erano intorno al divano. La Cristina parlava! Una volta sbagliai numero (apposta), lei prese la penna, cancellò e scrisse la risposta giusta. Era un bel gioco ma presto mostrò tutti i suoi limiti. Come si fa a comunicare con qualcuno usando solo la matematica? Comunque ogni tanto mi sedevo accanto a lei e facevamo un po’ di conti insieme.



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