DIALOGO
TRA DUE PSICOLOGI SUL PERMESSO DI SOGGIORNO
“Ehy, ho sentito che adesso lavori al Tribunale dei
Minorenni.”
“Certo, ed è un bel lavoro. Molto interessante. E
poi ci lavora gente in gambissima.”
“Immagino.”
“Però potrei dirti una cosa? Non dire Tribunale dei
Minorenni, si dice Tribunale PER i minorenni. All’inizio quando ho sbagliato mi
han fatto un cazziatone…”
“Veramente? Hii, che fiscali!”
“Guarda, bisogna stare molto attenti. In quel posto
le parole hanno un significato preciso, non si possono fare i vaghi, non è
ammesso. E’ un mondo parecchio formale.”
“E ti occupi di Adozioni?”
“Chissà perché tutti mi fanno la stessa domanda. No,
niente adozioni, io mi sono specializzato negli Articolo 31.”
“E che roba è? Il gruppo musicale?”
“Ma no, è un capitolo della legge che riguarda gli
extracomunitari.”
“Ah, trattate anche gli stranieri?”
“I minorenni stranieri ormai sono tanti. Anzi ti
dirò che in Tribunale in molti settori sono la stragrande maggioranza.”
“Quali settori? Quanti ce ne sono?”
“Una marea, non ne hai idea. Ci sono i minorenni che
compiono dei reati, quelli adottati, quelli maltrattati, quelli abbandonati,
quelli che scappano, quelli contesi, quelli rapiti, quelli in carcere minorile.
E l’eredità, e il Dna, e i clandestini, e le comunità, e chi non parla
italiano, e gli abbandoni scolastici, e quelle che restano incinte, e la droga,
e…”
“Basta basta, ho capito. Non pensavo.”
“Nemmeno io. Non solo, ma è un campo in continuo
mutamento. Ogni settimana ce n’è una nuova, bisogna tenersi aggiornati in continua.”
“E questo articolo 31 di cui ti occupi tu cosa
sarebbe?”
“Fa parte di una legge del 1998 che regolava
l’ingresso degli stranieri in Italia, oramai diventato un grosso problema.”
“I famosi barconi di clandestini.”
“Appunto. Ci volevano leggi chiare.”
“Si tratta della Bossi-Fini?
“No, quella è venuta dopo. Quella del 1998 è la
cosiddetta Turco-Napolitano.”
“Due nomi, un destino.”
“Spiritoso. Guarda, quella è una buona legge, magari
c’era qualcosina da correggere però resta molto valida. Quasi 20 anni dopo è
ancora lì che funziona. Regolava i famosi Permessi di Soggiorno e tutta la
faccenda.”
“Ah sì, ho sentito parlare di questi Permessi di
Soggiorno. Io a rumeni e albanesi li toglierei tutti. Fuori dalle balle!”
“Calmo, guarda che la Romania adesso fa parte
dell’Europa. Non hanno bisogno di permessi per circolare. L’Albania ancora no.”
“E chi sarebbe che materialmente rilascia questi
permessi? Il Tribunale?”
“No, la Questura dopo che ha svolto delle indagini.”
“Cioè la Polizia.”
“Esatto. La Questura decide quanto durano i permessi
e di che tipo sono, se di lavoro, stagionali, per cure mediche etc. Tutta la
faccenda del resto riguarda, piaccia o no, quello che viene chiamato ordine
pubblico.”
“E il Tribunale PER i minorenni in tutto questo cosa
c’entra? Non capisco ancora in cosa c’entra il tuo Tribunale, mi sembra una
faccenda che riguarda gli adulti.”
“Anche i clandestini hanno figli. In questa legge
poi c’era un articoletto, l’Art 31, che in pratica affermava che se un
minorenne extracomunitario era malato e veniva in Italia per curarsi, allora il
Tribunale per i Minorenni (e non più solo la Questura) concedeva ai genitori un
breve Permesso di Soggiorno, giusto per il tempo che il bambino si sottoponeva
alle cure. Mi sa che molti Avvocati han fatto festa quella sera, quando hanno
letto che in certi casi era in ballo il Tribunale e non più la Polizia, molto
più severa. Con un permesso di soggiorno i loro clienti potevano lavorare
regolarmente, affittare non in nero, procurarsi un pediatra per i bimbi etc.”
“Il pediatra?”
“Ovvio, se lo straniero è clandestino non può
richiedere il pediatra della mutua.”
“Ovvio un cavolo. E se un figlio di clandestini sta
male che si fa?”
“Paga il Pediatra in contanti. Oppure vanno al
Pronto Soccorso, lì sono obbligati a curarti gratis e subito, chiunque tu sia.”
“Ahhhh, ecco perché i Pronto Soccorso sono sempre
intasati.”
“Guarda, si viene a conoscenza di storie poco belle.
Non è facile essere un bambino figlio di clandestini in Italia. Noi non ce ne
rendiamo conto, vediamo solo la superficie, ma nelle città esistono tanti strati
sotterranei che sfuggono ai censimenti.”
“Ma dopo averli curati gli ospedali li denunciano,
spero.”
“No, per gli extracomunitari non sono tenuti. I
delinquenti sì, i clandestini no.”
“Ah, c’è differenza?”
“Certo che c’è. E non fare il leghista gretto,
l’emigrazione è sempre esistita.”
“Lasciam perdere, non buttiamola in politica. Ma le
scuole? Anche per frequentare quelle è necessario ai bambini il Permesso?”
“Prima una precisazione: i minorenni NON hanno
bisogno del Permesso di Soggiorno, per legge non si possono espellere. Ma i
genitori sì, e dopo i 18 anni devi comunque avere il tuo permessino.”
“E se non ce l’hai… le scuole accettano i bambini ma
denunciano i genitori.”
“No, i Presidi hanno fatto una protesta anni fa che
ha funzionato. Adesso anche i figli dei clandestini possono andare a scuola
senza timori per i genitori, i maestri non sono più in obbligo di segnalarli. ”
“Per i bambini sarà una buona cosa, non so gli
adulti.”
“Sì, molto buona per la serenità dei bambini. Frequentare
la scuola è il primo passo verso la vera integrazione. E ti dirò una cosa che
mi riguarda…”
“Dimmi.”
“Io mi incazzo sempre quando i clandestini mi
esibiscono le pagelle dei figli.”
“E perché?”
“Perché sono piene di 8, 9, 10. Io le guardo e dico
“Bravi!” ma dentro sono tutto un bollore perché ripenso alla pagella di mio
figlio, che era come la schedina del Totocalcio.”
“Eheheh, uno due ics!”
“Questi hanno fame, hanno voglia di emergere, non
danno niente per scontato. Affrontano la vita con determinazione, grinta. E
nelle classi normali ormai almeno il 50% dei bambini son stranieri.”
“Mamma mia, ai miei tempi non c’erano questi
problemi. Guarda, io forse non me ne intendo ma a me certi loro comportamenti
danno comunque assai fastidio.”
“Lo so, l’ho capito. E non sei l’unico ti assicuro.
Non c’è bisogno di essere leghisti per questo. Se lavorassi al Tribunale
Minorenni però certi fastidi sparirebbero.”
“Ne dubito. Da quello che ho capito il tuo Articolo
31 rischia di essere una porta aperta. Sei extracomunitario e hai un figlio?
Olè, ti do il Permesso di Soggiorno. Tanto chi è che appura se il bimbo sta
veramente male o se ha bisogno di stare in Italia?”
“Noi. E non è così semplice. Il Tribunale Minorenni
non è certo la Questura ma prima di emettere la sentenza fa una sua ricerca,
che si chiama istruttoria.”
“Istruttoria? E cosa sarebbe?”
“Quando si raccolgono tutti gli elementi utili prima
della decisione finale. Ed lì tadàààà! arrivo io.”
“Ah, come raccogliere l’anamnesi in campo medico. Tu
in Tribunale fai le istruttorie?”
“Sì, è il mio compito. Accolgo le famiglie che
arrivano, sento le loro storie, faccio domande, ascolto le risposte, le scrivo,
esamino cosa non va e via cantando.”
“E quante ne hai fatte?”
“Te lo giuro, non saprei dirtelo. Il bello di questo
lavoro è che ho incontrato famiglie di tutto il mondo, sudamericani
(tantissimi), africani (pochi), slavi (in diminuzione), filippini (pochi),
cinesi (sempre di più). Tanti volti, tante storie. Ti dirò che sono rimasto
stupito, è una specie di fiume, non si ferma mai.”
“E cosa raccontano?”
“Non dimenticherò mai il volto di quella ragazza
peruviana a cui negammo il permesso, o quell’arabo che si mise a piangere, o
quel filippino che cercò di baciarmi la mano, o lo sguardo che si scambiarono
dei cinesi, o quel bambino nero che aprì il cassetto e prese la mia merendina perché
aveva fame…”
“Glie l’avrai lasciata.”
“Ma certo. Ti dirò anzi che sulla scrivania adesso
tengo una scatola di fazzoletti di carta e un barattolino trasparente con
dentro degli zuccherini. I bambini si mettono a fissarli e io ho il tempo di
prendere i dati dei documenti dei genitori.”
“Ah. Chiedi anche quelle cose?”
“Certamente. Ho solo un’ora di tempo e devo
verificare come e quando i genitori sono arrivati in Italia, la loro identità, la
casa dove abitano, che nome è scritto sul citofono, il lavoro sempre in nero,
se c’è qualcuno disposto ad assumerli, i precedenti penali, se è successo
qualcosa, se e per quanto tempo resteranno in Italia, come sta il figlio, che
scuole frequenta, la conoscenza della lingua, cosa succederà in caso di
regolarizzazione etc. Ci sono mille cose da chiedere. Un’ora basta a malapena
ti dirò.”
“Ma sei matto? Secondo te come psicologo il mio
compito è fare l’inquisitore?”
“Guarda, è molto mortificante quando un magistrato
legge il tuo verbale e dice “ma tu hai chiesto quello o quest’altro?” E tu
rispondi imbarazzato “Ehmm, no”. Il tuo compito era quello di raccogliere
informazioni e non lo hai svolto bene.”
“Però scusa, c’è qualcosa che non ho capito: non hai
detto che l’art 31 era concesso per motivi di salute? Che senso ha chiedere tutte
quelle cose?”
“In effetti all’inizio era molto più semplice, solo
per gravi motivi di salute dei figli si richiedeva l’Articolo 31 e appurare
quello in fondo era piuttosto semplice. Ma
poi successe una cosa…”
“Dimmi.”
“Molti clandestini iniziarono a chiedere il Permesso
tramite Articolo 31 anche se i figli stavano benissimo.”
“E voi li avete rigettati tutti.”
“Non è così semplice. Qual è il bambino che non sta
male, veramente male, se un genitore viene allontanato? Qual è il bambino che
non si angoscia quando vede un poliziotto, sapendo che suo padre è clandestino? Quante discussioni ci sono
state.”
“Ma è pazzesco! Allora diamo il permesso a tutti
quelli che si portano un figlio in Italia, anche ai delinquenti o ai
malintenzionati! Usiamo i bambini degli irregolari!”
“Appunto. Proprio per questo le Sezioni Unite (il
tribunale più importante che c’è in Italia) hanno emesso nel 2010 delle
sentenze famose. Per farla breve in queste sentenze, molto complesse, c’era
scritto che se anche le condizioni di salute del bambino erano superabili, NON
lo erano le esigenze di ordine pubblico, per cui bisognava vagliare caso per
caso.”
“Tu le hai lette queste sentenze?”
“Sì, me le sono studiate. Se devo essere franco,
all’inizio non ci capivo un ciùfolo, usavano un linguaggio troppo tecnico che
non era il mio. Che mal di testa. Ma poi lentamente ho iniziato a capirci
qualcosa, e il succo dovrebbe essere quello che ti ho detto. E ho capito che c’era una strada
sola, verificare con scrupolo tutto. Insomma, fare molte domande.”
“Ma…come psicologo il mio compito è ascoltare, non
interrogare.”
“E infatti, io ascolto ciò che mi dicono. Dopo che
ho chiesto.”
“Io non potrei mai fare un lavoro così. Non è quello
che volevo, o per cui ho studiato.”
“Eppure è indispensabile, ed essere di formazione
uno psicologo aiuta molto. La tua disponibilità permane, cerchi un linguaggio
comune finché non lo trovi (e con gli stranieri è importante), non vuoi imporre
nulla, ascolti anche le loro richieste, sei attento al lato emotivo degli
incontri, sai leggere il body language, non trascuri i piccoli segnali che
spesso nascondono grandi storie. Essere uno psicologo aiuta, magari non conosci
il Codice, ma il cuore delle persone.”
“Ripeto, non è quello per cui ho iniziato.”
“Ti capisco, anch’io ero come te. Poi però ho capito
che se vuoi lavorare in Tribunale devi fare i conti ogni giorno con la parte di
te stesso etica, normativa, antica. Quello che una volta si chiamava Super Io.
Come te la cavi con il tuo Super io?”
“Mmm mi sa che ci dovrei lavorare sopra. Di solito
sta buono e non rompe le balle. Non lavoro come te, non sono molto a contatto
coi delinquenti.”
“Quelli che vedo non sono delinquenti o lo sono
raramente. Sono persone emigrate alla ricerca di una vita migliore, che vogliono
sinceramente integrarsi e vivere in pace, e poi ci sono i bambini, molti dei
quali nati in Italia, che non hanno alcuna colpa. Non c’è nessun motivo per
trattarli male, o freddamente.”
“Tutto bello quello che dici, ma la barca è piena.”
“Di questo io non sono sicuro. E da una buona
integrazione abbiamo tutti da guadagnarci.”
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