IL MURO DI MATTONI E LA SIGNORINA COCCINELLA
Non
son mai stato un grande frequentatore di bar del Quartiere, fossero
il Pek o il Toledo. Non è che li evitassi per ragioni morali o
altro, semplicemente non mi interessavano.
Ma
ogni regola ha le sue eccezioni e devo ammettere che per un certo
periodo ogni giorno andavo da uno o dall’altro: è stato durante il
periodo d’oro dei videogiochi. Eh sì, era la mia droga.
Le
prime macchinette apparvero alla chetichella verso la metà degli
anni ‘70 e hanno nomi storici (Asteroids, Pong, Space Invaders,
Donkey Kong etc).
“Cos’è
quella roba?”, chiesi al Pek quando vidi per la prima volta la
macchina.
“Boh,
una roba americana. E’ nuova.”
Mi
avvicinai curioso e vidi un ragazzo che giocava. Con la manopola
guidava un aeroplanino su e giù evitando i missili. Forte! (e vi
lascio immaginare il livello della grafica, all’epoca bastava
davvero poco).
Nel
giro di pochissimi giorni presero il posto dei vecchi flipper e per
una partitella dovevi far una fila di mezzora. E la facevi!
In
tutta Milano del resto scoppiò la febbre, c’erano intere sale
giochi, anche in centro, piene solo di macchinette. Considerate,
giovani generazioni, che ai tempi non esisteva la Playstation, non
c’erano nemmeno i computer per farti un solitario. Se volevi
giocare dovevi uscire di casa e andare al bar.
Quante
partitone cercando di salvare Lady Bug (Pek) o di distruggere il muro
di Bricks (Toledo), spesso attorniato da ali di adolescenti esaltati,
che urlavano man mano ti avvicinavi al record.
E
che soddisfazione vincere una partita, essere chiamato “manico!”
e lasciarla magnanimo al giocatore che veniva dopo di te.
Perché
io sono un Dio generoso. Ho capito ho capito, la mia vocazione ad
essere un signore nella vita è nei bar di quartiere che è nata!
.
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