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martedì 7 novembre 2017

NON MI RICORDO PIU’ L’ANNO ESATTO

Come succede a molti maschi, ho avuto un rapporto conflittuale con mio padre. Indubbio come abbia commesso tanti errori, qualcuno anche (molto) grave, come è indubbio che non gli ho perdonato niente. In fondo lo ringrazio, come dissi una volta al mio analista, perché mi ha dato molto materiale su cui riflettere. Da tempo i nostri rapporti si sono normalizzati per diventare cordiali anche se non espansivi, giusto il necessario. Se volete fraintendere fate pure.
Non abbiamo del resto mai parlato molto tra noi, non siamo “amici” (come vedo che capita ad altri, soprattutto le donne con le loro mamme), se voglio confidarmi con qualcuno vado a un amico.

Negli ultimi tempi come ho detto comunque le cose sono migliorate, anche perché ora è molto anziano e certi vecchi rancori non hanno più senso. Insomma, la giusta distanza e un generico sentimento di benevolenza. Una volta… una volta però successe un episodio particolare, diverso da tutto questo, che mi scalda il cuore quando ci penso. Ve lo voglio raccontare, nel mio piccolo è una storia importante.

Non mi ricordo più l’anno esatto. So che stavo con una ragazza la cui famiglia aveva la passione del gioco delle carte. Venivo coinvolto spesso in lunghe partite che potevano durare anche interi pomeriggi: scopa d’assi, a chiamata, tressette, qualche volta bridge. Era quasi un vizio in quella famiglia: quante discussioni una volta per un 5 di fiori che avevo giocato male. Si è rischiata la guerra atomica.

Orbene, una domenica mio padre passò quasi per caso a trovarci e venne subito invitato da loro a partecipare ad una partita iniziata da poco.
Io tremai dentro. Sapevo benissimo che lo stavano testando, i giocatori hanno un modo di pensare tutto loro. E per loro se sai giocare va tutto bene, se invece non sei capace… e io avevo visto raramente mio padre giocare. Cercavo di resistere ma loro insistevano e alla fine mio padre accettò. Riuscii solo a mettermi in coppia con lui, per limitare gli eventuali danni per così dire.

Contro tutte le previsioni, vincemmo e anche abbastanza bene. Mio padre si dimostrò un giocatore attento e consapevole, un paio di giocate anzi furono super. Ricordo ancora le facce innervosite di cognati e suocero man mano che la partita procedeva. Non se l’aspettavano.
Quando la partita finì con una nostra netta vittoria, mio padre salutò tranquillamente, prese le cose per cui era venuto e se ne andò. Io lo accompagnai alla porta sorridendo, ero orgoglioso di lui. Orgoglio, un sentimento che si prova così raramente.



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