NON MI RICORDO PIU’ L’ANNO ESATTO
Come succede a
molti maschi, ho avuto un rapporto conflittuale con mio padre. Indubbio come
abbia commesso tanti errori, qualcuno anche (molto) grave, come è indubbio che
non gli ho perdonato niente. In fondo lo ringrazio, come dissi una volta al mio
analista, perché mi ha dato molto materiale su cui riflettere. Da tempo i
nostri rapporti si sono normalizzati per diventare cordiali anche se non
espansivi, giusto il necessario. Se volete fraintendere fate pure.
Non abbiamo
del resto mai parlato molto tra noi, non siamo “amici” (come vedo che capita ad
altri, soprattutto le donne con le loro mamme), se voglio confidarmi con
qualcuno vado a un amico.
Negli ultimi tempi
come ho detto comunque le cose sono migliorate, anche perché ora è molto
anziano e certi vecchi rancori non hanno più senso. Insomma, la giusta distanza
e un generico sentimento di benevolenza. Una volta… una volta però successe un
episodio particolare, diverso da tutto questo, che mi scalda il cuore quando ci
penso. Ve lo voglio raccontare, nel mio piccolo è una storia importante.
Non mi ricordo
più l’anno esatto. So che stavo con una ragazza la cui famiglia aveva la
passione del gioco delle carte. Venivo coinvolto spesso in lunghe partite che
potevano durare anche interi pomeriggi: scopa d’assi, a chiamata, tressette, qualche
volta bridge. Era quasi un vizio in quella famiglia: quante discussioni una
volta per un 5 di fiori che avevo giocato male. Si è rischiata la guerra
atomica.
Orbene, una
domenica mio padre passò quasi per caso a trovarci e venne subito invitato da
loro a partecipare ad una partita iniziata da poco.
Io tremai
dentro. Sapevo benissimo che lo stavano testando, i giocatori hanno un modo di
pensare tutto loro. E per loro se sai giocare va tutto bene, se invece non sei
capace… e io avevo visto raramente mio padre giocare. Cercavo di resistere ma
loro insistevano e alla fine mio padre accettò. Riuscii solo a mettermi in
coppia con lui, per limitare gli eventuali danni per così dire.
Contro tutte
le previsioni, vincemmo e anche abbastanza bene. Mio padre si dimostrò un
giocatore attento e consapevole, un paio di giocate anzi furono super. Ricordo
ancora le facce innervosite di cognati e suocero man mano che la partita
procedeva. Non se l’aspettavano.
Quando la
partita finì con una nostra netta vittoria, mio padre salutò tranquillamente,
prese le cose per cui era venuto e se ne andò. Io lo accompagnai alla porta
sorridendo, ero orgoglioso di lui. Orgoglio, un sentimento che si prova così
raramente.
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