UN MOMENTO DIFFICILE
E’
colpa mia. Lo so benissimo che le ore pomeridiane sono le peggiori, il mio
corpo funziona a rilento dopo pranzo. Ma oggi l’impegno era troppo importante,
per cui mi sono imbottito di farmaci e sono partito. Ogni tanto bisogna venire
a patti con questa malattia, la sclerosi multipla, e prepararsi ad ogni
eventualità. Io ti rispetto ma tu lasciami fare delle cose e vivere la mia vita.
E
alla fine è andata bene, sono riuscito a fare tutto (un pranzo che aspettavo da
tempo). Però guidando verso casa mi accorgo che ho sforzato troppo, ho finto
una “normalità” ormai sempre più lontana. Sono stanco morto. Decisamente,
appena torno mi sdraierò un paio d’ore sul letto. Letto mio, come ti voglio.
Guidando
come un bradipo ubriaco (alle tre del pomeriggio) e con molta cautela arrivo
sotto casa. Parcheggio nel mio posto riservato, miracolosamente libero, e mi
appresto all’ultima grande avventura lasciata all’umanità, camminare dal
parcheggio sin dentro casa mia. Forza.
Raccolgo
le ultime energie ed esco dalla vettura. Ma per estrarre la chiave, aprire la
portiera e girarmi per uscire… ci metto così tanto tempo e fatica che una
vocina dentro di me avvisa “No, hai le gambe molli. Il rischio di cadere così
come stai non è più un rischio ma una certezza. Poi saresti troppo stanco anche
solo per rialzarti, non rischiare”.
Rientro
in macchina. Il programma nella mia testolina diventa allora semplice: restare
seduto e recuperare un minimo di forze per quei 50 metri che mi separano da
casa mia. Piccole tragedie in corpi muti, come al solito.
Mi
risistemo, appoggio la testa al poggiatesta e aspetto. Chiudo gli occhi e mi
riposo. Quanto tempo ci vorrà? Non lo so. Se qualcuno mi vede fermo in
macchina? Chi se ne frega.
La
natura decide di darmi una mano e rinfresca l’aria. Si sentono dei rombi,
arriva presto un temporale. Grossi goccioloni iniziano a bagnare il parabrezza,
presto le lacrime d’acqua inondano il vetro.
Guardo
il parabrezza e penso che è un momento difficile, sospeso tra due mondi.
L’acquazzone finisce. Un bambino passa, mi indica alla mamma che con uno
strattone lo tira via.
Un’ora
ci ho messo per recuperare un minimo di forze e comunque anche così non è stato
semplice rientrare a casa. Forza, ora o mai più, non posso restare tutta la
vita in macchina.
Che
ci vuole? Ci vuole tanto e lo sai, non fare il gradasso. Ma stringo i denti e
cammino. E meno male che una vicina vedendomi arrancare con la stampella mi ha
dato una mano, aprendomi gentile la portiera dell’ascensore. Grazie, sono così
stanco che anche un piccolo aiuto è oro, fa la differenza.
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