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domenica 7 dicembre 2025

VIAGGIARE ANCORA NEL TEMPO

Ieri sera ho viaggiato nel tempo DUE volte. Questa ve la devo raccontare e meno male che ero vestito comodo.

Cosa ho fatto: sono andato per uno spettacolo nel teatro del mio quartiere popolare (Niguarda, Milano nord), dove non ero mai stato, ed entrandoci ho avuto una esperienza straniante, fuori dal tempo. Alle pareti troneggiavano infatti immagini, dipinti e scene di ogni forma e misura con un solo protagonista, LENIN, il leader della Rivoluzione Russa del 1917, il Primo Segretario Generale dell'URSS, il vero comunista.

Vladimir Il'ič Ul'janov Lenin arringa il popolo nella Piazza Rossa

ma non dimentica i contadini

e nemmeno i soldati

ama i bambini, mica li mangia

ma è sempre lui

anche quando si riposa

e il popolo lo segue invincibile

sotto la sua guida pace e prosperità

Giuro che se partiva l'inno nazionale russo mi alzavo in piedi mano sul cuore mentre il vento mi scompigliava il vestito

https://www.youtube.com/watch?v=knzDT7-7HEg

Come dire, un posto un filo comunista, anzi vetero comunista. Un viaggio nel tempo, sembrava di esser ripiombati indietro di cento anni. Tanto più che la gente intorno a me aspettando lo spettacolo chiacchierava, sorrideva, tutto normale. Come sottofondo il meglio della musica classica russa dell'800

https://www.youtube.com/watch?v=XyYvqqb-cYY

Ma ho parlato di due viaggi nel tempo, ed ecco il secondo. Lo spettacolo si intitolava POTEVO ESSERE IO, ed era un one woman show. Per un'ora e mezza, la (bravissima) Arianna Scommegna teneva il palco tutto da sola parlando di un gruppo di bambini del quartiere Niguarda di 50 anni fa 😁. Nessun effetto speciale, nessuna scenografia, solo lei, la sua voce e la sua presenza.

https://www.tearodellacooperativa.it/stagione-20252026/potevo-essere-io-2/

Veramente molto brava. Avrà interpretato almeno 50 personaggi diversi e ad ognuno dava una voce differente facendo sganasciare la platea. La bambina timida, quella sfrontata, la mamma alla finestra, il bullo, il secchione, il ragazzotto audace, la scoperta del sesso, le amiche, il drogato, le ragazzine annoiate, il maestro di kickboxing, la ragazza incinta, il papà meridionale, il piccolo spacciatore, la giovane alla ricerca del primo lavoro etc.

Che dire. E' stato un viaggio nel tempo della mia giovinezza, questa volta più intimo. Le speranze e la realtà di quando ero bambino e adolescente pure io. E solo una vera professionista poteva riuscire nella magia con una tale semplicità. Grazie Arianna.

venerdì 5 dicembre 2025

IL BOTTONUTO (lettera ad Andrea Cherchi)

Buonasera sig Cherchi, forse ho qualcosa che le può interessare.

Le scrissi qualche giorno fa su un mio libro ambientato nella Milano dell'800 (Teodoro) e nelle mie ricerche avevo scoperto un dettaglio interessante sulla città.

Premessa: se si chiedesse ad un milanese di oggi di nominare il quartiere più malfamato di Milano la scelta purtroppo è ampia ma una volta (fino agli inizi del '900) non c'era gara, il quartiere più malfamato di Milano era il BOTTONUTO. Vinceva a mani basse essendo un dedalo di viuzze piene di locali equivoci frequentato da ladri, contrabbandieri, prostitute etc.

Tutti i testimoni sono concordi nel dire che nel Bottonuto regnava una puzza terribile. Difatti sorgeva su una palude rotonda che nella antichità era il cimitero dei milanesi e che i romani avevano trasformato in una fogna rotonda (il "Bottino" appunto) dove i cittadini facevano i loro bisogni all'aperto (che schifo). "Una fogna, una pozzanghera" con un senso di pericolo imminente. 

L'amministrazione comunale, in un rigurgito di buon senso, decise nel 1935 di radere al suolo tutto per riqualificare la zona. Lo fece anzi talmente bene che oggi del vecchio Bottonuto non è rimasto nulla. 

Ma dove si trovava questo famigerato quartiere Bottonuto? La risposta è stupefacente: il Bottonuto era adiacente al Duomo, tra il Duomo e via Larga, centralissimo. Ha presente piazza Diaz, dove troneggia il monumento ai Carabinieri? Ecco, lì sotto c'era il Bottonuto.

Del Bottonuto allora non è rimasto proprio niente? Forse qualcosa di strano, di veramente strano è rimasto. Bisogna fare una sorta di esperimento, mettersi davanti al Duomo di sera e guardare a sinistra e a destra. Noterà che a sinistra con la Galleria e i negozi tutto è sfavillante, a destra invece (dove c'era il Bottonuto)  al di là di piazza Duomo è tutto smorto. 

Come mai? Ne parlai con un amico giapponese tempo fa e lui si mostrò stupito dal mio stupore. Così come esistono i posti "sacri", esistono anche posti "maledetti" e il Bottonuto è decisamente  uno di quelli. Forse è vero che lo spirito maledetto e malfamato di un posto permane nonostante tutto. Puoi spianarlo, demolire tutto, ridipingere, "gentrizzarlo" ma maledetto era e maledetto rimane. Se si parla del Bottonuto solo i vecchissimi milanesi sanno di che si parla.

Sono fantasie, fanfaluche? Permane la sensazione che non si riesce a riqualificare una zona che avrebbe "in teoria" le carte in regola. E' una sensazione che fin da ragazzo avevo vissuto: soprattutto di notte, piazza Diaz era un posto da attraversare in fretta, "qui c'è qualcosa che non va" mi dicevo pur senza sapere niente. 

Anche a Milano ci sono i fantasmi

UNO SCHERZO DI PESSIMO GUSTO 

Mi è successo proprio stamane dal barbiere. Quel figlio di buona donna dopo averli tagliati mescolava ai miei capelli neri dei fili bianchi, per cui ciocche semi grigie cadevano ai miei piedi mentre si dava da fare, dandomi una orribile impressione di canizie.

"Senta -gli dissi dopo qualche minuto-, lo scherzo è bello finché dura poco. La prego per favore di smetterla."

A cosa si riferisce scusi?"

"Non capisco come fa, non l'ho ancora beccata sul fatto, ma lei sta mescolando dei fili bianchi ai miei capelli neri. Così che sembreranno grigi."

"Ma no, guardi che io…"

"Vuole mettermi paura eh? Vuol farmi credere di essere più vecchio di quel che sono eh?"

"Guardi che questi che vede per terra sono tutti capelli veri."

"Non mi prenda in giro!"

"Mi scusi, ma lei quanti anni ha?"

"Ho sess… come si permette di chiedermi quanti anni ho?"

"Perché il colore brizzolato dei suoi capelli è tìpico."

"Io ho i capelli neri, cos'è questa storia, di chi sono questi capelli?"

"Sono suoi!"

Il barbiere aveva una faccia serena e si portava la forbice al cuore. Mi sono ammutolito anche io ma dopo un po' ho capito.

"Ah mi volevate fare uno scherzo da burloni e vedere se ci cascavo! Che comici che siete! Beh, c'è da dire che in questo salone c'è sempre un'aria allegra."

Il barbiere senza parlare ha ripreso il suo lavoro, ha finito, ho pagato e sono uscito sorridendo per lo scherzo che volevano tirarmi alle spalle. Mentre camminavo per strada canticchiavo "I almost cut my hair" (mi sono quasi tagliato i capelli), canzone storica del mio periodo hyppie. Ci voleva

"I let my freeeeee flaaaaag fly…" (lascio sventolare libera la mia bandiera)

https://www.youtube.com/watch?v=4Lk2KHajp4Y

David Crosby, uno degli eroi di Woodstock. L'autore della canzone, tutti noi vecchi freak l'abbiamo amato

giovedì 4 dicembre 2025

SUL RIPRISTINARE LA LEVA

Io sono favorevolissimo alla guerra ma ad una condizione: chi decide di entrarci deve andare di prima persona in prima linea. Non solo lui, si porta dietro anche moglie, figli, parenti, amici, tutti quelli che lo conoscono insomma. E su un cavallo bianco, mi raccomando, così sono riconoscibili da lontano.

Se accettano questa condizione allora possono dichiarare quante guerre vogliono. Altrimenti no, troppo facile far gli strateghi nel Quartier Generale a spostare i carri armatini sul tabellone e intanto mandare i giovani a morire.



PATERNITA'

C'è un aspetto psicologico dell'essere padre (ma anche madre) di una figlia femmina di cui non si parla quasi mai. Un aspetto indispensabile per la salute mentale di ognuno, che la società si aspetta che tu faccia in silenzio, soffrendo senza commentare. Non se ne discute praticamente mai, magari parlandone si risolve qualcosa.

E' quella sorta di CENSURA MENTALE CHE OGNI PADRE FA QUANDO GLI CAPITA DI PENSARE ALLA VITA SESSUALE DELLA FIGLIA. Meglio non pensarci, la mia bambina… che fa certe cose... Quando una figlia diventa adolescente e si apre alla vita è inevitabile che accada la scoperta del corpo (la sto mettendo giù semplice voi usate i termini che volete).

E' giusto che accada così, è nell'ordine naturale della vita, anche se ad un genitore provoca mooolto disagio. E' il famoso TABU' DELL'INCESTO che fa sentire la sua forza. Se provate questo disagio, vuol dire state provando dentro la forza arcaica di questo tabù. E se parlo di figlie e non di figli, è perché si è notato che questo tabù è soprattutto (per vari motivi, nobili o meno) collegato più a loro.

Cosa si può fare: più che da psicologo, una raccomandazione di buon senso. Non lesinate di parlare di sentimenti con i vostri figli. Più che l'educazione sessuale, tema di cui si discute molto in questi giorni (ah, che bello vivere in un paese cattolico…), i minori hanno bisogno di una educazione sentimentale, di apprendere una buona concezione dell'amore. Parlate tranquillamente di amore con le vostre figlie, guardate che se non lo fate voi lo farà qualcun altro. E non dimenticate la forza dell'esempio, più efficace di mille parole.

E se hai fatto questo in passato, il pensiero di tua figlia che fa sesso non sarà più così pesante.

mercoledì 3 dicembre 2025

DIO


“Che meschinità”. Dopo essermi convertito al stanismo, tutto mi sembrava così meschino. Anche il prete che ripeteva ad alta voce le sue formule e continuava a spruzzarmi incenso sul corpo.

Continua pure, corvo nero e puzzolente. Continua con le tue formule di cui non hai mai capito il senso, i tuoi riti inutili. C’è una cosa che non sai, forse non te la immagini neanche: ogni parola che pronunci io la ripeto mentalmente al contrario, così ne neutralizzo gli effetti.

In nomine Dei ego te fugo horridum verbum pithonicum tamquam non esset! Amen et AMEN!” E ancora incenso e gesti contratti.

Attento adesso… devo concentrarmi. Nema te nema tesse non mauqmat mocinohtip mubrev mudirroh… l’inversione mi riusciva facile.

Dovevo immaginarlo che un prete cattolico, e neanche tanto giovane, avrebbe reagito così ai miei discorsi. Mi ero lasciato convincere da mia moglie, quella stupida, dopo che ieri notte l’avevo svegliata per raccontarle i miei pensieri.

“Domani andiamo da Don Alberico”, concluse brusca lei tirandosi la coperta sulla testa.

“Ascoltami, ho altro da raccontarti”, le dissi sfiorandole i capelli.

“Non toccarmi! Vai via!”

“Perché ti comporti così?”

“Mi fai schifo! Ho ribrezzo, non ti avvicinare!”

“Ma è vero quello che ti ho detto! C’era veram…”

“Zitto! Ho detto che domani andiamo da Don Alberico!”

“Shhh piano, non gridare, sveglierai i bambini!”

Mia moglie si voltò di scatto. “Vuoi che ci andiamo adesso? Che mi metta addosso il mantello azzurro e che usciamo? Vuoi uscire adesso?”

“No, no, va bene. Domani.”

“Allora stai zitto e dormi!”

Un bambino si agitò nel sonno. Poi fece un grande respiro e si rimise a dormire.

Il mattino dopo non mangiammo nulla. Anche se dovevo zappare l’orto per la stagione mi portò subito alla canonica accanto alla chiesa, dove viveva il prete con sua moglie. Mi obbligò a mettermi il vestito pulito della festa, e mi sentivo ridicolo. Non ero abituato. Era così presto che la nebbia del mattino ancora non si era dissolta. Il fornaio uscì dalla bottega e guardò stupito me e mia moglie che camminava furiosa. Lei non diceva una parola e facevo fatica a starle dietro.

Ci aprì la donna del prete, stupita di vederci in quel giorno di lavoro. Mia moglie mi comandò di non muovermi e poi entrò da sola, richiudendo la porta. Poco dopo sentì che il diacono veniva chiamato alla svelta. Rumori di passi pesanti, la porta di legno si aprì e io ero sempre lì con il cappello in mano, fermo come un pesce secco.

Apparve il prete con una faccia severa, dietro di lui la sua donna stava abbracciando la mia che le piangeva sul seno abbondante. Che porco doveva essere il prete. Era un uomo anziano e grasso, ma il suo sguardo con noi sempre bonario in quel momento era duro, mi spaventava.

“Sia lodato Gesù Cristo”, disse.

Io non risposi “Sempre sia lodato”, come avrei fatto sino a poche settimane prima, mi sentivo cambiato.

“Sia lodato Gesù Cristo, ho detto.”

“Ho sentito.”

“Figliolo, non ti senti bene? Qualcosa non va?”

“Devo parlarle, reverendo. Ho una passione che mi brucia dentro.”

“Andiamo in sacrestia.”

Entrai dalla porta e ci dirigemmo verso una saletta posta subito dietro l’altare, dove il prete si lavava e si cambiava prima delle cerimonie religiose. Non ero mai entrato in quella stanza. Era piccola. E una piccola finestrella la illuminava tutta. Il suo cane dormiva in uno spicchio di sole. Sarebbe stata una bella giornata. Non c’era il tavolo, il carpentiere del paese doveva ancora costruirlo, solo ripiani alle pareti. Il prete cacciò via il cane con un calcio, e andò a prendere qualcosa.

Intanto mi misi a guardare negli scaffali e vidi una ciotola, una bottiglia di vino e, incredibile, c’era un libro! Un libro vero!

“Posso toccarlo? Non ne ho mai toccato uno.”

“No. Da quello che ha raccontato la tua donna non sei nello spirito adatto. Forse la tua anima deve essere purificata.”

“La mia anima e la mia coscienza sono a posto, reverendo. Mia moglie si sbaglia,”

“Conoscevo i tuoi genitori, erano semipagani e non ho mai capito bene la profondità della loro fede, se fossero sinceri o meno. Ma erano brave persone. Sempre rispettose della comunità.”

Pensai a mia madre, che ogni notte di luna piena andava alla sorgente degli ossi, per berne l’acqua e dire delle cose che non ho mai saputo, al contrario delle mie sorelle. Forse raccoglieva delle erbe. Riportava sempre indietro un piccolo otre pieno d’acqua pura, che la mattina ci faceva bere. Ma non dovevamo dire niente in giro.

Una notte alcune persone la seguirono in segreto. Forse andarono a dirlo a don Alberico. Sta di fatto che pochi giorni dopo la sorgente di acqua purissima venne distrutta e insozzata. Mia madre non mi fece più bere nessuna acqua speciale, ma so che ogni tanto lei e mio padre uscivano di notte. Non ho mai saputo dove andassero. Mio fratello maggiore badava a noi.

“Don Alberico, ho una cosa da dirle.”

“Taci ho detto. Anzi rispondi: credi nella Santa Madre Chiesa? Credi nel nostro Papa Gregorio, che lo spirito santo bello come una colomba bianca lo illumini.”

“No”, risposi a mezza voce. Evitavo di guardarlo, sapevo che si sarebbe arrabbiato. Però non potevo mentire. Dovevo farmi coraggio, e alzare la mia voce.

“No.”

Successe tutto in fretta. Don Alberico aveva preso un bastone senza farsi vedere, e mi diede un colpo in testa. O cercò di farlo, perché alzai il braccio e deviai il colpo sulla mia blusa. Io sono robusto, e forte. Non mi si può pigliare di sorpresa.

“Maledetto! Maledetto! Il demonio ti ha preso! Ma io lo farò uscire dalla tua bocca, come ci è entrato!”

Don Alberico aveva quarantanni, era un contadino forte figlio di contadini forti, ma mio nonno era un fabbro, e so come si usano i bastoni. E poi era ingrassato, e quando si muoveva respirava forte. Gli presi la verga con facilità, e gliela strappai di mano. Legno di pioppo, leggero. E mi voleva far male con quello? Mi misi a ridere. Lo buttai in un angolo.

“Stai fermo! Non ti muovere!”. Prese l’acqua santa e iniziò a benedirmi.

E lì io mi trasformai. Infastidito dall’acqua benedetta iniziai a ruggire, mi strappai la cmicia, divenni rosso.

Eavocai un oscuro demone dell’inferno, mi crebbero peli sul petto e corna sulla testa e sbranai il prete. Nel senso che proprio lo mangiai, masticando la carne e bevendo il suo sangue. Il tutto tra rutti e rumori.

Inorriditi, i presenti scapparono via e chiamarono i soldati, che però avendo chiuse tutte le porte a doppia mandata, bruciarono la casa con loro dentro.

Dio si diverte così, e noi scemi ad applaudire il principe rosso dell’inferno.



LETTERA AD ANDREA CHERCHI

Buonasera sig Cherchi, mi chiamo Luca Tartaro, sono nato e vivo a Miano. La seguo da tempo (tanto che mi vien voglia di chiamarla Andrea e di darle del tu) e sono un follower della sua aggiornatissima pagina di Instagram. Resto sempre stupito dal fatto che ci sono contenuti nuovi su Milano praticamente tutti i giorni, instancabile. Lei sta diventando un punto di riferimento civico.


Le scrivo perché ho qualcosa che (forse) può interessarle, anche se ho un dilemma. Tempo fa ho infatti scoperto che il grande scrittore russo Fjodor Dostoevsky nel 1868 aveva trascorso due mesi a Milano, periodo di cui però non si sa assolutamente NULLA. Nelle sue lettere infatti parla di tutto ma di quel periodo solo vaghi accenni. Qualcosa in più dice nella sua biografia la moglie Anna Grigorev'na ma troppo poco.

Questo ha portato a chiedermi (lavorando in Tribunale sono abituato a considerare i risvolti): era successo qualcosa? La fantasia ha iniziato a girare e ne è venuta fuori una storia. Un romanzo storico: TEODORO (Dostoevsky a Milano). Teodoro è come Dostoevsky voleva essere chiamato dagli italiani, col suo nome latinizzato e il libro l'ho autopubblicato da poco.

Dato che scrivevo della Milano di 150 anni fa ho cercato di documentarmi al meglio possibile, immaginavo Milano fosse cambiata, non avevo idea di così tanto. Era come immergermi in un altro mondo, un altro modo di agire, di parlare. 

Praticamente ogni riga doveva essere controllata, erano poi tempi di grandi cambiamenti: solo sette anni prima Milano era stata annessa al Regno d'Italia, le vie o non esistevano o avevano nomi diversi, il Duomo aveva le porte in legno, c'erano 20 stazioni ferroviarie, il sistema di illuminazione era in piena evoluzione, piazza Duomo era molto diversa con le case fino al sagrato, interi quartieri (come il Bottonuto) nel frattempo son spariti etc. Ho scoperto cose che mi hanno stupito.

Ma alla fine è stato divertente, l'ho scritto e pubblicato ma ecco il mio dilemma: essendo una autopubblicazione lo trova su Amazon in formato digitale o cartaceo Teodoro.
Volevo però mandarle una copia, senza che lei si disturbi a prenderlo, ma non ho il suo indirizzo di riferimento: potrebbe dirmi dove posso spedirglielo?

Speranzoso attendo una risposta e ancora complimenti per il suo impegno
Cordialmente

Luca Tartaro
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