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domenica 3 dicembre 2017

CARMELO
E’ noto che il destino ha un gran senso dell’umorismo. Appena laureato in Psicologia lavorai per qualche tempo come educatore in una comunità di Milano per handica…. pardon, disabili… anzi, diversamente abili, senza immaginare che entro qualche anno sarei diventato come loro, “diversamente abile”. All’epoca era solo un lavoro che consideravo di transizione, giusto per sbarcare il lunario. Ma presto ho scoperto che c’era tutto un mondo.
Quel periodo fu per me uno dei più importanti a ripensarci adesso. Ebbi l’imprinting. Per la prima volta toccai con mano patologie sino ad allora teoriche. Un conto è studiare l’autismo sui libri, un altro è accompagnare ogni mattina una ragazza autistica in fabbrica. Un conto è leggere trattati sulla schizofrenia, un altro è gestire il delirio psicotico di un uomo che, brandendo un coltello, si vuole buttare seriamente dalla finestra perché in tv non si vede RaiUno. Eccetera. Venite in certe comunità, ne vedrete delle belle.
Comunque la storia che voglio raccontare oggi riguarda Carmelo, un ragazzo down che da tempo era “ospite” (come sono crudeli certe parole) nella comunità. Come si intuisce dal nome, Carmelo era di origini siciliane e purtroppo era solo al mondo.
Dopo che i genitori erano morti era stato portato al nord e “scaricato” nel primo posto disponibile. Perché è questo che il mondo pensa dei diversamente abili, malgrado parole politicamente corrette, non dimenticarlo mai Luca. Non sapevamo praticamente nulla su di lui.
Non potevamo nemmeno interrogarlo, perché Carmelo era anche muto e analfabeta. Ci capiva, era più intelligente della media dei down, ma si esprimeva solo con gesti tutti suoi, spesso incomprensibili. A volte veniva da noi gesticolando, si vedeva che cercava di dirci qualcosa ma non si capiva cosa. Avremmo voluto sinceramente aiutarlo ed eravamo molto frustrati, sia noi che lui, che non sentendosi capito nel suo unico linguaggio aveva degli scatti d’ira.
Bisognava affrontare la situazione radicalmente. Fu così che mi venne l’idea per il “Vocabolario Italiano-Carmelo, Carmelo-Italiano”, un quaderno dove raccogliere i gesti di Carmelo e le nostre ipotesi. L’idea ebbe successo e per molte settimane tutti diedero il loro contributo. Ne venne fuori un corposo volume: scoprimmo che il suo personalissimo linguaggio dei gesti riusciva ad esprimere quasi ogni sfumatura.
Relazionarsi con Carmelo divenne molto più facile, (anche se non sempre capimmo proprio tutto tutto, e ricordo passavamo minuti in silenzio io e lui a gesticolare. Ormai da anni Carmelo non c’è più (i down hanno vita breve per problemi cardiaci, raro superino i 50) ma mi han detto che quel vocabolario esiste ancora da qualche parte, è bello sapere che le cose buone restano.
Presto trovai un altro lavoro e me ne andai. Però prima tornai in comunità a salutare tutti, anche Carmelo. Gli spiegai che andavo via e gli diedi una carezza. Lui mi guardò e improvvisamente scoppiò a piangere. Molti down hanno un grande cuore. Ci abbracciammo in silenzio.

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