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martedì 8 maggio 2018

L'ABBANDONO, IL TESTO DELL'INTERVISTA


Ecco il testo dell'intervista che ho rilasciato su ScleroWeb sul tema dell'abbandono (a leggerla ci vogliono 5 minuti :) )

Se però volete anche vedere il mio faccino -la gatta alla fine non era prevista- venite a vedermi qui

https://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.scleroweb.it%2Fit%2Finterviste-ai-medici-luca-tartaro%2F&h=ATN6SgkBtLnLxahZww9Zn4E2CJbb6y1YNDvC341zQsAiHnD_yFndBxIV_ozpjR9m-VoJP-IcyaZlnNA3LShZRvTUb2iEdgvkA48WHnRItTr-2C2VOg
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D: Luca, da quando ci siamo visti l’ultima volta su ScleroWeb sono passati circa due anni. Nel frattempo cosa è cambiato da allora e, soprattutto, come stai ?
R: Mi sento sempre un fiore (un crisantemo…). La vita va avanti come sempre, nessun cambiamento importante e già questa- per chi è nelle nostre condizioni- è una buona novità. Insomma, mi sento pronto per l’intervista. Vai.
D: Luca, prima di entrare nel cuore della problematica dell’abbandono, vorrei farti una domanda a te che sei Psicologo un po’ generica, per rompere il ghiaccio. Ad una persona viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa, quale SM, Parkinson, ma anche distrofia muscolare oppure miastenia. In che maniera, generalmente, il paziente “elabora il lutto” della malattia ? Gli schemi analitici da parte dei pazienti, pur nella diversità dei caratteri e delle patologie, sono comuni, e se lo sono, quali sono, sinteticamente ? Ti faccio notare che in questa casistica ho voluto escludere la SLA, perché lì entrano in ballo altri fattori.
R: Dopo la mazzata della diagnosi di una malattia grave, ogni persona inizia un percorso interiore più o meno tortuoso, a seconda del suo carattere e del tipo di malattia. Quanti ricordi. Ogni paziente ha iniziato quella che generalmente oggi si chiama “Elaborazione del Lutto”.
La prima fase dopo la diagnosi si è notato che è la cosiddetta “Fase dello Struzzo”, un periodo che può durare anche mesi (dipende da tanti fattori) in cui una persona non vuole nemmeno pensarci alla malattia, immagina la sua salute granitica, che la cosa non lo riguarda, che è tutto uno scherzo, un brutto sogno, che in realtà sta benissimo, i medici si sono sbagliati etc. Tanto che spesso non lo dice a nessuno e si fa finta di niente. Dalla Fase dello Struzzo ci siamo passati tutti ma prima o poi finisce. La realtà incombe, si capisce che si è veramente malati e inizia la “Fase delle Emozioni”: Rabbia, Tristezza, Sgomento, Cinismo, Paura, Cattiveria etc si alternano in un miscuglio a volte nella stessa giornata. Molti purtroppo non escono mai da questa seconda fase, che è terribile per le famiglie non solo per i malati. Ci vuole pazienza, amore e lucidità per passare alla terza fase, la “Fase della Accettazione”, in cui la persona arriva a dirsi “ok sono malato, basta però piangersi addosso, vediamo cosa posso fare per vivere la mia vita, con dei progetti, degli affetti, delle esperienze”. Vivere la propria vita insomma, malgrado la malattia. Come mi ha detto una volta una malata “ho una vita sola e la malattia voleva pure togliermi questa ma io non ci sto”. Molti confondono questa fase con la Rassegnazione e mi spiace per loro, è volere andare avanti. Anche chi ha la sm, se è capace di adattarsi, si è visto che può vivere una vita piena. E’ difficile ma non impossibile.
D: In questo quadro che peso ha l’informazione, la conoscenza della patologia ?
R: Moltissima, pensiamo solo alla disinformazione, a quanti danni può causare. Ancora oggi in certe trasmissioni a largo pubblico passa il messaggio sm=sedia a rotelle, se non peggio. Ricordo un episodio del Dr House in cui si diceva ad un giovane neodiagnosticato di sm che sarebbe morto entro 5 anni. Pazzesco. Mario, dillo anche tu che di sm non si muore…A pensar male si potrebbe insinuare che questo terrorismo mediatico serva alla raccolta fondi. Boccaccia mia statti zitta. Ai neodiagnosticati, confusi e impauriti, consiglio piuttosto di parlare con altri malati come noi più che con gli esperti. Si scopre un mondo e si impara molto di più. Insomma, seguite ScleroWeb 
D: Adesso passiamo al caso specifico della Sm. Quali sono i primi timori, le prime paure da parte del paziente, una volta che gli è stata diagnosticata la SM (o il Parkinson) ?
R: Anche qui, dipende dal suo livello di informazione, non ci sono regole precise o specifiche, psicologicamente parlando. In linea di massima si attraversano le tre fasi che ho detto prima.
D: Uno degli aspetti che un paziente, molto spesso, teme è l’abbandono. Quali sono, da parte del paziente, gli elementi che lo portano a pensare a questa situazione ?
R: Il primo abbandono è quello del proprio corpo. Noi abbiamo costruito negli anni una “immagine di sé” di noi stessi in cui il corpo riveste un ruolo fondamentale. E quando tutto cambia e lo si scopre “difettoso” molti fanno fatica ad abituarsi, pensano che non avranno più un futuro e si perdono in pensieri velenosi del tipo “Perché io, non me lo meritavo…” ecc. State attenti quando avete questo tipo di pensieri, il consiglio dello psicologo è di accantonarli. Sono consolatori ma bloccano e non fanno crescere. Pensate piuttosto a come adattarvi. Lo so che non vi piace e storcete la bocca ma non conosco per ora altre vie.
Un altro tipo di abbandono, altrettanto doloroso , è quello delle persone che ci stanno vicine. Bisogna ammetterlo con franchezza e prepararsi: con questa “spaventosa” malattia molte persone si allontaneranno da noi. Siete pronti ad avere il cuore spezzato? Quante separazioni ho notato in questi anni. Questo fa molta paura e genera amarezza ma ha un risvolto positivo: molti si allontaneranno ma non tutti. E chi rimane (qualcuno c’è sempre, fidatevi) vuol dire che aveva con noi un rapporto vero, autentico, non strumentale, capace di andare oltre. Di vero amore insomma. Ogni malato ha le sue storie da raccontare.
D: In una situazione di abbandono, gli artefici principali sono fondamentalmente due: chi abbandona e chi è abbandonato. Prima abbiamo preso in considerazione questa situazione dal punto di vista dell’ammalato. Adesso tracciamo, per grandi linee, quali elementi portano a pensare chi abbandona ad intraprendere certe strade. Alla base ci sono paure. Quali possono essere queste paure?
R: Anche qui la disinformazione gioca bruttissimi scherzi. Chi si reputa “sano” ha orrore della sedia a rotelle, della sclerosi, del futuro con una persona malata cronica, della morte. Per lui o lei è insopportabile e troppo spesso finisce per scappare, a volte prima ancora che queste cose si realizzino. Come si suol dire, a loro basta la parola. Molto amaro pensare allora a certe promesse “nella salute e nella malattia…”. E a volte non è nemmeno disinformazione sulla malattia, è che proprio non tollerano la minima ombra che possa scurire il loro futuro. In fondo non li biasimo per le loro paure, se la pensano così sono giunto alla mia personale conclusione che è meglio se ne vadano. Non tratteneteli facendo pietà, sarebbe peggio.
D: Generalmente chi emette la diagnosi di queste patologie neurodegenerative è il neurologo. Può essere lui il first aid (pronto soccorso) della situazione ? In che maniera ? Allo stato attuale i neurologi assolvono a questa funzione di first aid ?
R: A questa domanda sul first-aid dovrebbero rispondere i neurologi stessi, sono loro a comunicare le “cattive notizie” e ho visto che in genere (in genere) lo fanno con tutta la delicatezza che un essere umano può avere. Ogni malato comunque potrebbe dire la sua. Piuttosto ho notato un’altra cosa: dopo la comunicazione ufficiale troppo spesso il pz è lasciato solo a se stesso, spaesato nella sua disperazione. Non esiste il second-aid, altrettanto importante. Giusto allora che ci siano luoghi come ScleroWeb o l’Aism dove si possa informare ed essere più consapevoli su ciò che ci attende, confrontandosi con altri malati. Si impara più da loro che leggendo trattati.
D: Luca, adesso si fa un gran parlare di deficit cognitivi. Questa condizione psicologica che porta a situazioni di abbandono può essere generata dalla presenza di questi deficit cognitivi ?
R: Certo. Il deficit mentale cognitivo fa molta paura, molta. Tra le varie carognat….difficoltà che può portare la malattia è indubbio talvolta ci sia questa pesantissima croce. Ci vuole un grande amore in tutti per sopportarla.
D: Luca, fino ad adesso abbiamo parlato sommariamente dei problemi. Adesso parliamo delle soluzioni. Innanzi tutto in che maniera si può evitare un trauma pesante come quello dell’abbandono? Puoi disegnare, per sommi capi un percorso che aiuti pazienti e non ad evitare baratri mentali (ma non solo quelli) come quelli di cui ci siamo occupati oggi?
R: Non è facile ma bisogna provarci e per evitare di essere abbandonati è risaputo dalla psicoterapia e dal buon senso che occorre prendersi cura. Prendersi cura, questo sia l’ordine del giorno, di tutti i giorni. Non solo di se stessi, come prevedibile, ma anche dei rapporti umani che vogliamo salvaguardare. Coltivare l’affetto in ogni sua sfumatura e senza timore, amare e lavorare con tutte le nostre forze (finché ce le abbiamo e anche oltre). La tentazione di lasciarsi andare è forte ma occorre resistere. Un buona cosa è pensare a dei progetti insieme. Ovviamente tutto ciò non protegge da nulla, ma potremo dire a noi stessi di averci provato sul serio.
D:Luca, per finire che differenze hai notato dalla prima volta che sei stato con noi qui a ScleroWeb ?
R: Che dopo due anni non solo ScleroWeb è cresciuta ma soprattutto siete ancora in pista, avete continuato ad informare, vi prendete cura del problema, non vi arrendete. Le iniziative sono sempre tante. Bravi, pensate solo al messaggio di forza che mandate agli altri malati. Ne abbiamo tutti bisogno.

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