COME SOPRAVVIVERE A UNA CATASTROFE
I bambini dell'Istituto dove lavoravo come psicologo presentavano tutti una peculiarità che non riscontravo nei bambini "normali".
Era difficile interessarli a qualcosa, nulla li appassionava. Quando affrontavo i più svariati argomenti coglievo la noia negli occhi: non solo politica (zero assoluto), la società o la cultura (prevedibile), ma anche amore, sesso (strano ma vero), sport (per la maggioranza), storia, psicologia, arte, il mito. Tutto li annoiava alla grande e scivolava su di loro senza lasciare traccia. Anzi, erano visibilmente seccati.
In compenso… bastava solo accennare a sangue, violenza, guerre eccetera che subito vedevo gli occhi aprirsi e le spalle drizzarsi. Non solo nei grandicelli, notare bene, ma anche nei più piccoli o nelle ragazze. Quando raccontavo fatti di cronaca nera era il massimo, la loro attenzione era assicurata. E non si stancavano, erano avidi di storie di questo tipo. Avevano una “intelligenza” stupefacente per questo tipo di vicende, non bisognava spiegare nulla. E più era efferata la storia, più erano attenti. Qualcosa risuonava dentro di loro.
Mi sorprendeva all’inizio come fosse un fenomeno generale, che coinvolgeva ogni bambino. Colgono subito nella cronaca quotidiana dei giornali questo aspetto: “Luca, hai sentito di quella rapina? E hai letto di quell’inseguimento, la sparatoria, quel carabiniere morto, quell’incidente mortale? E quella mamma che ha ucciso suo figlio? E quel cinese pugnalato a morte nella mia via? Per terra c’era una pozza di sangue scuro.”
Una sera ho compiuto un esperimento, di cui un poco adesso mi pento: ho raccontato a mio figlio di 10 anni (poverino) una di quelle storie che nel pomeriggio sentivo che destavano tanto entusiasmo. Vuoi vedere che è un fenomeno generalizzato? Non l’ho nemmeno finita, la sua reazione facciale di terrore era più che eloquente, e presto sono scivolato in una più rassicurante fiaba. Avrai tempo per imparare queste cose, tesoro mio.
Che cosa risuonava allora in quei bambini dell'Istituto? Sono bambini che nel passato hanno vissuto TUTTI una esperienza catastrofica. Un disastro reale è comparso nella loro vita molto presto. Già conoscono l’esistenza del male nel mondo. Sono passati attraverso traumi profondi, che li hanno segnati a mo’ di imprinting. E come Freud spiegava in Aldilà del Principio di Piacere per le nevrosi di guerra, con la cronaca nera loro ripetono l’esperienza traumatica per tentare di assorbirla mentalmente.
Ci piace pensare a noi come esseri razionali, animali ragionevoli che nella loro vita giocano con intelligenza a scacchi, civilizzati. Ma se ci accorgessimo che sulla scacchiera si muovono pezzi invisibili e pericolosi, al di fuori del nostro controllo?
COSA FARE: il bambino che è stato traumatizzato ricerca nella narrazione di storie a volte apparentemente feroci (la cronaca nera, certe fiabe terribili) il motivo, il perché a tali impulsi che avverte nell’animo di chi gli ha fatto male e che sente incombenti. Il bimbo vuole ritrovare in storie che gli sono necessarie, la spiegazione e il senso per reagire a tali catastrofi. "Luca, perché succedono queste cose?"
CONCLUDENDO: QUANDO UN BAMBINO/A E'SPAVENTATO, QUANDO E' SUCCESSA UNA BRUTTA COSA CHE L'HA TRAUMATIZZATO, SI E' VISTO CHE SERVE A POCO NEGARE O SPIEGARE RAZIONALMENTE L'ACCADUTO (QUELLO VA BENE PER GLI ADULTI), MOLTO MEGLIO RACCONTARGLI CON VOCE TRANQUILLA -A VOLTE BASTA QUELLO-. UNA STORIA, UNA FIABA SU UN BAMBINO CHE HA ATTRAVERSATO PROVE TERRIBILI. E in quel caso più truculenti e feroci sono le storie meglio è, gli fanno trovare una spiegazione e una speranza. Il mondo è cattivo ma io ce la posso fare.
In pratica cosa succedeva: ogni settimana radunavo i ragazzi e raccontavo loro una storia terribile. Indimenticabili (per me) sono state le volte in cui ho parlato del drago che infestava la Brianza e che poi venne sconfitto, o la disastrosa eruzione del Vesuvio che ha preservato la bellezza invisibile di Pompei (catastrofe che conserva e non solo distrugge), oppure quando ho raccontato di Adamo, che camminando il primo giorno nel paradiso terrestre dava il nome a tutti gli animali, o degli antichissimi dipinti dei cacciatori paleolitici, primo segno del vitale dono della fantasia, o dell'infanzia tribolata di John Lennon.
A volte i ragazzi erano scalmanati, altre volte ascoltavano con attenzione. Vedere una decina di facce di giovani problematici che seguono con attenzione ogni tua parola è una sensazione che all’inizio lascia sgomenti. Mi ascoltavano tutti. Poi mi abituai, ma non fu così immediato.
Sì è vero, questi ragazzi sono affamati di storie, ne hanno bisogno. Le vogliono, ne hanno bisogno per crescere. E questa abitudine ad essere sincero mi è rimasta, per esempio qui su Quora noto che mi piace raccontare storie. Così, sognate.
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