Questa poesia
dell’argentino Jorge Luis Borges, composta a 82 anni quando era ormai cieco,
risuona profondamente dentro di me. Esprime bene
quanto a volte cerco di dire con tante parole. La trovo commovente quando all'inizio parla della "fatica magica di disfare l'universo". Dopo aver assimilato questa poesia ho capito che svegliare chi sogna è un gesto orribile, da non fare.
IL SOGNO
La
notte impone a noi la sua fatica
magica.
Disfare l’universo,
le
ramificazioni senza fine
di
effetti e cause che si perdono
in
quell’abisso senza fondo, il tempo.
La
notte vuole che stanotte oblii
il
tuo nome, i tuoi avi ed il tuo sangue,
ogni
parola umana ed ogni lacrima,
ciò
che poté insegnarti la tua veglia,
l’illusorio
punto dei geometri,
la
linea, il piano, il cubo, la piramide,
il
cilindro, la sfera, il mare, le onde,
la
guancia sul cuscino, la freschezza
del
lenzuolo nuovo…
Gli
imperi, i Cesari e Shakespeare
e,
ancora più difficile, ciò che ami.
Curiosamente,
una pastiglia può
svanire
il cosmo e costruire il caos.
(1980)
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