Visualizzazioni totali

venerdì 28 aprile 2017

LA SIMULAZIONE DEL DANNO PSICHICO

“Fare il tonto per non pagare il dazio” è un antico proverbio lombardo che indica chi finge di non capire per non adempiere a qualche obbligo. Lo abbiamo fatto tutti il “finto tonto” da ragazzi, con successo più o meno variabile.

Così però ci siamo portati dietro una convinzione, che i disturbi mentali (ritardo mentale, depressione, se non proprio la pazzia) siano relativamente facili da camuffare. Ma da adulti è tutt’altra cosa. “Fingere” è molto più difficile e, in ambito legale, praticamente impossibile.

La valutazione del “danno psichico” (che giustamente ha acquisito da almeno 20 anni nei tribunali italiani una rilevanza specifica) ha raggiunto livelli molto raffinati. Essendo coinvolti finalità risarcitorie e Assicurazioni, soldi insomma, questo aspetto è stato molto “forzato” negli studi.

Attenzione dunque: ormai in ambito legale nessuna imitazione di qualsivoglia malattia mentale, sia appariscente che sfumata, ha serie possibilità di successo.


Il suggerimento di Psicologia Chiara insomma, corroborato anche da tanti anni di esperienza nelle aule tribunalizie, è quello di dire sempre la verità. Siate sinceri. Evito di portare esempi, potete anche provarci e fingere, ma la simulazione non darà i frutti sperati e rischiate di perdere tempo e soldi.
FELICITA’
Strettissimo è il legame tra sogno e felicità. E fortunatamente non smettiamo mai di sognare.
Il sogno è qualcosa che arriva all’improvviso, che non si sceglie. Qualcosa che continuerà a sussurrare dentro di noi per sempre. Ci puoi rinunciare ma resti comunque umano e continuerai a desiderare, anche quello che non pensavi. Tutte le persone che incontrerai hanno sognato la loro felicità stanotte. E anche se non si può scegliere cosa sognare, si può decidere sempre come realizzarlo nel quotidiano.
Stiamo attenti ai nostri sogni, ci indicano la via per la felicità, è un fiume d’oro che scorre dentro di noi. Magari sotterraneo, confuso, non sempre limpido ma esiste, esiste!
“Cosa hai sognato stanotte?”
“Io non sogno mai e se sogno non ricordo.”
“Non c'è da preoccuparsi. Sai che le persone come te sono quelle che sognano di più?”

giovedì 27 aprile 2017

GAY

La percentuale del 7% è una media statistica e vi assicuro che mi sono tenuto sul basso. Ne potremmo discutere a lungo (a chi vuole fornirò i riferimenti bibliografici), presentandosi la sessualità umana in cento forme, “liquide” e poco definite e numerabili. Su una cosa però sono tutti d’accordo: l’omosessualità è radicata, ineliminabile, diffusa in tutte le società e in ogni tempo. Si può discutere sulla sua ampiezza, ma una percentuale di omosessuali nella popolazione esisterà sempre. Che ci piaccia o no.

Che sia chiaro insomma: quando durante il ventennio Mussolini ripeteva che “in Italia son tutti maschi” o quando pochi giorni fa il presidente della Cecenia, fortemente sospettata di torturare i  gay, negava tutto affermando che “in Cecenia il problema semplicemente non esiste”, stanno dicendo delle bestialità da un punto di vista scientifico, vere falsità.

E su un altro aspetto da più di 100 anni sono quasi tutti d’accordo (“quasi” perché isolati tentativi ci sono ancora): l’omosessualità non è “curabile”. La trasformazione di omosessuali in eterosessuali è destinata al fallimento, non avrebbe più successo il contrario. Al massimo si possono ottenere persone inibite e represse, e non saprei francamente cosa è meglio.

Non sarebbe meglio convivere? Perché non possiamo vivere in pace?









LA MALATTIA DEL PENSARE

Parlando degli uomini bianchi, un polinesiano rivelò con stupore che nelle belle giornate notava gli uomini bianchi pensare “Oh che bella giornata! Che sole splendido!”. Ma per lui questo era sbagliato, sbagliatissimo. Perché quando il sole splendeva era meglio non pensare affatto ma distendere il corpo alla sua luce, accoglierne il calore non solo con la testa ma con tutto il corpo. L’uomo bianco pensava in continuazione, concludeva sconsolato, pensare per lui era diventata una necessità, quasi un obbligo. Certo questo aveva una qualche utilità ma gli bloccava il sentire. Cosa accadrà domani? Cosa pensa di me il Grande Spirito? Cosa ci sarà dietro la montagna? Quando andava nelle case degli uomini bianchi notava con orrore sempre dei busti, come se la testa fosse l’unica parte che contava. E il resto del corpo?

Anni fa girava al Liceo una definizione scherzosa. “dicesi sega mentale qualunque pensiero che non si trasforma in azione”. E che il “pensare troppo” sia diventata una malattia non è tipico solo dei deliri, delle ossessioni, delle paranoie etc. Lo notiamo anche in noi. Nella meditazione Yoga per esempio uno degli esercizi iniziali è proprio il “non pensare”. Difficilissimo!

Guarire da questa malattia non è facile, ma forse ha i suoi vantaggi. Tanta gente durante il viaggio scruta in continuazione Google Maps invece di godersi il panorama, dando solo una occhiata distratta al mondo che li circonda. Si preoccupa invece di godersi la vita. “Uno spirito che tanto ci tormenta è un demone e non capisco perché dovrei amarlo tanto”.


Beh, provate a spiegarlo voi a quel selvaggio.


mercoledì 26 aprile 2017

IL MIO MACININO
Io ho una automobile che mi sta dando dei problemi.
E’ iniziato tutto qualche anno fa. Mi sono accorto che facevo fatica ad ingranare la quinta, e ad andare veloce. La portai ovviamente subito dal meccanico, ma questi, dopo averla esaminata con cura, sconsolato mi disse che purtroppo la 5° marcia me la dovevo scordare, perché questa auto non ce la faceva proprio più a reggerla. E la garanzia era già scaduta, quindi non me ne avrebbero data una nuova in cambio. “Poco male –pensai- tanto a me la velocità non è mai piaciuta tanto. Mi limiterò ad usarla sino alla quarta”. E così sono andato avanti per anni, arrangiandomi.
Però notavo che a poco a poco l’automobile perdeva sempre più colpi, e a volte non dico la quarta, ma non riuscivo ad ingranare nemmeno la terza. Era sempre più difficile far finta di niente. E’ stato un brutto periodo. Le davo furioso dei gran calcioni alle gomme, supplicavo, piangevo, ma più di tanto non andava. A volte mi lasciava in mezzo alla strada, a guardarmi intorno. Poi ho notato che se c’era un tempo particolare –molto caldo- funzionava ancora meno. L’estate era un disastro.
Dopo vari consulti, un meccanico più bravo degli altri mi disse la verità. La mia auto aveva un difetto di fabbricazione che riguardava non il motore, che funzionava benissimo, o la carrozzeria esterna, ma la cinghia di trasmissione per l’intero veicolo. Il motore ruggiva come al solito, a lasciarlo in folle sembrava normale, ma la cinghia si usurava (per motivi inspiegabili) ad una velocità molto maggiore del solito, e si riempiva inspiegabilmente di ruggine, per cui la velocità ne risentiva.
Non era nemmeno possibile cambiarla, a meno di non prendere una macchina nuova (e non avevo i soldi). Il danno era troppo in profondità e troppo esteso per intervenire, e dunque l’impianto si sarebbe logorato sempre di più, con la trasmissione sempre più lenta.
Ricordo che uscii dall’officina dicendomi che non lo avrei permesso, e avrei fatto di tutto per mantenerla efficiente. Ma purtroppo quel meccanico aveva ragione, era stato un buon profeta: a poco a poco vidi la mia macchina perdere colpi, presto la 4° divenne un ricordo, e poi toccò alla 3°, e anche la 2° fa fatica ad essere sinceri in qualche giorno.
Ogni tanto di mattina notavo che se era andato un pezzetto nuovo: i fari, il contachilometri, la retromarcia, il tergicristalli, lo sterzo etc. Lo sfascio sembrava inarrestabile e progressivo. Niente pareva fermarlo, al massimo se la portavo spesso dal meccanico rallentava.
Ormai mi sono ridotto ad usare solo la 1° (e qualche volta, somma vergogna, devo pure essere trainato), e le poche volte che vado in giro c’è sempre qualcuno che mi sorpassa e sghignazza “Ma buttalo quel catorcio!”
Ora, a parte il fatto che alla mia macchinetta ci sono affezionato, e come ho detto ho pochi soldini, mi dispiacerebbe mandarla dal Grande Rottamatore. E’ l’unica che ho, non mi importa se non è veloce come le altre. E la voglio usare sino alla fine.
ESSERE PADRE
Per ogni padre. La frase che l’Imperatore Marco Aurelio pronuncia prima di essere soffocato dal figlio Commodo è un monito che attraversa i secoli e si posa nella mente di tutti quelli (me incluso) che si lamentano del comportamento dei figli. Per favore, non fatemi aggiungere altro.

PERDONARE

Non sono un grande fan di Coelho, ma questa sua frase bisognerebbe proprio scolpirla nel bronzo. Quello che è giusto è giusto, con la sue sagge parole ha risolto un problema psicologico mica da ridere.

Non so voi, ma io è da bambino che sento ripetere la fatidica frase “per essere felici bisogna avere una cattiva memoria”, con le sue innumerevoli varianti (“beata ignoranza” etc). Bisognerebbe cioè essere capaci di dimenticare, anzi di cancellare cattiverie subite, sgarbi, ingiustizie. Altrimenti uno non vive più, si passano giorni e notti nel rancore inesploso, nel mugugno, si accendono faide e odio inestinguibili. Si vive male. 

Dimenticare, già. Fosse facile. Il problema è quando ti capita uno (come il sottoscritto o tanti altri) che avrà pure tanti difetti ma una memoria ancora buona e che a lei non vuole rinunciare. Che fare in queste circostanze?

Per esempio… quella donna che una volta mi ha trattato male, molto male. E dopo per mesi ho vissuto nel rancore e senza pace quando pensavo a lei. Non vivevo più, vi assicuro. Dimenticarla era impossibile, ricordarla un tormento.
Poi però…ho anche pensato che non potevo più continuare a vivere in questo modo, amareggiandomi. E Coelho mi ha indicato la strada per come fare. Dovevo perdonare. Fare pace con lei per ritrovare la serenità. Un movimento unilaterale, non dovevo certo coinvolgerla. Dovevo…volevo…potevo perdonarla. Ha funzionato e chi vuole fraintendere fraintenda pure. Che grande cosa il perdono.


Perdonare non è facile, ma è l’unico modo per avere una buona memoria e non soffrire. Grazie Paulo.
I TEST SU FACEBOOK
Non vorrei che qualcuno si facesse delle illusioni e pensasse che i vari test su Facebok o nelle riviste (Qual è la tua vera personalità? Quanto sei intelligente? Cosa rivela il tuo volto? Scopri la tua perversione sessuale! A che lavoro sei destinato? etc) avessero un fondamento scientifico anche minimo.
No, non ce l’hanno, assolutamente. Costruire un test psicologo valido, come sa bene chi lavora nel campo, è un lavoro lungo e articolato. E costano cari, fidatevi. Quelli che si vedono ogni tanto su Facebook hanno la stessa validità e credibilità di un oroscopo. Sono molto superficiali. Di psicologico non hanno nulla, se non l’apparenza.
Ma dato che ognuno di noi è (scusate la banalità) lo psicologo di se stesso, rimaniamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci aiuti a capire il nostro mondo interiore. Ed ecco allora comparire questi test rapidi, accattivanti e leggeri, che ci attirano. “Magari scopro qualcosa di me che non conoscevo”. Malgrado le buone intenzioni però non si capisce molto di sé in questo modo, non funziona così.
Sono buone parole, in genere molto rassicuranti e benevole, che accarezzano la nostra persona e per qualche istante ci fanno star bene, con qualche buon consiglio finale. Niente di meno, ma neanche niente di più.
Conclusioni: fateli pure, possono essere l’ideale per passare dieci minuti divertenti. E forse dopo può sorgere la voglia di qualcosa di più profondo, hai visto mai.

martedì 25 aprile 2017

PERCHE’ LE DONNE DELINQUONO MENO?
Uno dei grandi misteri della criminologia.
Accade in tutti i paesi e in tutte le culture che la percentuale femminile in questo campo sia molto ridotta, a volte quasi inesistente (nel carcere lombardo di Opera, il più grande d’Italia, non c’è per esempio nemmeno una sezione femminile).
Spiegazioni se ne sono date tante di questa diversità: un ruolo più “appartato” della donna nella società per cui è l’uomo che agisce e si mette nei guai, il fatto che la delinquenza femminile esiste ma in genere si esprime in modi poco o nulla perseguiti (come il taccheggio o il favoreggiamento in quanto donna del boss etc), un atteggiamento indulgenziale e quasi ipocrita della giustizia nei confronti di comportamenti criminosi e antisociali (come nella prostituzione), spiegazioni biologiche, psicologiche o culturali…
Come è difficile nell’essere umano distinguere tra natura e cultura. Il mistero permane. Qualcosa di così “ovvio” che lo si dà quasi per scontato. Ma perché le donne delinquono meno?
Già. Nun me fa' parlà che me comprometto.
SCLEROSI MULTIPLA E DEPRESSIONE
La percentuale di “depressi” nei malati di sclerosi multipla è talmente alta che la depressione è considerata uno dei sintomi tipici della malattia, al pari delle difficoltà motorie o sensoriali.
Secondo alcuni la percentuale sfiora il 60% ma anche i più prudenti riconoscono che al mondo è difficile trovare una malattia più “deprimente” della sclerosi. Anche cancro, diabete e infarto hanno i loro depressi ma in percentuale molto ma molto minore.
Personalmente farei un ulteriore passo avanti: secondo me chi ha la s.m. e non si sente neanche un filo depresso è un poco mat…strambo. E lo dico con cognizione di causa (per chi non lo sapesse, me la porto sul gobbo da 20 anni, anzi da 200): ti colpisce da giovane e rovina presente e futuro. Inevitabile talvolta cedere a cattivi pensieri e non dico altro.
C’è chi addirittura ha pensato alla depressione come concausa della malattia, tirando in ballo carenza di vitamina D, disfunzioni metaboliche, cause genetiche… Sta di fatto che tutti quelli che hanno la sm si sono sentiti proporre dai neurologi prima o poi qualche antidepressivo, anche se sappiamo tutti che le pillole non bastano. Magari aiutano ma solo all’inizio e poi?
E poi il buon senso e le psicologia sono d’accordo: sarà anche l’acqua calda ma per combattere la depressione la pillola che funziona meglio sono i rapporti umani. Isolamento sociale e solitudine in chi soffre di sm sono da evitare come la peste.
“Grazie al cazzo, sono depresso proprio per questo motivo, con la sm mi hanno abbandonato tutti”. No, tutti no. Gli altri malati stanno come te e provano le stesse cose. Incontriamoci, amiamoci, diventiamo amici… Forse non smetteremo di essere tristi, ma certo riempiremo la nostra vita.
Beh, facciamola corta: dopo tutte queste parole, con chi passerete questo week end?

venerdì 21 aprile 2017

LA PAZIENZA E’ AMARA

Oggi parleremo di un argomento non attuale, la pazienza, una strana qualità psicologica. Virtù decisamente fuori moda (come la lealtà, la prudenza, la cavalleria etc), dato che in questi tempi frenetici si preferisce un risultato immediato, la cosa che funziona subito. Se poi, come si nota negli USA, questo funzionamento talvolta è bislacco e genera altri problemi questo non preoccupa, si cercheranno altre soluzioni istantanee. Nessun risultato? Sei un fallito, passiamo ad altri.
Eppure sappiamo che c’è un altro modo di vedere le cose, in cui si lascia perdere per un attimo l’obiettivo e si riflette sul “come”. Questa capacità di differire, di pazientare accantonando l’impulso che acceca, in Psicologia si è visto sin da Freud che è alla base dell’importantissimo “Principio di Realtà”, base della vera intelligenza. Senza questo diventeremmo presto matti, in balia delle pulsioni.
Di esempi se ne possono portare tanti. Uno semplice: quando un uomo primitivo aveva fame poteva avventarsi sulla prima cosa che trovava oppure accantonare per un attimo la fame e pensare: “se costruisco una trappola…”. Uno attuale: i cinesi stanno invadendo il mondo ma non certo in maniera rapida e militare, ma con molta pazienza. Ci vorranno 100 anni? 200 anni? Non importa, l‘importante è il risultato finale.
La pazienza, qualità insomma per cui sarebbe meglio educare i nostri figli, ha purtroppo degli innegabili difetti: richiede tempo, non è “spettacolare” e immediata, non sempre produce effetti visibili, a volte è faticosa e derisa. Ma quando è applicata con costanza e intelligenza i risultati arrivano. “La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce” (J. J. Rousseau)

giovedì 20 aprile 2017

NO COMMENT
Poi non dite che Psicologia Chiara non corre in vostro aiuto.

Esistono situazioni nella vita, le conosciamo tutti, in cui ci sale alla gola un poderoso Vaffanculo. Solo che, per la situazione delicata, per le persone coinvolte, per il contesto, per educazione, insomma per mille motivi non possiamo dar sfogo al nostro impulso e l’emozione ci rimane dentro. Grrrrrave errore.

Se a volte infatti esprimere senza filtri una emozione può essere controproducente, anche reprimerla non è detto sia salutare. Anzi, come sa bene chi si occupa di Psicosomatica, dai che ti dai le emozioni ricacciate indietro ritorneranno presto sotto altre forme. Gli psicologi ringraziano. I dermatologi pure.

E allora che fare quando un insulto inopportuno ti sale alla gola? Un qualche sfogo bisogna trovarlo. E i diplomatici, che si ritrovano da tempo in situazioni analoghe, ci suggeriscono una elegante soluzione, psicologicamente molto fine: dire in quei momenti  “No Comment” (Nessun Commento in inglese). Non ci si fa coinvolgere, si risponde comunque tacciando l’interlocutore e si lascia intuire che forse abbiamo una nostra opinione ed emozione ma che per tanti motivi è opportuno per ora non esprimerla.


Però intanto abbiamo detto qualcosa. E magari in futuro, quando avremo più dati, ci spiegheremo meglio. Capito bene, ragazzi? “…No comment.”
SCUSE E BUGIE
I bambini molto piccoli sono proprio incapaci di mentire. Un famoso esperimento in Psicologia aveva notato che sino a due anni i bambini ammetteranno sempre di aver usato un giocattolo “proibito”. Proprio non ce la fanno. Crescendo perderanno la loro innocenza e impareranno già verso i tre anni a mentire nelle situazioni critiche, prendendo la scorciatoia pericolosa ma facile della menzogna per il proprio interesse.
Per qualcuno diventerà anzi una abitudine manipolare le persone e mentiranno anche se non ce ne sarebbe bisogno, tanto “sulla scena non si temono smentite”. Conoscerete anche voi persone così, quando a uno chiesi spiegazioni del perché mi rispose “è piacevole e mi tengo in allenamento”. A meno che non mentisse anche a me.
Da un lato queste persone scandalizzano per la loro impertinenza ed essere senza vergogna (pensiamo solo ai politicanti) ma dall’altro bisogna riconoscere che hanno una fantasia e creatività ammirevoli, come John Belushi nei Blues Brothers
E tu…e tu ci cascherai sempre, perché sei rimasto sempre un po’ bambino ed è nella tua natura avere fiducia e credere nelle persone. Sei fatto così e loro lo sanno. Fino al giorno in cui ti incazzerai. Ma questa è un’altra storia.
ANDREA PAZIENZA
Morto giovane per eroina, Andrea Pazienza (1956-1988) è stato uno dei più grandi fumettisti italiani. Ha creato in pochi anni personaggi indimenticabili: Zanardi, Pompeo, Penthotal, Astarte… Chi vuole conoscere l’Italia degli anni ’70 meglio che passi anche da lui. Era una delle colonne portanti del Male e Frigidaire (te li ricordi, eh?), le sue storie erano tra le prime che leggevo quando li arraffavo all’edicola.
Anni di piombo, molto politici, passionali, di contestazione. Brigate Rosse, attentati, strategia della tensione, cortei, rabbia e solidarietà…. Gli anni psicologicamente importanti e formativi della mia adolescenza. Oggi vedo che in Italia si tende quasi a dimenticarli gli anni ‘70, considerarli una parentesi “eccessiva” e poco di moda. Meglio il “riflusso”, no? Hanno vinto loro ma forse è un errore, dentro lo so io cosa provo ancora.

Meglio tornare ad Andrea. Ironico, bravo, capace di condensare tragedia e risate a volte in una sola vignetta, divertente e profondo. Era già grande, è morto di overdose prima di essere grandissimo. Poteva diventare uno dei più grandi pittori italiani, il talento ce l’aveva tutto. L’eroina lo ha strappato via.
Ho pianto quando è morto. Poteva dare ancora così tanto.
WEB REPUTATION

“Prof, che cos’è la reputazione?”
“Perché mi fai questa domanda? E’ un argomento delicato.”
“Perché mio padre ieri, vedendomi attaccato al pc, ha detto che la mia reputazione ne risentirà.”

“In un certo senso tuo padre ha ragione. Io per esempio ringrazio Dio che ho commesso le mie stupidate giovanili lontano da internet.”
“Quali stupidate, prof?”
“Potete anche non credermi ragazzi, ma non me le ricordo neanche più. So solo che quello che combinavo nelle baldorie con gli amici ormai si è perso. Oggi invece internet non dimentica nulla e le nostre sciocchezze non sono più transitorie, si lasciano tracce anche di cose poco belle. L’oblio non esiste più.”
“Non me ne frega niente, io non sarò mai rispettabile. Fuck you!”
“Dici così perché non hai una famiglia e dei figli da mantenere, ne riparliamo tra qualche anno. Le aziende quando vi chiameranno a lavorare faranno una ricerca on line sulla vostra Web Reputation, cosa credete? E più il lavoro è importante più la ricerca è capillare. Magari vanno a ripescare foto o frasi di anni prima e vi scartano. Guardate che è già successo.”
“Prof, vale anche per noi ragazze?”
“Certamente, cara.”
“Ma questa cosa vale solo per il lavoro o anche in altri campi?”
“Purtroppo è un discorso che si sta estendendo. Ho sentito che c’è stato un matrimonio che è andato a rotoli per questo.”
“Ah sì?”
“L’amica di una ragazza che doveva sposarsi è andata a scovare vecchie foto su Facebook, le ha stampate e le ha mostrate alla famiglia di lui. “Guardate, guardate la vostra santarellina!” Non devono essere stati bei momenti.”
“Oddio.”
“Ragazze, state attente a quello che pubblicate.”
“Ma Prof, le mie amiche non mi farebbero mai una cosa del genere.”
“Dio ti benedica, ragazza mia, Dio ti benedica.”
NONNI
Cari nonni, se non ci foste voi. Lavorando presso il Tribunale Minorenni ho notato come troppo spesso i nonni sostituissero genitori carenti se non proprio assenti. E sempre notavo che lo facevano con una devozione, una cura, un affetto rari da trovare anche in situazioni per così dire normali. A volte addirittura esageravano, ma sempre per amore.

Ogni regola umana ha ovviamente le sue dolorose eccezioni ma questa mi sembra quasi una verità psicologica, confermata del resto da grandi scienziati e scrittori: nei nonni i bambini trovano spesso il senso dell’amore, un legame profondo che li accompagnerà e scalderà per tutta la vita, la base della felicità.
LA GRANDE OFFESA


Un poco di autocritica e onestà psicologica, che diamine!
BUONI E CATTIVI
Una storia funziona bene quando c’è un “cattivo” che impedisce al nostro eroe/eroina di realizzare il suo sogno, si può dire che una fiaba non regge veramente senza un cattivo.
Però attenzione, non è così facile creare un vilain. Le variabili possono essere tantissime ma deve essere credibile altrimenti si rischia di cadere nel ridicolo.
E la Disney è stata maestra nel creare “cattivi” veramente riusciti, che in qualche caso hanno addirittura rubato la scena ai buoni (Capitan Uncino, Shere Khan la tigre, Crudelia Demon). Perché i cattivi spesso hanno uno spessore psicologico, un realismo, una vitalità che li rende assai più credibili degli insipidi buoni. Attenti quando nel racconto compare il cattivo, da lì spesso si capisce se sarà una buona storia o una grande storia.
Un esempio di cattivo veramente riuscito a mio parere è Ursula, nel cartone animato della Sirenetta. Astuta manipolatrice, abilissima donna d’affari, intelligente e spietata. Uh, quante Ursule che ho incontrato in vita mia!

giovedì 13 aprile 2017


L’ERRORE E LA GOMMA

Che bello sapere che posso sbagliare. Che bello sapere che posso riparare ai miei errori, che nulla è perduto.  Sembra solo una battuta da cartone animato ma non è da tutti vedere l’errore e avere l’onestà di correggersi.

La gran parte degli animali (e anche qualche essere umano…) si comporta secondo l’istinto, per sua natura immutabile. Non saprebbero che farsene del gommino per cancellare. Bello e potente l’istinto, non c’è dubbio, molto comodo ma quando appare un problema nuovo non basterà più.

Insomma, meglio dotarsi di una matita col gommino. E’ un problema difficile? Non importa, vuol dire solo che le cancellature saranno tante!  E’ un problema impossibile? Mi piacciono le cose impossibili, si vede subito chi scappa e chi resta e ci prova.
“Papà, non ci riesco.”
“Vediamo insieme dov’è lo sbaglio.”



mercoledì 12 aprile 2017

LODO

Perché il glorioso popolo cinese, liberato dai vizi capitalistici, non poteva indulgere in questi residui borghesi. E difatti per 60 anni sotto Mao la Psicologia era stata vietata.

Solo recentemente c’è stata una timida apertura ma non certo nel senso che intenderemmo. La Psicologia è rimasta solo sociale ed ecco allora lo psicologo diventare non un clinico ma una sorta di formatore, un insegnante destinato a tenere corsi e seminari. E nemmeno la Psichiatria praticamente esiste, in un paese grande come l’Europa lavorano solo 20.000 psichiatri.

E la malattia mentale? Il ruolo terapeutico è soprattutto affidato ad una fortissima pressione sociale che spinge ad uniformarti, a curarti da solo. L’individualità è vista molto male.


Per curiosità ho chiesto pertanto ad un cinese se da loro ci fossero psicologi famosi. Ah beh, uno ci sarebbe: si chiama Lodo ed è famoso in tutta la Cina.…Però solo dopo 10 minuti che l’orientale parlava ho capito che si riferiva a Freud!
 IL POTERE

Quando si raggiunge una posizione di supremazia, di autorità sugli altri, avviene un rapidissimo cambiamento psicologico, molto evidente. Anche le persone più innocenti e oneste (quelle scaltre già ce l’hanno) iniziano a sviluppare una caratteristica psicologica detta Paranoia Secondaria, più comunemente detta “grande diffidenza”. A volte inizia quasi per gioco, poi si finisce a diffidare di tutto e tutti. Le persone elette si trasformano e a volte diventano quasi irriconoscibili. Non sono più gli amiconi di una volta, non possono più esserlo. Adesso hanno un ruolo da difendere.

La Paranoia Secondaria non è una patologia, intendiamoci (a meno che non dilaghi come nella tragedia di Macbeth, ma lì c’era già alla base una persona disturbata). Sorge anche in persone normalissime. E’ soprattutto una difesa psicologica che chiunque stia in alto, diciamo così, adotta nei confronti di chi sta sotto e che serve a premunirsi da eventuali fregature se non di peggio.

Lavorando in Tribunale ho notato spesso per esempio tanta diffidenza in tutti: giudici che non si fidano degli avvocati che non si fidano dei loro clienti che guardano sospettosi tutti quanti. A volte, dietro un mondo molto formale, c’era un’aria di intrighi che si tagliava con il coltello. La Paranoia Secondaria dilagava, la posta in gioco era troppo importante.

Un consiglio prezioso viene per ora dalla psicologia agli uomini di potere: attenti, non estendete la “diffidenza” anche al piano personale e familiare. Cercate di limitarla al piano  pubblico e lavorativo, altrimenti sono guai…



LA REGOLA D’ORO

«Salve, piccini. Benvenuti sulla Terra. È calda d’estate e fredda d’inverno. È rotonda, umida e affollata. Al massimo, piccini, avrete un centinaio d’anni da passare qui. E c’è solo una regola che conosco, piccini… Maledizione, dovete essere buoni» (Kurt Vonnegut)

C’è qualcosa in comune in tutte le religioni? Da tempo immemore gli studiosi si arrovellano su questo problema. C’è sempre qualcosa di diverso, non fare quello, non fare quest’altro, credi a questo Dio, no a quell’altro, Dio nemmeno esiste, non comportarti così, uccidi quest’altro, la morte non esiste, l’anima non c’è, mangia questo, guarda che invece questo è proibito. ..un guazzabuglio.

Eppure…eppure qualcosa in comune c’è, ed è la Regola d’Oro, accettata da tutti. E’ un qualcosa che si ritrova in tutte le religioni, riconoscibile anche se in forme molto diverse.  “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Gesù), “Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri” (Confucio), “Desidera per gli altri ciò che desideri per te stesso” (Islam) “C’è solo una regola: volersi bene” (San Pietro), “Evita di fare agli altri quello che ti offenderebbe se fatto a te” (antica Grecia),  “Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te” (Protestanti), “Ciò che per te è odioso, non farlo al tuo compagno, il resto  dottrina” (Ebraismo),  “Non ferire gli altri in maniera che tu non debba ritrovarti ferito” (Buddismo)…

La Reciprocità è la vera religione mondiale, l’unica rispettata ovunque ed è ciò che accomuna gli esseri umani. Seguila, sembrano dire i sapienti, ma seguila con il cuore e sarai parte del mondo, non solo del tuo piccolo gruppo.


martedì 11 aprile 2017

I BUONI RICORDI

Ecco una intuizione che è stata confermata dalla Psicologia moderna, l’importanza fondamentale dei buoni ricordi. Non esiste tesoro, non è stato trovato ancora nulla di più importante per la vita di una persona di un buon ricordo che risale all’infanzia. Chiamiamolo “buon ricordo” come scriveva Dostoevskij nei suoi romanzi,  o ”corpo nutritore” secondo lo psicoanalista indiano Masud Khan, o “pensiero felice” che fa volare come diceva Peter Pan…non ha importanza. L’importanza è che sia nel cuore e scaldi dentro come un sole invisibile.

Noi non ce ne rendiamo neanche conto da quanto sono profondi, ma è a loro che facciamo riferimento nei momenti più bui della nostra vita, sono loro il pavimento su cui cammina la nostra mente.

Ognuno ha i suoi. E Fulvio Scaparro, il noto psicologo milanese, rivolgendosi ai genitori separati , esortava a fare di tutto per continuare a costruire buoni ricordi nei bambini, evitando accordi ingiusti e conflitti in cui  metterli in mezzo. Non è mai tardi.


E’ qualcosa di talmente importante che ho timore di dire anche una parola di troppo.  Forse avete visto “Inside out”, il cartone animato della Pixar, quando nelle scene iniziali la fatina Gioia mette una pallina d’oro al centro della mente. Ecco, quello è un buon ricordo.
BRANCALEONE DA NORCIA

Brancaleone, almeno sei onesto, una dote ce l’hai.
E ci fornisci anche un consiglio psicologico mica da ridere: se proprio bisogna valutare una persona, meglio iniziare dai suoi vizi che dalle sue virtù. Ci si fa  una idea più realistica. Le virtù infatti si possono fingere, i vizi mai J

Aspetta un attimo che penso a miei di vizi….

NON ABBIATE PAURA

Quando venne progettata la primissima missione dell’uomo sulla luna, molto tempo ed energia vennero dedicati alla costruzione di una super arma. “Chissà che cosa troveremo lassù”.  Ben presto però… si rinunciò a tutto, gli astronauti avrebbero dovuto bardarsi di tute pesantissime e armi ancora più pesanti. E poi davanti all’ignoto le nostre munizioni potevano essere ridicole. Dopo, a fine missione, tutti tirarono un sospiro di sollievo, era andata bene, di alieni minacciosi non c’era traccia e gli astronauti si erano potuti dedicare con tranquillità ai loro compiti.

Perché è vero: ciò che è ignoto lo temiamo, ne abbiamo una istintiva paura, potrebbe essere pericoloso. Anzi lo è certamente. Spesso con questa scusa però evitiamo ciò che è nuovo e la nostra vita scorre su binari scontati, diventa noiosa. Per paura ci  siamo negati una esperienza potenzialmente molto, molto bella.
Quando per esempio un paziente inizia una psicoterapia non è difficile notare in lui due aspetti contraddittori, da un lato la voglia di cambiare e dall’altro la paura di perdere anche quel poco di sicuro che la vita ha dato. Ci sono anche delle battute su questo: “Ricorda –disse il gangster Robert De Niro al suo terapeuta dopo la prima seduta- se vien fuori che sono finocchio tu sei un uomo morto”. “Ehmm…Vogliamo definire il termine finocchio? Perché certi orientamenti….” “Non è difficile, dottore. Io finocchio, tu morto.”

Sembra un dilemma insolubile, in cui amore e timore per lo sconosciuto si fronteggiano. Come se ne esce? Avere coraggio sembra non bastare, la paura resiste tenace in noi. E allora? La psicologia, una volta tanto aiutata dalla fisica, rassicura in questo: “Se studi una cosa la cambi” (il vecchio principio di indeterminazione di Heisemberg), tanto più se la cosa è piccola e vicina . Questo vale sia in Psicologia che in Fisica. L’essere umano è un animale che si adatta, che cambia. Cambiano le nostre prospettive, cambiano con il tempo le nostre conoscenze, le nostri opinioni, il nostro modo di vedere il mondo. Sarai una persona nuova e migliore. Non vuoi diventare una persona migliore? “No, ho paura”.


Non avere paura. Un contadino tibetano, più di 1000 anni fa, nella sua semplicità l’aveva già capito.



ANTONINE ARTAUD

Il sogno è sempre personale, introverso. Il sogno di ognuno di noi è una faccenda così intima…. Ma ecco che nel teatro accade il miracolo: si trasforma il sogno personale in un sogno comune, condiviso, in cui la vita si esprime nel suo aspetto universale. Quando andiamo a teatro ci disponiamo a sognare insieme agli altri, pubblico e attori. E sognare insieme è bellissimo. Produce un effetto profondo, potente,  terapeutico. “Catarsi” la chiamava Aristotele. “Che bel film, ho pianto tanto”, diceva mia nonna.

Antonine Artaud, il grande attore e drammaturgo francese del secolo scorso, aveva ben capito questo valore immenso e terapeutico del teatro. “Il pensiero mi abbandona a tutti i livelli” e perciò elaborò il rivoluzionario Teatro della Crudeltà. Voleva denunciare una società dalla “coscienza malata” e per questo i suoi spettacoli erano per l’epoca un vero colpo allo stomaco, in cui sognare la genialità. Un autentico “artista maledetto” e non è un caso che fosse appassionato di Van Gogh.

Dipendente dal peyote e dall’oppio, considerato pazzo, venne internato per nove anni in manicomio dove subì più di 50 elettroshock  ma anche lì dentro non rinunciava a sperimentare gli effetti evocativi della parola (anche solo disegnata) e continuamente inventava e dipingeva suoni magici e forsennati. Morì solo, dopo una dose letale del farmaco chloral, ma non è stato dimenticato. Chi vuole provare un nuovo sogno, prima o poi passa da lui.



lunedì 10 aprile 2017

TITICUT FOLIES

E’ stato il primo film americano ad essere bannato in tutta la nazione. Le sue copie venivano requisite e bruciate e solo dopo 30 anni si riuscì a vederlo senza problemi. Eppure è solo un semplice documentario del 1967, girato durante  un mese estivo da alcuni studenti in un manicomio del Massachusetts.

Ma guardato con gli occhi di un esterno, talvolta Titicut Folies è raccapricciante. Dopo aver guardato veri episodi di bullismo, indifferenza, sporcizia, alimentazione forzata e nudi senza dignità si capisce molto molto meglio la verità di film come “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.


Un documentario che ogni psicologo dovrebbe vedere almeno una volta, tanto per capire quanto è difficile far nascere la salute imponendo una malattia.  Indimenticabile la scena in cui uno psichiatra con la sigaretta in bocca nutre con l’imbuto un paziente denutrito. Ci siamo capiti.
IL PRIMO QUADRO

Questo è il primo quadro che sia mai stato dipinto e che è giunto sino a noi, in cui più figure sono in relazione. Non essendo chiaro cosa significa chiedo, o lettori, il vostro aiuto.

Venne disegnato con le dita più di 17.000 anni fa, piena preistoria, in una posizione molto scomoda e alla luce tremolante delle candele. Non sappiamo chi fosse il pittore, se era uomo o donna, sappiamo solo che era capace e molto giovane (nel Paleolitico l’età media andava dai 19 ai 29 anni).

Si trova in un pozzo della grotta di Lascaux, in Francia, non accessibile al pubblico essendo delicatissimo (il semplice respiro umano lo corrompe). Da quando venne scoperto per caso nel 1940 gli studiosi si arrovellano sul suo significato. Cosa vuol dire? E’ diventato una sorta di “test” della antichità, in cui si può vedere di tutto.

Qualcuno dice che è una scena di caccia, altri che si tratta di una guerra tribale o un sogno. Un rinoceronte lanoso (un totem? una scena di caccia? una tribù rivale?) spara feci su un bastone. Un toro, con gli intestini trafitti da una lancia, incorna un uomo-uccello.

Triste forse che il primo quadro sia una scena di violenza. Forse invece è stata dipinta in stato allucinatorio, mistico, o forse è una favola, un racconto, un mito, certo c’è qualcosa di importante che sfugge. Non possiamo individuarne con certezza il significato, il fiume del tempo è troppo ampio e abbiamo perduto tutti i riferimenti.

Uno dei metodi usati è stato anche quello detto delle “risonanze”, che possiamo fare tutti. Cosa fa vibrare in te questa scena? A te, lettore, cosa evoca? Le tue impressioni hanno lo stesso valore delle altre. Cosa ti fa dire questo dipinto? 


SCIPIO SIGHELE
Beh, forse non sarà stato proprio il primissimo psicologo e criminologo italiano ma fu certo il primo a diventare famoso in tutto il mondo. Seguace delle teorie di Le Bon, scrisse parecchi libri tradotti ai tempi in molte lingue, come “La Folla Criminale”, ed è stato citato anche da Freud. Qui la sua pagina di Wikipedia, per chi volesse approfondire https://it.wikipedia.org/wiki/Scipio_Sighele
Oggi viene ricordato soprattutto per aver fatto parte di una famiglia di patrioti trentini ma c’è un suo libro del 1892 che viene a periodi sempre ristampato: “La coppia criminale, psicologia degli amori morbosi” (pensavate con “Chi l’ha visto?” di avere inventato qualcosa di nuovo, eh?).
Caro Scipio, è passato più di un secolo ma certi problemi non li abbiamo ancora risolti…
LOTTARE CONTRO LA TRADIZIONE

Cambiare il tuo destino è possibile, ma è richiesto da te uno sforzo. Non arrenderti al destino, non pensare che sia invincibile. Dovrai prima abbattere e tagliare il folto cespuglio che nasconde la tua grotta incantata, o perlomeno sgomberare l’ingresso dalle macerie che negli anni si sono accumulate. Ciò che si chiama “tradizione” non è che un cumulo di sterpi.

Cambiare è possibile ma aspettati la reazione dei corvi, che non si sono mai calati nelle viscere della grotta e tuttavia continuano a gracchiare, dichiarandosi abitatori del suo interno. A forza di gracchiare ti hanno fatto credere quello che non è vero e sarà giocoforza sradicare e abbattere il loro nido nel groviglio che ricopre l’ingresso. E solo dopo potrai discendere fin nelle viscere della tua grotta e cavarne fuori l’anima viva del vero credo, del tuo io profondo.

(Caro Don Chishiotte, sai che hai descritto bene anche l’andamento di una psicoterapia? Anche nella mia esperienza la terapia non è quasi mai automatica, richiede uno sforzo di volontà, una decisione iniziale di vera cura, l’impegno quotidiano con se stessi. E subito si vede che compaiono i corvi, le resistenze, ciò che ci vorrebbe cacciare indietro. … Allora bisogna perseverare, resistere, insistere. Insomma, se la carne è debole che lo spirito sia forte!)





domenica 9 aprile 2017

L’IRRITAZIONE

Lo psicoanalista svizzero Jung non era uno sciocco e aveva ben presto capito che, quando provava noia e fastidio per il comportamento di qualcuno, non doveva cercarne la causa in chi gli stava davanti ma in se stesso. Il “fastidio” che provava era un segnale che qualcosa non andava in lui e turbava la sua pace, era un problema personale che era meglio risolvere per interagire con l’altro.  In un certo senso era grato se qualcosa lo irritava nel mondo che lo circondava, era un segnale preciso per capire meglio se stesso.

Si possono portare cento esempi e sembra quasi una banalità eppure non è così semplice accettarla. La si ritrova simile per esempio in una frase zen “Il vero arciere non incolpa il bersaglio, ma se stesso”. Come è più semplice dare la colpa agli altri!

E capire se stessi diventerà poi un modo per comprendere meglio il mondo in cui viviamo dentro. Anche perché, come una volta mi disse un amico psichiatra al telefono, “le cose, come noi stessi, si capiscono quando si prova di cambiarle”. In questi casi l’irritazione è sempre in agguato, non lasciamoci sfuggire l’opportunità!

sabato 8 aprile 2017

LA VITA SESSUALE DI ALFRED HITCHCOCK

Quando una giovane attricetta trova una particina in un film, è noto che prima deve attraversare con produttori e registi il famoso “test del divano” (eheheheh). Se sa. E’ vecchia storia ma il grande regista britannico Alfred Hitchcock ne aveva ideato uno tutto suo di test.
Quando la pulzella arrivava, veniva fatta entrare in una stanza fredda e al buio, illuminata solo da quattro fioche candele. In mezzo alla stanza si trovava una bara scoperta, con dentro Hitchcock in posizione Tutankhamon. Poi lui apriva gli occhi e la fissava con aria lugubre.
A quel punto se la ragazza scappava via gridando aveva fallito il test. Se invece si avvicinava incuriosita se poteva fa’.
Ragazze insomma, non fatevi sorprendere e tenete duro, l’apparenza inganna!

venerdì 7 aprile 2017

“SEI DISPOSTO A RINUNCIARE A CIO’ CHE TI HA FATTO AMMALARE?”
Il primo vero medico della storia, non solo il più famoso dell’antichità. Prima di lui c’erano solo tamburelli e pelli di leopardo e se oggi molti di noi sono vivi lo devono grazie a lui. Difficile sfuggire alla retorica quando si parla di Ippocrate e della scienza, la medicina, che ha formato con un rigore e rispetto per il malato difficili da trovare pure oggi. “Molti ammirano, ma pochi sanno”.
Ma anche Ippocrate si fermava davanti al mistero della malattia mentale, che sfuggiva a tutti i suoi tentativi di spiegazione. Certo, qualcosa delle sue teorie è rimasto sino a noi (il cuore come origine dei sentimenti per esempio) ma il resto è volato via e ancora oggi non c’è una spiegazione accettata da tutti. Intanto il mondo sta impazzendo.
E possiamo sentire ancora la sua domanda, che ha attraversato i secoli: “siamo disposti a rinunciare a ciò che ci ha fatto ammalare?”

giovedì 6 aprile 2017

LA PESTE

E’ sempre così. All’inizio la Psicologia è vista con interesse e aspettative grandissime e lo psicologo siede nei posti migliori. Si sa, è la fase cosiddetta “luna di miele”.

Ma dura pochissimo. Appena si iniziano a toccare caratteristiche personali e verità consolidate si assiste ad un rapido rovesciamento e l’affetto di ieri si trasforma in un grande astio, come fossero portatori di “peste” (e in un certo senso è vero, la Psicologia non è neutra). E’ un movimento che ho visto sin troppe volte.


Ecco perché si raccomanda ai giovani psicologi grande cautela nei primi momenti, ma anche nei secondi, nei terzi…. La superbia in questo campo si paga molto cara.

mercoledì 5 aprile 2017

LO SPETTACOLO DEL SOGNO
Il culmine dello squallore, come ripetono da tempo gli storici delle religioni, era vivere una vita senza visioni, senza profondità, in cui i giorni si susseguivano spenti. Il popolo chiedeva allora ai sapienti di sognare per loro, di allestire come spettacolo i loro sogni.
E uno degli esempi migliori di quanto sia vero lo ritroviamo nel Presepe, lo “spettacolo” della natività ideato da San Francesco. Da più di 1000 anni c’erano tutti gli elementi (il bue, l’asinello, la grotta, Gesù Bambino e i pastori…) ma nessuno li univa tra loro. Ci è voluto il genio visionario di San Francesco per mettere in scena questo teatro mistico, in una visione talmente potente che perdura sino ai giorni nostri e il cui allestimento dà calore in ogni casa. Quando a Natale entriamo in una casa e in un angolino vediamo un presepe ci si allarga il cuore.
San Francesco ha sognato per tutti noi e dal suo gesto di carità è nata una “fiaba” meravigliosa. E la fiaba, come diceva lo psicoanalista Bettleheim nel 1977, coltiva il nostro spirito meglio di qualsiasi altro genere. Perché nel profondo siamo rimasti tutti bambini che cercano, nella narrazione di leggende e fiabe, la spiegazione degli impulsi che si agitano dentro. I nonni che raccontano le storie ai nipotini stanno insegnando loro a vivere e a godere della vita, regalano una bellezza che i bimbi si porteranno dentro per sempre.
PARLARE CON I GESTI

Perché i gesti danno forza alle parole, danno forma al pensiero.
E noi italiani una volta tanto siamo molto avvantaggiati in questo: sin da piccoli impariamo infatti ad associare i gesti alle parole e spesso “parliamo con le mani”. Nel sud Italia in particolare sono bravissimi e riescono a fare interi discorsi senza proferire verbo.


E’ una sorta di doppio vocabolario che abbiamo nel DNA, studiato per esempio da Munari nel suo divertente “Supplemento al dizionario italiano”

Seguici su Psicologia Chiara

martedì 4 aprile 2017

IL PARADOSSO DEI GEMELLI

Come tutte le cose veramente preziose, il libretto del parigino Renè Zazzo sui gemelli è introvabile ed esaurito. Ma se scovate in qualche bancarella “Il paradosso dei gemelli” non fatevelo scappare e acquisite. E’ un libriccino scritto benissimo, leggibile da tutti e pieno di perle preziose.

Analizzando per più di venti anni l’affascinante mondo dei gemelli in ambito clinico, le loro “gang in miniatura” e tutte le leggende a loro correlate, il francese si era accorto per esempio di un paradosso: malgrado una somiglianza impressionante (“non ci si abitua”), al loro interno si trovavano dei ruoli diversissimi e diversificati. Come se volessero già loro differenziarsi.


Da questa e altre esperienze, Zazzo derivava il suo consiglio finale, degemellarizzare la coppia. “Bisogna aiutare i gemelli ad emanciparsi l’uno dall’altro, come ogni bambino si è emancipato poco a poco da sua madre senza mai smettere di amarla”.

IL POTERE DELLO SPORT

Avendo lavorato con bambini difficili, trovo questa frase verissima.
Che ne sarebbe stato per esempio di un Mike Tyson se non si fosse dedicato al pugilato? Sarebbe per la sua ferocia con ogni probabilità finito male, molto male. E insieme a lui tanti giovani dei sottoborghi che nella boxe (o qualunque altro sport) hanno trovato un riscatto.

Perché lo sport ha un potere enorme, chiunque tu sia riesce a darti un motivo di vita, una speranza. Incoraggiamo i giovani a fare sport, non può fargli che bene.

Quando girando per un quartiere noto solo bar, locali, sale da gioco…subito in me sorge il pensiero “ahia”. Se invece vedo palestre, un oratorio (non si ha idea di quanti ragazzi aiuti un oratorio), un campo sportivo allora penso “siamo salvi”.

lunedì 3 aprile 2017

LA MODERAZIONE
Ogni coppia è noto che prima o poi attraverserà momenti di crisi, più o meno profondi, in cui parlare e dialogare non basta più. Che fare in questi casi? Quante coppie sull'orlo di una crisi di nervi ha visto Psicologia Chiara in questi anni.
Qui la saggia zia Rosa proponeva un consiglio per evitarli in anticipo questi momenti, consiglio a cui Psicologia Chiara, dopo tanti amari colloqui, oggi si associa: ci vuole un pizzico di follia, un qualcosa di imprevedibile nel quotidiano che impedisca la noia, palude da cui nascono i cattivi pensieri.
Va bene la sicurezza, va bene la stabilità, va bene tutto ma la bravura consiste proprio nel riuscire a sorprenderla un poco ogni giorno. Forse non risolverà tutti i mali ma aiuta, oh se aiuta. Ci riuscirai? Guarda che se non lo fai rischi che se ne vada col primo cowboy che passa.