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mercoledì 27 dicembre 2017


IL PIEDE DEL GIGANTE

Il 23 novembre del 1980 l’Irpinia venne scossa da un tremendo terremoto, che dalla provincia di Avellino fu sentito sino a Napoli. Alle 19.34 di sera ci fu un boato e ogni pavimento iniziò ad ondeggiare. Da quelle parti la terra è ballerina e la gente non ci fa quasi più caso, ma quella sera esplose tutto.
Ci furono morti feriti, intere cittadine distrutte (e purtroppo la storia si sarebbe ripetuta). Un paesano simpatico, chiamato per la sua panza tonda Tonino u’ Bocce, ci raccontò che la sua casa tremava talmente che non riusciva ad afferrare la maniglia della porta.

All’epoca avevo 19 anni e quando vidi le immagini in tv dissi subito “devo andare a fare qualcosa”. Contattai Radio Popolare, storica radio milanese che stava organizzando gruppi di volontari, e un paio di mattine dopo mi presentai in Stazione Centrale con il mio zaino, pronto a tutto.

Ricordo quel viaggio come una esperienza surreale. Man mano che ci si avvicinava all’epicentro le case erano sempre più distrutte. I tetti erano sfondati, come se un gigante con i suoi piedoni ci avesse camminato sopra.
Quando fummo arrivati ad Avellino il coordinatore, un ragazzo barbuto di 23 anni, chiese chi era disposto tra noi volontari ad andare nel posto più disastrato. Nessuna garanzia. Naturalmente il vostro affezionatissimo, testone come tutti i giovani (oddio, non è che con l’età sia migliorato molto), alzò la mano.

Dato che i treni non funzionavano ci caricarono sopra un pullman per un viaggio strascomodo. Appena sbarcai nella piazza di Solofra vidi una scena che ho ancora impressa dopo più di 30 anni.
C’erano tre palazzi in fila, i due ai lati erano malconci ma in piedi mentre quello in mezzo…mi arrivava alle ginocchia. Paradossalmente il tetto era rimasto intatto e copriva come un tappo le macerie. Sotto quel tetto c’erano dei cadaveri. Uomini disperati e donne piangenti si aggiravano tra le rovine.

“Svelti svelti, dovete occupare un vagone vuoto! Muovetevi!”. La stazione era piena di treni fermi dove dormiva mezzo paese ma molti la notte preferivano restare in macchina col riscaldamento acceso. Prima lezione: il freddo da quelle parti è assassino, nelle notti invernali tra i monti dell’Appennino la temperatura scende anche a -20°. Non si scherza.
Seguirono settimane intense. Il nostro compito era quello di smistare i camion pieni di aiuti che arrivavano, vestiti cibo etc. Essendo “forestieri”, ci confidò Tonino u’ Bocce, si fidavano solo di noi. Vidi cose molto brutte, certi erano ridiventati animali. Per inciso, un giorno sparai (in aria) l’unico colpo di pistola che abbia mai sparato in vita mia. E non ricordo un capodanno più freddo.

La sera ci ritiravamo esausti nel nostro vagone merci, due chiacchiere e ci addormentavamo nei nostri sacchi a pelo. Ma una notte…
Venimmo svegliati al buio da un rombo. La terra stava tremando, il vagone stava tremando, tutto stava tremando. Non c’era nessun posto sicuro dove andare. Al buio sentimmo la vibrazione crescere, diventare gigantesca, enorme. Nessuno fiatava e rimanemmo tutti sdraiati e muti. Non so quanti minuti o secondi è durato ma mi è sembrato il periodo più lungo e terrificante della mia vita.







martedì 26 dicembre 2017


FABIO

Quando anni fa lavoravo con i ragazzi difficili, tenevo appesa alla parete del mio studio un’asse di legno dove segnavo le loro altezze quando li vedevo per la prima volta, un po’ come fanno i pediatri con i bambini piccoli. Era un’asse di legno piena di segnetti colorati.
I ragazzi scendevano dalla loro Comunità per una chiacchierata con lo “piscologo”, poi si giocava, si disegnava, ci si confidava, le solite cose. Che bello era vedere quelle menti, molto duramente trattate, fiorire appena trovavano un po’ di pace e tranquillità.

Ogni tanto, quando vedevo un minore più mogio del solito, se era passato un po’ di tempo gli proponevo di rimisurarsi l’altezza. Sempre notavo il loro stupore quando si accorgevano che erano intanto diventati più alti, che erano cresciuti. Non ci si abitua. Si scoprivano più forti di quel che pensavano e andavano via sicuri di sé. Era una sorta di azione terapeutica che con loro funzionava meglio di 100 parole, capivano che in questo mondo si cresce anche se non si vuole. Tutto sembrava complottare per fermarli ma loro erano forti e avanzavano. Il meraviglioso potere della giovinezza.

La storia di oggi parte proprio da qui: Fabio aveva 15 anni, era di origini calabresi, pieno di tic e con un passato squinternato, ma questo semplice gioco (chiamiamolo così) gli piaceva moltissimo, lo entusiasmava. Ogni settimana appena entrava in studio mi chiedeva di misurarsi, per vedere se era cresciuto e inutilmente gli dicevo che era trascorso ancora troppo poco tempo. Ma non voleva sentire ragioni, voleva misurarsi, voleva dimostrarmi che era cresciuto. Il suo affetto per me era contagioso, sembrava uno di quei cagnolini che si attaccano al primo che gli sorride.

Ho raramente conosciuto un adolescente che più di lui si affidasse a me, mi ascoltava a bocca aperta e pigliava per oro colato le mie parole. Si vedeva proprio che gli era mancata una figura paterna che avesse fiducia in lui, nelle sue capacità, che lo incoraggiasse a crescere.
Ricordo ancora quando un giorno incontrandomi disse: “Buongiorno, Don Luca!”
“Perché mi chiami così? Perché a volte son vestito di nero e forse assomiglio a un prete?”
“No, per rispetto!”

Questi ragazzi hanno un tale bisogno di famiglia, di appartenenza, di sentirsi parte di, che bisogna vigilare perché non finiscano in organizzazioni criminali quando si accorgono del loro punto debole, se li fanno amici e poi li spremono. Ma Fabio aveva anche un buon cuore e gli avrebbe fatto orrore fare del male. Qualcuno fortunatamente lo aveva amato tanto da piccolino e aveva evitato che la sua ferita fosse troppo profonda.

Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ti resta dentro, nella pelle”, dice il maestro Albus Silente ad un giovane Harry Potter. Ed è vero, è una frase che dovremmo scolpire nel bronzo.
Dio benedica chi ama i bambini piccoli, non li lascia soli e li conforta quando sono tristi. Forse non se ne rendono conto, ma gli stanno salvando la vita. E’ grazie a loro che potranno un domani ancora fidarsi, amare ed essere felici, crescere.






sabato 23 dicembre 2017


BUON NATALE, BEA!

“Lap lap lap…lap lap lap…”
“Eh, chi è che mi sveglia leccandomi la faccia?”
“Slurp! Lap lap lap…”
“Ah ma sei tu, Bea. Bella micina, ogni tanto ti coglie la coccolite e al buio ti metti a leccarmi senza sosta la guancia a letto. Ma sì ma sì, continua…”
“Lap lap lap…lap lap lap…”
“Che lingua ruvidina che hai. Scusa se adesso ti offro la barba ma altrimenti la pelle me la consumi. Tu però continua, eh? Che amore che sei…”
“Lap lap lap…slurp! Slurp! Lap lap lap…”
“La mia gattina bella che non si ferma e mi lecca la barba. Ma dimmi perché lo fai? Ti piace il sapore del mio shampoo? Vuoi segnare la tua proprietà? Hai fame? E’ il tuo modo di dimostrarmi affetto? Spiegami, è dieci minuti che vai avanti.”
“Lap lap…lasciami fare…lap lap…morsetto amoroso…lap lap…”
“D’accordo, non dirmi niente, non servono parole in questi momenti. Ti voglio bene anch’io, Bea, tesoro del Luca. La più bella micina del mondo. Lo sai che giorno sta arrivando?”
“Lap lap…ma perché non stai zitto?...lap lap…”
“Il Natale! Buon Natale, Bea.”

A queste parole come per magia Bea interrompe la leccatina. Ha deciso che per il momento basta.
Ma non è finita, si accomoda e appoggia la testolina pelosa sulla mia spalla, chiude gli occhi e inizia a far le fusa. Che vibrazioni buone percepisco.
La accarezzo e intanto penso che avrei cento cose da fare ma per il momento preferisco solo respirare e restare così, fermo sul letto con la gatta addosso. Questa micina mi sta insegnando la pazienza, basta con la frenesia.
Forse è questo il tuo regalo di Natale, Bea, quanto mi sei cara.



AFFOSSATO LO IUS SOLI
Mancando il numero legale al Senato, è stata in pratica affossata per questa legislatura la legge dello Ius Soli, che concedeva la cittadinanza italiana ai minori stranieri nati in Italia e che avevano frequentato le nostre scuole. 800.000 bimbi che stranieri erano e stranieri resteranno.
Calderoli della Lega naturalmente gongola "Tutto merito mio": 
Ma la mancata approvazione della legge è un segno di inciviltà e ipocrisia elettorale, i bambini non devono essere discriminati ma integrati.
Se qualcuno non è d'accordo con questa frase mi cancelli pure dalle sue amicizie. Sono indignato.

venerdì 22 dicembre 2017

 RINGHIO!

Avere la sclerosi multipla non è bello.
Ma telefonare inkzoso agli svogliati operatori telefonici, dire “sono un disabile in sedia a rotelle, non posso spostarmi, se non mi risolvete voi questo pasticcio vi denuncio ad AltroConsumo e al Corriere” e notare allora come scattano e risolvono da soli subito un problema che si trascinava da giorni… non ha prezzo.


mercoledì 20 dicembre 2017


DOPO LA CADUTA

Dio, che botta!... Rotto qualcosa?... A parte il colpo alla testa, niente di grave…Non c’è sangue, niente, anche questa volta l’ho scampata... imparare a cadere è un’arte…Chiamatemi Gommolo.
Per qualche minuto meglio che resto a pancia in giù sul pavimento freddo con gli occhi chiusi… mentre mi riprendo penso che non sarò sempre così fortunato ma dai, un incidente banale, non facciamola tanto grave….Adesso rialzarsi da solo però sarà un casino... il privilegio di vivere da solo pur essendo malato di sclerosi multipla è in queste circostanze che si paga...

La gatta si avvicina e mi annusa, poi se ne va altezzosa. Nessun aiuto da parte sua. Sospetto che nel suo mondo la mia sia una malattia da prede. Resto immobile senza lamentarmi, se vivi da solo impari presto che lamentarsi non serve e poi il dolore della botta sta passando.
Ma tu guarda, quanta polvere c’è sotto l’armadio... quante gatte pelose, ma non erano state tirate via?... devo ricordarmi di mettere qualche straccio per terra, così se cado dò pure una pulita. Ah, ecco dov’era finita la biro... Diobono, almeno ci fosse qualcuno, chiederei aiuto... Devo fare tutto da solo... Voltarmi sul dorso, e che sarà mai... Mi accorgo che mi fa male il ginocchio... Forza!... No, non ce la faccio... Aspetta, mi riposo un attimo poi ricomincio, non posso mica restare tutta la vita a guardare per terra.

Che strano vedere la casa dal basso. Vedo la casa come un gatto… Vai! Forza!!!... Voltati!.... Dài dài... Ce l’ho fatta! Sono a pancia in su... Però il braccio morto mi è rimasto sotto... Calma, piano, tirarlo fuori. Ecco, è libero. Buongiorno soffitto, son tornato a vederti.
E adesso dove mi aggrappo?... Al tavolo, su, su, su!... niente, Madonna è peggio di prima... Mi sa che mi tocca strisciare sino al letto, che ha il bordo duro a cui posso aggrapparmi bene.

In questi anni ho elaborato tutte le mie tecniche. Sono pronto per un corso universitario: “cadere e rialzarsi, strategie, metodi, consigli”. Striscio sul pavimento tipo marine... ah, se mi vedessero adesso... Ecco, arrivato al letto, mi aggrappo.
Sono tutto impolverato e sudato, ma chi se ne frega... piano... Piano... Che fatica... Su, su…Ecco, ci sono... sono in piedi. Nessuno saprà quanto mi è costata una cosa così semplice ma sai la soddisfazione. Adesso però è doveroso riposarsi. Mi accascio sulla sedia.

Quante volte sono caduto in questi anni? Neanche le conto. E’ rialzarsi che ho imparato è un’avventura. Per questo cammino con circospezione, sempre aggrappandomi a qualcosa, per me è diventata una abitudine. Ma ogni tanto le gambe cedono. Ti ricordi quando sei caduto in bagno e sei rimasto tutte la notte sulle piastrelle?

Capita. Ieri mi sono commosso nel vedere dei bambini che correvano guardando davanti a sé. Lo facevo anch’io da bambino di correre così.

martedì 19 dicembre 2017

CIO’ DI CUI E’ CAPACE UNA DONNA
(una storia vera)

Primo salto mortale (non così comune): una coppia senza figli decide di adottare un bambino.
Secondo salto mortale (purtroppo): essendo già un po’ attempatella, alla coppia vengono proposti in adozione non bambini ma adolescenti, problematici e con un carattere non semplice.
Terzo salto mortale (sempre più difficile): se proprio i due vogliono un bambino ci sarebbe Martin, che ha solo 7 anni. Purtroppo Martin ha seri problemi mentali, è ritardato e fa fatica a parlare. E’ molto raro che venga adottato un minore con problemi mentali, anzi  eccezionale, gli adottanti di solito si spaventano ma tale è il bisogno di amare e accudire che la coppia accetta il bimbo. Martin va a vivere con loro.
Quarto salto mortale (la catastrofe): la madre adottiva accoglie Martin ma il padre non regge la situazione. Presto la coppia adottiva si sfalda, l’uomo si allontana con dei pretesti e la donna si ritrova da sola con Martin.
Quinto salto mortale (solo silenzio e rispetto): la donna decide di rimanere con Martin e diventare per questo bambino come una vera mamma.

Quando al Tribunale Minorenni ho visto Martin con la madre adottiva e mentre ascoltavo da lei tutta la storia ho fatto fatica a non commuovermi. Anche perché Martin non so come (il linguaggio degli affetti ha canali tutti suoi), sarà stato anche ritardato ma capiva benissimo che la sua nuova mamma lo amava e non l’avrebbe abbandonato.
Lei era ovviamente delusa dal marito, si ritrovava sola ma pronta ad accettare tutte le sue responsabilità. Sapeva che non avrebbe avuto una vita facile ma era consapevole di amare Martin, lo amava sino in fondo. L’ho ringraziata a nome del Tribunale, intanto Martin si stringeva a lei, la accarezzava e le diceva piano parole che non capivo ma dal tono affettuoso.


IL MERCENARIO

Oggi vi voglio parlare di una splendida canzone dei Deep Purple, Soldier of Fortune. I “soldati di fortuna” sono i mercenari, quelli che combattono per soldi. L’importante per loro è menare le mani, vivono per quello, poche storie.
L’argomento sembra assai poco poetico, ma anche i mercenari invecchiano. E si guardano indietro, ascoltano un mulino e sentono che i loro giorni migliori sono passati. E la malinconia cresce dentro ma non si può piangere, siamo guerrieri (…) e abbiamo combattuto ogni giorno nella vita.

“Ti ho spesso raccontato storie di strada
Ho vissuto la vita di un vagabondo,
aspettando il giorno in cui prenderti per mano e cantarti canzoni
Forse diresti "Vieni a stare con me e amami"
Allora mi fermerei
…Ma sento che sto diventando vecchio
E le canzoni che ho cantato ormai risuonano in lontananza
Come il suono di un mulino a vento che gira
Immagino che sarò sempre un mercenario”

Vi invidio se non conoscete ancora questa lenta ballata, scoprirete qualcosa di bello. L’assolo centrale alla chitarra del grande Ritchie Blackmore che parte a 1.23 è qualcosa di sublime.


IL PAPA DEBOLE

“Questo è Papa Gregorio Magno, che visse nei secoli più bui del medioevo, quando i barbari scorrazzavano indisturbati per tutta Italia devastando le popolazioni inermi. Nessuno aveva la forza per fermarli.”
“E lui ce l’aveva la forza?”
“Non molta, le cronache dicono che teneva un fisico gracile, inchiodato per settimane su un lettuccio. Era un Papa minuto, molto debole.”
“E allora perché Magno? Era parente del re Carlo Magno?”
“Ma va, Carlo Magno è arrivato 200 anni dopo. Si è meritato il nome di Magno perché ha convinto i barbari a fermarsi.”
“E come ci è riuscito?”
“E’ andato a parlarci di persona. Era un uomo che non esitava a sporcarsi le mani, combinò varie tregue con loro e alla fine riuscì pure a convertirli. Ormai per gli italiani Gregorio era diventato l’unico vero punto di riferimento. E’ stata forse una delle più grandi lezioni che ci ha lasciato, non bisogna avere paura di parlare con il nemico.”
“Chissà che aspetto aveva.”
”Oh ma di lui ci è rimasta un immagine famosa, quella che vedi.”
“Questa, in cui ha una colomba sulla spalla?”
“Non è una semplice colomba, è lo Spirito Santo che gli suggerisce le parole giuste. Ma ogni elemento di questo dipinto ha un suo significato.”
“Ah sì?”
“Beh, innanzitutto indossa il mantello  tipico dei Papi, il pallior, e poi la sedia su cui è seduto è la sedia curiale, il che vuol dire che deteneva anche il potere civile di Roma, non solo quello religioso. Era sindaco, amministratore e Papa insieme insomma.”
“Che forza!”
“Eh sì, in teoria l’Imperatore c’era ancora, ma aveva la corte in Turchia e ormai di Roma e dell’Italia gli fregava ben poco. Allora Gregorio, stufo della sua inerzia, prese tutto il potere possibile e lo amministrò. La carne poteva essere debole ma il suo spirito era instancabile. Forse è stato il primo vero Papa-Re di Roma e ne era ben consapevole. E poi da questa miniatura possiamo capire altre cose.”
“Per esempio?”
“La sua mano sinistra è sui Vangeli, mentre con la destra tiene il libro che aveva scritto lui. Non dimenticava le basi. E guarda la testa.”
“E’ pelato, ha quella cosa dei monaci, come si chiama…”
“La tonsura. Gregorio non ha mai dimenticato che, prima di diventare Papa, era un semplice monaco benedettino.”
“Quelli di Ora et Labora!”
“Bravo. E guarda l’ambiente in cui è seduto. E’ molto raffinato per l’epoca, indica che ci troviamo nell’atrio di un palazzo signorile, in una casa della nobiltà romana a cui Gregorio apparteneva per nascita.”
“Quante informazioni. E quella corona appesa?”
“Quella è la corona ferrea, che adesso si trova a Monza, si dice che dentro ci sia uno dei chiodi della croce di Gesù. Insomma, Gregorio era già quasi considerato un santo. Lo si nota anche dall’aureola intorno alla testa, simbolo di santità.”
“E poi lo è diventato un santo?”
“Certo, anzi uno dei più importanti. E’ venerato pure dagli ortodossi, non solo dai cattolici. A proposito, lo sai cosa gli suggeriva lo Spirito Santo?”
“No, cosa?”
“La musica. E’ stato lui, con il canto gregoriano, a riformare la musica come la sentiamo oggi.”
“Però, questo Gregorio era una persona di valore.”
“Sì, non gli mancava una visione profonda, con lui si sono poste le premesse per una nuova Europa. Aveva un sogno, è evidente, e malgrado la sua salute ha lottato fino alla fine per realizzarlo.”





lunedì 18 dicembre 2017

SCIATTERIA

Come molti di voi sapranno, mi sono iscritto da poco alle Categorie Protette in quanto disabile e sto cercando nuove opportunità lavorative. La mia malattia avanza ed è ora di guardare in faccia alla realtà, cercando qualcosa magari di meno stressante e volubile, anche se non so bene cosa.

Ebbene, nella mia ricerca mi sono imbattuto in un fenomeno che mi ha stupito molto: mi sono accorto che in giro c’è una sciatteria paurosa, una mancanza di professionalità impressionante.

Centralini che non rispondono, gente che arriva in ritardo, aspettare un mese per una relazione di 10 righe (scritte male), svogliatezza negli operatori, molti che tirano a fregarti, impegni non mantenuti etc. Mi è capitato per esempio di avere dei colloqui con tecnici delle Risorse Umane (un lavoro che mi piacerebbe) e notare tra me e me che venivano gestiti con molta superficialità e mancanza di correttezza.

Sarà che per tanti anni ho lavorato in un posto (il Tribunale) dove tale sciatteria non è ammessa. Se capitava di dire una frase o qualcosa fuori posto gli Avvocati ti saltavano giustamente addosso. Alla fine la professionalità diventava quasi una seconda pelle, non ci si faceva più caso.

“Benvenuto nel mondo, Luca, scendi dal pero”, direbbe qualcuno. Ma sarà proprio così? Sono paturnie mie? Come si fa a scendere dal pero? Mi conviene? Boh




domenica 17 dicembre 2017

UNA BELLA NOTIZIA

“Luca… Mi sposo.”

“Davvero? Oddio, Sandra, tesoro. Felicità, mi lasci senza fiato. Che notiziona!”

“Sì, sono emozionatissima.”

“Quando ti sposi? Ti vedevo assente da qualche tempo, ora capisco il motivo. Lui chi è?”

“Un uomo straordinario. Stiamo insieme da sei mesi ma l’ho conosciuto anni fa durante un viaggio a New York. Parlando, ci siamo scoperti vicini di casa. Una coincidenza stupenda!”

“Ti sento felice e pure convinta.”

“Sì, sono esaltata. Se tutto va bene tra un mesetto ci sposiamo a Bologna.”

“Auguri di lunga e serena vita insieme allora. Il tempo felice è così prezioso. L’amore quando vince è meraviglioso.”

“Lo amo, mi sento felice tra le sue braccia.”

“Brava Sandra, finalmente ti sei innamorata di quello giusto. Come si chiama?”

“Antonio, fa l’insegnante di ginnastica. Lo amo! Lo amo!”

“Antonio e Sandra, bella coppia. .Sandra, Sandra...come ti invidio.”

“Mi spiace un po' che mi invidi.”

“Lo sai, ti invidio perché sei felice. E si sente che in te c’è amore, un amore vero, ricambiato. Ho scoperto che solo quando è ricambiato l’amore può diventar veramente amore. Altrimenti è un’altra cosa.”

“E che cos’è?”

“Non lo so, affetto passione accudimento gratitudine ma l’amore no, quello è un’altra cosa, è vivere insieme. E io sento che tra voi c’è questo.”

“Soprattutto è un uomo straordinario. E non fraintendere ma come lo sei stato anche tu per me, Luca. Gentile, amorevole e sempre sorridente. Sapevo che potevo contare su di te.”

“Grazie dei complimenti, tutto ricambiato per te. Felicità per il tuo futuro, Sandra, felicità e rose per te e Antonio.”

“Grazie Luca, grazie, sono così felice.”


UN SOGNO VERO

Bella come un cristallo di neve 
Tranquilla come un fiume lento
Serena come il vento che soffia sull'erba 
Elegante come un serpente
Che meraviglia!


A MEZZANOTTE VAAA…

“Ciao Luca, guarda cosa ti abbiamo portato per la tua casetta!”
“Oh ciao mamma, vedere vedere…ma che roba è che hai in mano? Sembra un vaso con dell’erba…”
“L’abbiamo visto al Super e subito comperato per la tua gattina Bea. E’ un vaso di erba gatta! Vedrai come le piacerà.”
“Erba gatta? Esiste veramente? Pensavo fosse uno scherzo.”
“Esiste! I gatti l’adorano questa erbetta, la mangiano e si depurano dentro.”
“Ma tu guarda, appena l’hai posata per terra Bea è subito andata a rosicchiarla. Le piace.”
“E le fa tanto bene. Poi vedrai, tra un po’ farà un vomitino e si depura di tutto il cattivo che ha dentro, soprattutto i peli.”
“Scusa, cos’è che fa?”
“Una pallina che rigurgita fuori. Poi la raccogli e la butti.”
“La fa nella lettiera, vero?”
“Non so. Ma scusa, che problema c’è? Le vuoi bene o no? Mica ti farà schifo. Io non avevo schifo quando ti cambiavo il pannolino.”
“Ah. Sì sì no no… vedremo…sì sì le voglio bene…”

Lo sapevo. Me lo sentivo che succedeva dopo che ero andato a letto. Nel silensio de la noche odo la gattina che inizia a fare versi strani e poi ha un conato di vomito. Gl… glu… bll.. bleeahh!!! Sdraiato a letto non sono riuscito nemmeno a capire dove si trovava, se in bagno o in sala. Speriamo che non abbia vomitato sul divano.

E così, armato di sgrassatore e scottex, accendo la luce e mi aggiro di notte per la casa a cercare dove il gatto ha vomitato. Sto bene attento a dove metto i piedi, ci manca solo quello.
E’ proprio vero, se hai un animale sei costretto a muoverti e non è detto sia un male, pigro (…) come sono. Ma dove diav… Ah, eccolo lì il vomito, in mezzo alla sala. Beh meno male, è sulle piastrelle.


Con cura raccolgo tutto e disinfetto con lo sgrassatore. Alla fine è tutto a posto e ritorno a letto. Anche questa è fatta. Bea, che intanto guardava, viene a letto con me e si accuccia tranquilla al mio fianco. Spengo la luce e la accarezzo. Ah Bea Bea, amore mio, cosa non si fa per te…

sabato 16 dicembre 2017

DIFENDI LA TUA ARTE

“Cancelliere, faccia entrare il prossimo, siamo a metà mattina e già non ce la faccio più, mi sembra un fiume che non finisce mai. A chi tocca ora?”
“A me.”
“Si sieda lì davanti, prego.”
“Preferisco stare in piedi.”
“Ma sei giovanissimo! Agente, gli levi le manette per favore. Questo ragazzo non mi sembra proprio un criminale….sì sì non si preoccupi, mi assumo io la responsabilità… Ragazzo, quanti anni hai?”
“Grazie, mi facevano male i polsi. Ho diciannove anni, signor giudice.”
”Non è un po’ presto per entrare in certi giri?”
“Frequentavo…delle cattive compagnie.”
“Santodio, un giorno o l’altro le prenderemo queste cattive compagnie. Ne han rovinati più loro del colera. Come ti chiami?”
“Roberto, detto Rob.”
“Cosa avresti fatto?”
“Vendevo fumo. Durante una perquisa mi han beccato con un tocco pesante in tasca, ma era per uso personale.”
“La nota della Polizia parla anche di cocaina.”
“Vero, avevo anche delle palline in bocca.”
“Fai uso di stupefacenti? Da quando?”
“Da quando avevo 14 anni.”
“Molto presto.”
“C’è una ragazza che ha cominciato a 11. Noi la chiamiamo la Regina.”
“Rob, io però ti ho già visto da qualche parte. E’ la prima volta che ti arrestano?”
“No è la seconda, un anno fa mi avevano fermato e condannato per spaccio di fumo. Ma ero ancora minorenne e non sono stato mai in galera. L’Avvocato mi ha detto che ero stato assolto.”
“Non è proprio così, hai avuto la condizionale ma lasciamo perdere. Eppure… Eppure io ho la sensazione di averti già visto…forse in televisione… tu non sei un cantante o qualcosa del genere?”
“Sì, canto in un gruppo rap, sono la voce solista. Sono io che scrivo i testi delle canzoni. Abbiamo vinto anche qualche gara e siamo stati in televisione.”
“Ah ecco dove ti avevo visto. Mi eri rimasto impresso perché eri pieno di tatuaggi.”
“Vuole vederli?”
“No ti ringrazio, io faccio parte di una generazione in cui i tatuaggi non avevano valore. Ma il fumo e la coca che cosa c’entrano in tutto questo?”
“Non mi dica che lei non si è mai fatto uno spinello! A me rilassa e fa sta bene.”
“Purtroppo tanti tuoi coetanei hanno esagerato, lo univano ad altro e in molti si sono bruciati il cervello, te ne sarai accorto anche tu.”
“E allora perché l’alcool è permesso? Quello fa anche peggio. Noi vediamo tanta ipocrisia in questa società.”
“Hai ragione su questo ma non è un buon motivo per mettersi a spacciare canne.”
“Se l’erba fosse legalizzata non ci sarebbero problemi! Il mio gruppo ha fatto tante canzoni su questo tema.”
“E i testi li hai scritti tu?”
“Certo, ogni parola.”
“Senti Rob, vorrei farti una domanda, sinceramente rispondimi solo se vuoi. Non è obbligatorio... Quando sei sballato, componi dei testi che sono migliori o peggiori?”
“Ammetto che sono migliori. Ma fumare poi mi rilassa.”
“La lucidità è la droga migliore, lo sai anche tu.”
“E allora cosa dovrei fare? Io non so far altro che cantare.”
 “Difendi la tua arte.”


venerdì 15 dicembre 2017

NON SARA’ MAI PIU’ COSI’

“Renato, io lo conosco quell’occhietto. Hai appena composto una canzone e non vedi l’ora di farcela sentire. E magari la suoniamo insieme.”
“Ah, ciao ragazzi. In effetti ieri mi era venuta in mente una canzone nuova. Non riesco a nascondervi niente.”
“E com’è?”
“Un valzer lento, sognante. Secondo me è buona. Magari è sin troppo romantica, ma ieri mi andava così.”
“Com’è da suonare?”
“Facile, facile. Gli accordi sono semplici, volevo che la musica non distraesse dal testo. Questo è lo spartito… a te… a te…. Allora, io e Monica cantiamo, Alessandro alla chitarra, Fabio alla batteria e Luca Tartaro al basso. Seguite la linea degli accordi. Pronti? E uno, e due…e tre…quattro…”

Ripropongo oggi un mio vecchio scritto sulla morte di TC, avvenuta più di un anno fa in circostanze tragiche. Oggi ho sentito una brutta notizia a riguardo ed è giusto non dimenticare. Quella ragazza è stata uccisa due volte.

TIZIANA ALLE PORTE DEL PARADISO

“Ragazza, tocca a te. Avvicinati.”
“Eccomi.”
“Fatti vedere. Sei molto giovane, non ti ho mai vista prima.”
“Ti ringrazio.”
“Hai dei segni sul collo, come mai?”
“Mi…mi sono tolta la vita in cantina.”
“Allora non potresti essere qui.”
“Speravo in una vita migliore, volevo fuggire, cercare la pace.”
“Come mai quel gesto?”
“Ero disperata. Mi avevano tolto la dignità, insultata con parole terribili. Avevo anche cercato di cambiare città e nome ma prima o poi la mia fama mi raggiungeva. Non riuscivo a scappare da nessuna parte. Allora ieri pomeriggio…”
“Cosa potevi aver fatto di così imperdonabile?”
“…mi vergogno a dirlo. Cose non belle per una ragazza…mi ero fatta anche riprendere e…e…” (piange)
“Aspetta, fammi leggere nel mio libro…ho capito.”
“Io…chiedo perdono. Non pensavo alle conseguenze. Quell’uomo mi era entrato nella testa. Facevo quello che mi diceva, anche…anche…”
“Lascia perdere. Con il tuo gesto però hai fatto soffrire i tuoi familiari, lo sai.”
“Mio padre non l’ho mai conosciuto. Mia mamma, mi spiace per mia mamma… mamma perdonami…”
“Tua madre ti ha già perdonato, sappilo. Ha pianto molto per te e ti porterà sempre nel cuore.”
“Io volevo solo trovare la pace, per questo sono qui.”
“Purtroppo non sei la prima. E’ un problema serio. Cosa possiamo fare per le ragazze come te?”
“Dovete parlare agli uomini.”
“Per dire cosa?”
“Non togliete la dignità alle ragazze, è terribile. Non la togliete. Neanche se loro te lo chiedono, non lo fate. Per favore, dopo ci soffriranno e piangeranno.”
“Entra, Tiziana. Vieni con noi.”

giovedì 14 dicembre 2017

IL BUONO A PEZZI

“Oh nonna, ho combinato un guaio.”
“Cosa è successo, bambina mia?”
“Ti ricordi la ricetta che mi hai insegnato la settimana scorsa, quella per preparare i marron glacees in casa?”
“Ma certo, è un dolce autunnale buonissimo. Sono irresistibili.”
“Si sono tutti rotti, nonna! Quando li ho tirati fuori dal forno erano sbriciolati! Eppure ho fatto come mi avevi detto tu. Avevo lasciato le castagne a mollo una intera notte e poi le avevo sbucciate pianissimo, tirando via con delicatezza la buccia scura e la pellicina. Poi avevo preparato lo sciroppo, caramellando piano le castagne e lasciandole asciugare. Era tre giorni che ci stavo dietro.”
“Succede, tesoro, succede. E’ un dolce molto delicato, nipotina mia, te l’avevo detto. Un’arte di tempo e pazienza. Che tipo di castagne avevi preso?”
“Quelle belle grandi e compatte, le avevo scelte bene ma si vede che ho sbagliato qualcosa. Oh nonna, non sono buona, non sono capace di fare niente.”
“Non dire così, io ho fiducia in te.”
“Mi ero così impegnata…”
“Lo so, ti avevo anche vista entusiasta.”
“La mia vita è uno schifo, nonna. Mi sento un’imbranata. Volevo portarli a tavola per Natale ma adesso mi vergogno. Tutti mi prenderanno in giro.””
“Ascolta la nonna. Vediamo di combinare qualcosa. Tutto si aggiusta, bambina mia. Dove sono adesso le castagne? Mica le avrai buttate via spero.”
“No, sono di là.”
“Vieni con me, ti insegno a fare una marmellata speciale, la più buona che tu abbia mai assaggiato. E per prepararla useremo proprio quelle castagne rotte. Vedrai, ti faranno tutti i complimenti.”
“Davvero?”
“Sicuro. Ascolta la nonna e  ricordati. Le cose buone anche se sono a pezzi hanno sempre un loro valore, proprio perché sono buone.”
“Ma io cerco la perfezione, nonna, lo sai.”
“Uh che brutto pensiero, mi ricordi mia sorella!”
“Chi, la zia Lina? Quella che tu chiami lapoverazialina che mi sembra sempre tutto attaccato?”
“Proprio lei. Ha passato tutta la vita ad aspettare il Principe Azzurro, quello perfetto. E quello non andava bene, e quell’altro nemmeno e quello neppure... E alla fine è rimasta zitella. Mia cara, vuoi che ti dica un segreto?”
“Dimmi, nonna.”
“Il Principe Azzurro non esiste! Non stare ad aspettare qualcuno che non c’è. Vedi di crearti la tua felicità, non stare ad aspettarla. Tanto non la raggiungerai mai, amore di nonna. E se ti sembra di averla afferrata, poi ti scappa via e la perdi.”
“Ma cosa dici, nonna! Io voglio l’amore perfetto.”
“L’amore è come i tuoi marron glacees, tempo cura, dedizione…e poi capita che escono sbriciolati. Ma non bisogna perdersi d’animo, anzi.”
“Ma io voglio vivere una favola!”
“Cara la mia bambolina, vieni qua che ti do una carezza. Forse adesso hai ragione tu, alla tua età è giusto sognare. Ma ricordati di quello che ti aveva detto la nonna e non disperarti mai. E adesso vieni con me, andiamo a combinare qualcosa di buono in cucina!”