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martedì 5 maggio 2015


Questa poesia dell’argentino Jorge Luis Borges, composta a 82 anni quando era ormai cieco, risuona profondamente dentro di me. Esprime bene quanto a volte cerco di dire con tante parole. La trovo commovente quando all'inizio parla della "fatica magica di disfare l'universo". Dopo aver assimilato questa poesia ho capito che svegliare chi sogna è un gesto orribile, da non fare.

IL SOGNO

                    La notte impone a noi la sua fatica
                   magica. Disfare l’universo,
                   le ramificazioni senza fine
                   di effetti e cause che si perdono
                   in quell’abisso senza fondo, il tempo.
                   La notte vuole che stanotte oblii
                   il tuo nome, i tuoi avi ed il tuo sangue,
                   ogni parola umana ed ogni lacrima,
                   ciò che poté insegnarti la tua veglia,
                   l’illusorio punto dei geometri,
                   la linea, il piano, il cubo, la piramide,
                   il cilindro, la sfera, il mare, le onde,
                   la guancia sul cuscino, la freschezza
                   del lenzuolo nuovo…
                   Gli imperi, i Cesari e Shakespeare
                   e, ancora più difficile, ciò che ami.
                   Curiosamente, una pastiglia può
                   svanire il cosmo e costruire il caos.

                                                                                              (1980)


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