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venerdì 1 maggio 2015

LA PAZIENTE BELLISSIMA

Caro Psic,
sono un anonimo psicologo di campagna, che lavora in un servizio psicosociale della Lombardia, e Le scrivo angosciato ad implorare un aiuto, speranzoso in una sua risposta.
Orbene, il mio dilemma è questo: da qualche tempo ho tra i miei pazienti dell’Asl una ragazza che è arrivata per seri problemi mentali. Per usare una espressione metapsicologica ma forse più intuibile, quando è giunta da me era matta come un cavallo, con cupi deliri francamente di natura psicotica e sintomi vari che la tormentavano.
Oggi però, grazie ad un preciso sostegno farmacologico e, modestamente, grazie anche al mio aiuto specifico, si è ricompattata, ha ripreso a studiare, i deliri sono cessati e il futuro per lei si presenta se non roseo almeno sereno. Abbiamo dunque deciso di comune accordo di terminare gli incontri prima dell’estate, tanto più che il mio incarico presso l’Asl sta per scadere.
Tutto regolare dunque, se non che c’è ehmm… un problemino. Orbene: questa ragazza è bellissima. Lunghi capelli biondi, occhi verdi, profilo perfetto, corpo sinuoso. Mi creda, caro Psic, ho visto modelle più scialbe. Resta in studio un’ombra adorabile quando se ne è andata. E il pensiero che Jung e Masud Khan si scopavano le pazienti non è che mi aiuti molto. Sono confuso, lo ammetto.
Ho paura durante l’ultimo incontro, prossimo venturo, di scivolare in terribili gaffes. Tanto più, giusto per darmi il colpo di grazia finale, che questa ragazza è una artista e studia con profitto presso l’Accademia di Belle Arti. Ovvio che durante gli incontri con lei talvolta si dibatta su temi di bellezza e filosofia che in un servizio pubblico sono affrontati molto raramente (uso un eufemismo). Insomma, innamorato no, ma infatuato certamente. Mi aiuti a non commettere sbagli madornali durante l’ultimo incontro.
Anonimo Angosciato

Caro Anonimo Angosciato, c’è poco da fare. L’estate si avvicina, il contratto sta per scadere, e nuove esperienze professionali premono per entrare nella tua vita. Non resta altro che chiudere con delicatezza e decisione questo tuo momento e, stando attento a non commettere scivoloni e augurandole di trovare un ragazzo che le voglia bene (non solo perché molto bella o un’artista), inoltrarti speranzoso lungo il tuo futuro.
Rammento ancora di quanto si raccomandava agli attori del Teatro di Berlino, da me frequentato alcuni anni orsono: si suggeriva loro soprattutto di stare attenti ad un particolare, vale a dire non sbagliare l’uscita. Un momento importantissimo, insostituibile per un attore. Ma in fondo rilevante per ogni buon professionista. Essenziale per essere ricordati bene, e perché un gradevole effetto del nostro lavoro perduri.
A questo proposito, non sarebbe male, seguendo le indicazioni dell’indimenticato Antonio Semi, che il nostro anonimo si interrogasse sul suo stile personale in questi frangenti: che genere di persona è? Uno che taglia corto o che nelle ultime fasi si dilunga il più possibile? Di solito restiamo buoni amici o ci perdiamo di vista? Cose così insomma.
Per fare definitiva chiarezza ti invito in definitiva, piuttosto che ascoltare malignità sui grandi vecchi, a rileggerti il capitolo che Robert Langs dedica alla fase terminale dell’analisi nel suo ponderoso Manuale di Psicoterapia Psicoanalitica. Sono certo che rovistando tra quelle pagine potrai scovare preziosi suggerimenti per gestire al meglio queste tue difficoltà. Se poi hai ancora tempo e voglia (rara in chi assimila il voluminoso Langs sino in fondo) ti suggerisco di meditare su un film a questo proposito molto intrigante, Mephisto di Istvan Szabò.
Se infatti proprio posso avanzare un appunto al nostro anonimo, mi sembra che egli si lasci troppo invischiare dalle fasi finali di un rapporto, e che abbia ancora qualche problema irrisolto con il suo concetto di separazione. Ma sono sicuro che con il suo ottimismo e la costanza riuscirà anche a risolvere questa sua incertezza.
Del resto, come diceva il poeta “Decirse adiòs es negar la separaciòn, es decir: Hoy jugamos a separarnos, pero nos veremos manana. Los hombren inventaron el adiòs, porque se saben de algùn modo immortales, aunque se juzquen contingentes y efimeros.

Buona fortuna.

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