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martedì 22 maggio 2018


UN MOMENTO DIFFICILE

E’ colpa mia. Lo so benissimo che le ore pomeridiane sono le peggiori, il mio corpo funziona a rilento dopo pranzo. Ma oggi l’impegno era troppo importante, per cui mi sono imbottito di farmaci e sono partito. Ogni tanto bisogna venire a patti con questa malattia, la sclerosi multipla, e prepararsi ad ogni eventualità. Io ti rispetto ma tu lasciami fare delle cose e vivere la mia vita.

E alla fine è andata bene, sono riuscito a fare tutto (un pranzo che aspettavo da tempo). Però guidando verso casa mi accorgo che ho sforzato troppo, ho finto una “normalità” ormai sempre più lontana. Sono stanco morto. Decisamente, appena torno mi sdraierò un paio d’ore sul letto. Letto mio, come ti voglio.

Guidando come un bradipo ubriaco (alle tre del pomeriggio) e con molta cautela arrivo sotto casa. Parcheggio nel mio posto riservato, miracolosamente libero, e mi appresto all’ultima grande avventura lasciata all’umanità, camminare dal parcheggio sin dentro casa mia. Forza.
Raccolgo le ultime energie ed esco dalla vettura. Ma per estrarre la chiave, aprire la portiera e girarmi per uscire… ci metto così tanto tempo e fatica che una vocina dentro di me avvisa “No, hai le gambe molli. Il rischio di cadere così come stai non è più un rischio ma una certezza. Poi saresti troppo stanco anche solo per rialzarti, non rischiare”.

Rientro in macchina. Il programma nella mia testolina diventa allora semplice: restare seduto e recuperare un minimo di forze per quei 50 metri che mi separano da casa mia. Piccole tragedie in corpi muti, come al solito.
Mi risistemo, appoggio la testa al poggiatesta e aspetto. Chiudo gli occhi e mi riposo. Quanto tempo ci vorrà? Non lo so. Se qualcuno mi vede fermo in macchina? Chi se ne frega.

La natura decide di darmi una mano e rinfresca l’aria. Si sentono dei rombi, arriva presto un temporale. Grossi goccioloni iniziano a bagnare il parabrezza, presto le lacrime d’acqua inondano il vetro.
Guardo il parabrezza e penso che è un momento difficile, sospeso tra due mondi. L’acquazzone finisce. Un bambino passa, mi indica alla mamma che con uno strattone lo tira via.

Un’ora ci ho messo per recuperare un minimo di forze e comunque anche così non è stato semplice rientrare a casa. Forza, ora o mai più, non posso restare tutta la vita in macchina.
Che ci vuole? Ci vuole tanto e lo sai, non fare il gradasso. Ma stringo i denti e cammino. E meno male che una vicina vedendomi arrancare con la stampella mi ha dato una mano, aprendomi gentile la portiera dell’ascensore. Grazie, sono così stanco che anche un piccolo aiuto è oro, fa la differenza.




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