LA PAZIENTE BELLISSIMA
Caro Psic,
sono un anonimo psicologo di campagna, che
lavora in un servizio psicosociale della Lombardia, e Le scrivo angosciato ad
implorare un aiuto, speranzoso in una sua risposta.
Orbene, il mio dilemma è questo: da qualche
tempo ho tra i miei pazienti dell’Asl una ragazza che è arrivata per seri
problemi mentali. Per usare una espressione metapsicologica ma forse più
intuibile, quando è giunta da me era matta come un cavallo, con cupi deliri
francamente di natura psicotica e sintomi vari che la tormentavano.
Oggi però, grazie ad un preciso sostegno
farmacologico e, modestamente, grazie anche al mio aiuto specifico, si è
ricompattata, ha ripreso a studiare, i deliri sono cessati e il futuro per lei
si presenta se non roseo almeno sereno. Abbiamo dunque deciso di comune accordo
di terminare gli incontri prima dell’estate, tanto più che il mio incarico
presso l’Asl sta per scadere.
Tutto regolare dunque, se non che c’è ehmm…
un problemino. Orbene: questa ragazza è bellissima. Lunghi capelli biondi,
occhi verdi, profilo perfetto, corpo sinuoso. Mi creda, caro Psic, ho visto
modelle più scialbe. Resta in studio un’ombra adorabile quando se ne è andata.
E il pensiero che Jung e Masud Khan si scopavano le pazienti non è che mi aiuti
molto. Sono confuso, lo ammetto.
Ho paura durante l’ultimo incontro, prossimo
venturo, di scivolare in terribili gaffes. Tanto più, giusto per darmi il colpo
di grazia finale, che questa ragazza è una artista e studia con profitto presso
l’Accademia di Belle Arti. Ovvio che durante gli incontri con lei talvolta si
dibatta su temi di bellezza e filosofia che in un servizio pubblico sono
affrontati molto raramente (uso un eufemismo). Insomma, innamorato no, ma
infatuato certamente. Mi aiuti a non commettere sbagli madornali durante
l’ultimo incontro.
Anonimo
Angosciato
Caro Anonimo
Angosciato, c’è poco da fare. L’estate si avvicina, il contratto sta per
scadere, e nuove esperienze professionali premono per entrare nella tua vita.
Non resta altro che chiudere con delicatezza e decisione questo tuo momento e,
stando attento a non commettere scivoloni e augurandole di trovare un ragazzo
che le voglia bene (non solo perché molto bella o un’artista), inoltrarti
speranzoso lungo il tuo futuro.
Rammento ancora di
quanto si raccomandava agli attori del Teatro di Berlino, da me frequentato
alcuni anni orsono: si suggeriva loro soprattutto di stare attenti ad un
particolare, vale a dire non sbagliare l’uscita. Un momento importantissimo,
insostituibile per un attore. Ma in fondo rilevante per ogni buon
professionista. Essenziale per essere ricordati bene, e perché un gradevole
effetto del nostro lavoro perduri.
A questo
proposito, non sarebbe male, seguendo le indicazioni dell’indimenticato Antonio
Semi, che il nostro anonimo si interrogasse sul suo stile personale in questi
frangenti: che genere di persona è? Uno che taglia corto o che nelle ultime
fasi si dilunga il più possibile? Di solito restiamo buoni amici o ci perdiamo
di vista? Cose così insomma.
Per fare
definitiva chiarezza ti invito in definitiva, piuttosto che ascoltare malignità
sui grandi vecchi, a rileggerti il capitolo che Robert Langs dedica alla fase
terminale dell’analisi nel suo ponderoso Manuale di Psicoterapia
Psicoanalitica. Sono certo che rovistando tra quelle pagine potrai scovare
preziosi suggerimenti per gestire al meglio queste tue difficoltà. Se poi hai
ancora tempo e voglia (rara in chi assimila il voluminoso Langs sino in fondo)
ti suggerisco di meditare su un film a questo proposito molto intrigante, Mephisto di Istvan Szabò.
Se infatti proprio
posso avanzare un appunto al nostro anonimo, mi sembra che egli si lasci troppo
invischiare dalle fasi finali di un rapporto, e che abbia ancora qualche
problema irrisolto con il suo concetto di separazione. Ma sono sicuro che con
il suo ottimismo e la costanza riuscirà anche a risolvere questa sua incertezza.
Del resto, come
diceva il poeta “Decirse adiòs es negar
la separaciòn, es decir: Hoy jugamos a separarnos, pero nos veremos manana. Los hombren inventaron el adiòs, porque se saben
de algùn modo immortales, aunque se juzquen contingentes y efimeros.”
Buona
fortuna.
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