Sai che me lo sono spesso chiesto anch’io? “Come è possibile che dall’Imperatore Marco Aurelio, autore del capolavoro stoico Colloqui con se stesso, sia uscito un figlio così degenere come Commodo?”.
Commodo era disprezzato già dai contemporanei romani che lo definirono “sentina di tutti i vizi” e certo Marco Aurelio doveva sentirsi amareggiato pensando a lui.
Da ragazzo avevo una risposta netta a questa domanda: “bravo Commodo, hai svelato l’ipocrisia e la vera natura di tuo padre!”. Altro che filosofo, Marco Aurelio sotto sotto era una persona immorale e Commodo aveva solo avuto il coraggio di andare sino in fondo!
Oggi però non la penso più così. Nella mia carriera di psicologo e in Tribunale questo problema infatti mi si è ripresentato troppe volte. Genitori comuni, brave persone, che avevano invece figli tossici duri o delinquenti. Conoscerete certo anche voi famiglie in apparenza “normali” da cui sono uscite delle vere e proprie “pecore nere”.
Come è stato possibile? C’era un filone di pazzia in queste famiglie? O forse la colpa era delle cattive compagnie (ma un giorno o l’altro le prenderemo)? Della droga? E’ mancato qualcosa di importante?
In certe famiglie vige quasi un paradosso: più il genitore vuole essere una brava persona rispettabile più il figlio diventerà l’opposto. Persone affrante quando parlavano del loro figlio, il contrario di quanto avevano sperato. Quante lacrime, quante promesse inutili, quante occasioni sprecate. Non mi davano l’idea di essere ipocrite. Avevano dato e fatto tutto il possibile e avevano ottenuto un risultato da piangere.
Per fortuna accade raramente, di solito “buon sangue non mente”, ma nella educazione di un figlio non c’è nulla di scontato. Diventa quasi una regola: con i figli non ci sono regole, nessun automatismo.
Da queste amare storie, come quella di Commodo e Marco Aurelio, io ho personalmente ricavato una morale: attenzione, per essere bravi genitori non basta essere brave persone e dare l’esempio, ci vuole qualcosa di più. Cosa però non ho idea.
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