IL
MAESTRO MI PICCHIA!
Grande scandalo hanno
destato recentemente quelle maestre che picchiavano i bimbi in un asilo
piemontese. Incastrate dalle impietose telecamere dei carabinieri, hanno perso
lavoro, onore e finiranno presto sotto processo.
Gli abusi educativi sui
piccoli sono notizie che ho notato ciclicamente ritornano sulla stampa. Al
grido di “giù le mani dai bambini!” destano molto scalpore e fanno audience: di
sicuro oggi la figura del maestro non è più come una volta, autorità indiscussa
che poteva permettersi “vis corrigendi” e punizioni corporali.
Già, una volta. Anch’io
ho una storia da raccontare a proposito. Dovete sapere che… a 19 anni per
qualche tempo mi sono proposto come supplente nelle scuole elementari di
Milano. Avevo la testa piena di ideali come spesso capita a quella età. Un
Preside lo intuì e mi spedì nella scuola più difficile che teneva, un istituto
di periferia dove non voleva andare nessuno. “Ci vado io!” disse lo scemo.
Il motivo per cui era
così temuta è presto detto: accanto alla scuola si erano accampati da anni degli
zingari e zingarelli erano praticamente tutti gli scolari. Indisciplinati,
ribelli, sporchi. Ogni mercoledì si portavano i bimbi in piscina: il pretesto
era divertirsi e nuotare, il motivo vero era lavarli almeno una volta ogni settimana.
Certe bambine erano in condizioni terribili. Se il Paradiso è un posto pulito,
quei bambini dormivano nell’anticamera dell’Inferno.
Ce n’era in particolare
uno, mi sembra si chiamasse Zoltan, che era una vera peste. Incontenibile, mai
al suo posto, già a 7 anni indiscusso “leader negativo” che trascinava tutti in
un casino sfrenato. Aveva le tasche piene di sassi che mi lanciava addosso. Imparai
ben presto che lì dentro “insegnare” qualcosa era pura utopia, il mio compito
era solo farli stare il più buoni possibile sino alla campanella. Certi mal di
testa che non vi dico.
Una mattina, esasperato
da un bordello più esagerato del solito e dopo essermi sgolato per quasi due
ore, appena Zoltan mi passò vicino gli diedi un sonoro ceffone, ma di quelli
forti. Tutta la classe si mise a sghignazzare e Zoltan si rifugiò nel suo banco,
sedendosi per la prima volta dalla mattina.
Lo schiaffo non aveva
niente di “educativo”, era stato solo il gesto violento di un adulto
esasperato, me ne resi subito conto. Sono cose che non si dovrebbero fare ma
ero furibondo. Oscillavo tra il sentirmi in colpa e giustificarmi per una
reazione quasi ovvia. Certe volte bisogna passarci per capire.
La storia ha un
seguito. Il giorno seguente ritornai in classe per un’altra supplenza, indossando
la mia immaginaria armatura e pronto per un’altra battaglia. I miei ideali
stavano rapidamente svanendo. Appena entrai in classe Zoltan corse verso di me,
mi abbracciò e disse agli altri bambini “Non lo toccate! State lontani! E’ il
mio papà!”.
Mi sentii una merda.
Gli accarezzai i capelli e giurai a me stesso che non avrei più toccato un
bambino. E se dopo avessero fatto casino non fa niente, dovevo solo badare che
non si facessero male, senza pretesa di “insegnare” alcunché ma solo ponendomi
come figura di riferimento. Quei bambini avevano e avrebbero avuto una vita difficile,
che almeno della scuola elementare abbiano bei ricordi.
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