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mercoledì 15 dicembre 2021

CHI ERA FREUD? 

E’ poco noto ma Sigmund Freud ebbe tra i suoi pazienti un autentico Vampiro, uno di quelli che si nutrono di sangue e vivono di notte. Nella Vienna di inizio ‘900 avrebbe destato scandalo per cui lo psicoanalista ne parlò poco, ma gli studiosi conoscono bene il caso.

Una delle prerogative di queste persone è di essere praticamente immortali e di recente era stato notato in un locale notturno milanese. Non potevo farmelo scappare, finalmente qualcuno poteva raccontarmi di persona "Chi era Freud" ma il primo impatto fu deludente. Tutto qui? Il presunto vampiro era un signore brizzolato, eleganza antica e piacevole commensale.

Conservava comunque ancora parecchi ricordi sulla sua analisi con Freud. Si era rivolto a lui per alcuni problemi interiori “oltre la vostra immaginazione” e ancora dopo un secolo gli era molto grato per averlo aiutato e, in definitiva, guarito.

Dato che per la sua patologia (chiamiamola così) l’uomo non è mai riuscito a sopportare la luce del sole, era l’ultimo paziente della lunga giornata lavorativa di Freud. Era lui, e non la domestica, ad aprirgli la porta di via Bergasse 19. Si comportavano sempre in maniera molto urbana, entrambi erano stati educati nell’800 e si trovavano in sintonia.

Ancora dopo tanti anni ricordava bene e con affetto il tono della voce di Freud e la punta luminosa del suo sigaro. Nel 1912, passando davanti allo specchio, l’uomo riuscì a scorgere una vaga ombra sul vetro e questo fu per lui il commovente segnale che l’analisi stava per finire. Non era mai riuscito prima a cogliere il riflesso della sua corporeità nel mondo. Qualcosa in lui grazie all'analisi stava cambiando, e in meglio.

Capite? Stavo diventando una persona come le altre. Finalmente. Sarò sempre grato a Herr Professor”, concluse entusiasta.

Davvero? –dissi, mentre cercavo di scorgere il suo riflesso sul mio bicchiere- Lei sente di essere diventato una persona normale?

Non nel senso che forse intende lei –mi rispose squadrandomi-, da quel punto di vista io ero già a posto.

Dato che sapevo come qualche sera prima avesse, ehmm… prosciugato una delle sue vittime, gli chiesi se era ancora un… un… (non trovavo il coraggio per dirlo).

Forse lei si interroga se ho cambiato la mia natura, lo si intuisce dalla sua faccia, ma purtroppo sono costretto a risponderle no. E meno male. Herr Professor fu molto chiaro sin dall’inizio su questo punto. Il mio carattere non sarebbe stato toccato.”

Ma lei prima ha detto di essere guarito.

Certamente! Dopo l’analisi non mi sentivo più in colpa! Forse farà fatica a credermi, ma ho un personalità onesta e i miei comportamenti mi ripugnavano. A modo mio ritengo di essere una persona virtuosa. Non mi mescolo certo alla teppaglia che sta scorrazzando nel mondo. Ho sempre usato le posate quando mangio, cosa crede?

Ci scusi”, disse uno degli ascoltatori, che aveva capito che si stava mettendo male.

Fortunatamente –disse l’uomo mentre sorseggiava il suo drink- Herr Professor aveva un carattere più aperto del vostro. Non badava a ricominciare tutto daccapo. Una persona sempre alla ricerca della verità. Dopo non ho più incontrato un altro come lui.”

Cosa intende allora per curato?”, gli chiesi.

Come ho spiegato prima, i miei dubbi e i miei tormenti sono finalmente svaniti. Ho lavorato molto su me stesso, sul mio temperamento, cosa ben diversa dal carattere.

E che differenza c’è?

Lei non intuisce la diversità? –sembrava veramente stupito, ma dopo un momento si riprese- Ah già, voi non usate più queste parole, oggi si parla di inconscio. Il carattere di una persona è connaturato, mentre il temperamento si forgia durante la vita. E su quello, e l’armonia intima che sapevo di avere in me, abbiamo lavorato.”

Una sorta di imprinting questo carattere”, disse uno degli ascoltatori.

L’uomo sorrise: “se volete potete chiamarlo così. E’ strano oggi per me sentire questo termine dappertutto. Ricordo ancora le discussioni con Konrad Lorenz, nelle pause del suo lavoro di chirurgo durante la Seconda Guerra Mondiale. Altro uomo di levatura eccezionale. Come lavorate voi adesso?

Beh –disse un mio amico psicologo- innanzitutto nel nostro lavoro cerchiamo di mettere dei paletti, è importante…

Di frassino, immagino. A proposito… -disse guardando l’orologio (non me ne intendo, ma sembrava antico)- scusate, ma adesso devo andare. Mi sono appena ricordato di un appuntamento. Mi ha fatto piacere parlare con voi, spero che prima o poi ci rivedremo.”

Devo confessare che mi sembrò una velata minaccia, ma facemmo buon viso a cattivo gioco e lo salutammo più cordialmente possibile. Forse troppo.

Arrivederci dunque –disse mentre si alzava. Doveva essere abituato ad essere trattato in questo modo, perché si notava una certa tristezza sul volto-. Lasciatemi dire una ultima cosa, ho imparato molto nella mia lunga vita. A volte bello, a volte no. Ma su questo Herr Professr è sempre stato categorico. Anche quando la terapia è finita, continuate a lavorare su voi stessi.



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