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giovedì 16 luglio 2020

COSA MI HA INSEGNATO IL CROLLO DEL PONTE MORANDI

14 agosto 2018: come tutti gli italiani, rimango a bocca aperta davanti al crollo del Ponte Morandi a Genova. Un disastro biblico. Ero ricoverato per una polmonite all’ospedale Don Gnocchi di Milano e osservavo tutto sdraiato dal letto.
Orbene son passati quasi due anni, il tempo delle lacrime è passato, il ponte è stato rifatto in tempi record e dal mio (modestissimo) punto di vista posso ben dire che questa tragedia mi ha insegnato e confermato qualcosa sull’Italia, il mio bel paese:

1.PROGETTAZIONE CARENTE: un ponte costruito negli anni ‘60 per il traffico anni ‘60 non poteva reggere il decuplicato carico odierno. Lo hanno ribadito i tecnici ma bastava usare il buon senso. E’ come mettere addosso ad una persona uno zaino di 50 chili, come minimo ne sarà rallentato. La colpa non è certo di chi l’ha costruito tanti anni fa ma quante strutture (ponti, strade, case etc) traballano così in Italia? Urge censimento dettagliato. Urge...ma tanto non lo fanno, costa e non è prioritario. Come per l’educazione, la ricerca o altro. Gli effetti non si vedranno subito ma tra 10, 20, 30 anni. Chi se ne frega, l’importante è il presente.

2.LA MANUTENZIONE E’ INUTILE: forse la lezione più amara dovuta al crollo. Si è intuito che alla manutenzione era stato riservato ben poco. Il ponte ha retto allo spasimo, poi non ce l’ha fatta più. Se a una progettazione “imprevidente” associamo una manutenzione “bassa” la tragedia incombe. Ma in Italia purtroppo le cose le cose vanno così: si tira avanti sperando che non succeda nulla di grave e l’urgente prevale sempre sull’importante. Questo crollo l’ha amaramente confermato. Unica concessione lecita è lamentarsi (il famoso “mugugno”) ma continuare comunque a sperare nello stellone. Come diceva mio nonno “chi vive sperando...”. Continuiamo a risparmiare, mi raccomando.

3.A CHI DARE LA COLPA: la tragedia è avvenuta. E dopo ho assistito ad un altro sport italiano, il giochino chiamato “a chi diamo la colpa?”. Il colpevole, Benetton, è stato individuato e maledetto ma io mi rifiuto di credere che loro siano stati gli unici responsabili del crollo e debbano pertanto pagare da soli. Hanno le loro malvagie responsabilità, intendiamoci, ma una tragedia simile, come si dice, “parte da lontano”. Quanti tecnici sapevano? Quanti politici han voltato la testa? Per costruire e lasciare palazzi sotto ad un ponte quanti erano d’accordo? Solo per un miracolo non è avvenuto di peggio. Che palle, fare come i bambini, gnè gnè la colpa è tua.

4.CORONAVIRUS? Ponte ricostruito in tempi record, con operai che lavoravano a ritmi giapponesi anche durante il lockdown. Ma tutta Italia non doveva stare ferma per timore del virus? C’è qualcosa che “nun me quadra”, perché al ponte Morandi si poteva lavorare e altrove no? Erano immuni? Ah motivi politici, bisogna far bella figura... Se in Italia vuoi risolvere presto e bene un problema, caro il mio Luchino, bisogna mettere insomma di mezzo la politica e sporcarsi le mani.

Progettare senza tener conto del tempo, non curare, puntare comunque sempre il dito, la politica come apparenza...brrr che brutte robe!

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