LA PARETE D’ORO
Questo
non è un bagigio pubblico, è destinato a rimanere personale. Lo pubblico però solo
su questo Blog perché tanto qui siamo in quattro gatti, non c’è pericolo e voglio
che resti comunque una testimonianza. Questa notte ho avuto un sogno
inquietante.
IL
SOGNO. Mi ricordo bene come è iniziato il sogno. Come a volte capita, “sapevo”
che stavo sognando e avevo gli occhi chiusi, vedendo ovviamente solo nero. Ma
l’aria davanti alle palpebre chiuse diventava sempre più luminosa, iniziai a percepire
una luce giallina debole che poi diventava quasi d’oro. Che bello.
Sembrava
quasi che qualcuno avesse acceso una lampada alogena. Ed era come quando si alzano
gli occhi a guardare il sole con gli occhi chiusi. Pur avendo le palpebre
serrate si percepisce una luce di un colore intenso, quasi rosso (uno
scienziato mi spiegò che in quei momenti si vede il sangue che scorre nelle palpebre).
Quando
aprii gli occhi -stavo ancora sognando, quindi in realtà li tenevo ben chiusi-
vidi davanti a me una parete d’oro e su quella parete delle parole scritte in
rilievo, con caratteri d’oro su oro. La storia della mia vita, la mia strana vita. Mi venne una tale paura di leggere qualcosa sul mio futuro che
nel sogno chiusi gli occhi e la parete d’oro sparì.
INTERPRETAZIONE
DEL SOGNO. Paura di conoscere la verità. Mi pentii molto nella notte della mia
reazione emotiva di rifiuto, intrisa di vigliaccheria. Purtroppo non potevo
tornare indietro ma mi consolai pensando, come Borges, che era comunque un
sollievo sapere che da qualche parte nell’infinito questo scritto esistesse.
Certo, era ben poca cosa, avevo avuto l’occasione di leggerlo e non l’ho fatto.
Perché ho questa grande paura dentro? Da dove arriva questa vigliaccheria, questa
paura di affrontare le cose, di agire.
Soprattutto
fatti che riguardano me stesso, e questo so che è uno dei lati peggiori del mio
carattere, mi porta ad una inconcludenza che ha segnato in malo modo la mia
vita. Non mi piace ma è più forte di me. Sono inibito ad agire per me stesso.
Se il gesto riguarda invece gli altri non c’è problema, sono quasi eroico, ma
per me stesso… faccio ben poco. Tanta autoanalisi, certo, ma poi non
concretizzo mai. E non-facendo resterò povero e senza aver combinato granché. Potrei portare tanti
esempi.
Subito
mi è balzato alla mente un ricordo infantile. Forse tra tutti quello più
speciale, di certo uno tra i più antichi, quando ancora facevo fatica a parlare.
IL
RICORDO. Primavera del 1963, non dovevo avere nemmeno due anni. In un parco di
Milano giocavo con mio padre, mia madre con mia sorella appena nata era seduta
sull’erba. Vidi un albero strano in riva al fiume e chiesi a mio padre che tipo
di albero era.
Un
Salice Piangente, chiamato così perché se qualcuno gli dava un calcio, lui per
reazione lo inondava d’acqua -mio padre aveva questo tipo di humour nero, l’ho
sentito parlare così altre volte-. Non ci credi? Con scherno (non usate lo
scherno con i bambini), mio padre mi esortava a calciarlo “Provaci!”. Ricordo
che io per 2/3 volte andai vicino all’albero per un calcio ma poi tornavo
indietro impaurito. I miei genitori ridevano, mia sorella era neonata e dormiva.
INTERPRETAZIONE DEL
RICORDO: ai miei occhi, oggi lo vedo come un ricordo che camuffava la mia grande
aggressività nei confronti della sorellina appena nata. Ma anche la paura di
farle male per timore di una reazione: poi lei piange e io le prendo. Non solo,
ma vengo pure umiliato, cosa orribile per un bambino. Per cui meglio non fare
nulla. E per tutta la vita l’ho pensata così, perdendo treni e occasioni,
rimanendo anzi umiliato se ci provavo. Sentire qualcosa che non puoi esprimere,
come capisco bene questo sentimento.
Asimov una volta
scrisse che non va bene reprimere sempre l’aggressività nei bambini, ogni tanto
bisognerebbe farla esprimere liberamente. Parole sante Demostene, parole sante.
Nessun commento:
Posta un commento