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mercoledì 27 dicembre 2017


IL PIEDE DEL GIGANTE

Il 23 novembre del 1980 l’Irpinia venne scossa da un tremendo terremoto, che dalla provincia di Avellino fu sentito sino a Napoli. Alle 19.34 di sera ci fu un boato e ogni pavimento iniziò ad ondeggiare. Da quelle parti la terra è ballerina e la gente non ci fa quasi più caso, ma quella sera esplose tutto.
Ci furono morti feriti, intere cittadine distrutte (e purtroppo la storia si sarebbe ripetuta). Un paesano simpatico, chiamato per la sua panza tonda Tonino u’ Bocce, ci raccontò che la sua casa tremava talmente che non riusciva ad afferrare la maniglia della porta.

All’epoca avevo 19 anni e quando vidi le immagini in tv dissi subito “devo andare a fare qualcosa”. Contattai Radio Popolare, storica radio milanese che stava organizzando gruppi di volontari, e un paio di mattine dopo mi presentai in Stazione Centrale con il mio zaino, pronto a tutto.

Ricordo quel viaggio come una esperienza surreale. Man mano che ci si avvicinava all’epicentro le case erano sempre più distrutte. I tetti erano sfondati, come se un gigante con i suoi piedoni ci avesse camminato sopra.
Quando fummo arrivati ad Avellino il coordinatore, un ragazzo barbuto di 23 anni, chiese chi era disposto tra noi volontari ad andare nel posto più disastrato. Nessuna garanzia. Naturalmente il vostro affezionatissimo, testone come tutti i giovani (oddio, non è che con l’età sia migliorato molto), alzò la mano.

Dato che i treni non funzionavano ci caricarono sopra un pullman per un viaggio strascomodo. Appena sbarcai nella piazza di Solofra vidi una scena che ho ancora impressa dopo più di 30 anni.
C’erano tre palazzi in fila, i due ai lati erano malconci ma in piedi mentre quello in mezzo…mi arrivava alle ginocchia. Paradossalmente il tetto era rimasto intatto e copriva come un tappo le macerie. Sotto quel tetto c’erano dei cadaveri. Uomini disperati e donne piangenti si aggiravano tra le rovine.

“Svelti svelti, dovete occupare un vagone vuoto! Muovetevi!”. La stazione era piena di treni fermi dove dormiva mezzo paese ma molti la notte preferivano restare in macchina col riscaldamento acceso. Prima lezione: il freddo da quelle parti è assassino, nelle notti invernali tra i monti dell’Appennino la temperatura scende anche a -20°. Non si scherza.
Seguirono settimane intense. Il nostro compito era quello di smistare i camion pieni di aiuti che arrivavano, vestiti cibo etc. Essendo “forestieri”, ci confidò Tonino u’ Bocce, si fidavano solo di noi. Vidi cose molto brutte, certi erano ridiventati animali. Per inciso, un giorno sparai (in aria) l’unico colpo di pistola che abbia mai sparato in vita mia. E non ricordo un capodanno più freddo.

La sera ci ritiravamo esausti nel nostro vagone merci, due chiacchiere e ci addormentavamo nei nostri sacchi a pelo. Ma una notte…
Venimmo svegliati al buio da un rombo. La terra stava tremando, il vagone stava tremando, tutto stava tremando. Non c’era nessun posto sicuro dove andare. Al buio sentimmo la vibrazione crescere, diventare gigantesca, enorme. Nessuno fiatava e rimanemmo tutti sdraiati e muti. Non so quanti minuti o secondi è durato ma mi è sembrato il periodo più lungo e terrificante della mia vita.







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