MISTERI OCEANICI
Ogni tanto nella vita ci vuole. Sto parlando di un altro viaggio di
nozze, per festeggiare qualcosa, perché si è ottenuta una promozione, perché la
moglie aspetta un altro figlio, di motivi se ne trovano sempre. In genere
quello che manca sono i soldi, ma era un momento fortunato e una sera tornai a
casa con due biglietti (che uomo imprevedibile che sono). Una sorpresa, due
settimane tutte per noi nel Mediterraneo.
In realtà ci pensavo da tempo. Proprio davanti all’ufficio una agenzia
viaggi magnificava irrinunciabili offerte speciali. Spiagge, sole, cocktail con
l’ombrellino… E in questa città è arrivato l’inverno, piovosissimo. Una
crociera… massì, perché no. Lei se lo merita. Se lo merita veramente. Per una
volta nella vita si può fare una sorpresa così.
Va bene, tutto per dire che siamo partiti una settimana fa e ormai ci
stavamo abituando alla vita di mare. Non dirò la destinazione della crociera o
la Linea per non fare pubblicità inutile, e poi sono cose nostre. Luci nel
mare. Che bello.
L’importante per la nostra storia è che ogni sera, dopo cena, invece di
partecipare allo spettacolino (mi hanno fregato la prima sera e adesso non mi
fregano più), io e mia moglie ci concedevamo una lunga passeggiata sul ponte
della grande nave, tranquilli e allacciati come due fidanzatini.
Il vento era sempre intenso, così diverso rispetto alla infuocata aria
del giorno. Spesso si cercava una sdraio in un posto riparato, e ci limitavamo
a stenderci, avvolgendoci sotto una coperta per strofinarci il naso e sentire
il rumore del mare che, come dice Paolo Conte, “non si ferma mai, neanche di
notte”.
Senza dire nulla, felici insieme.
Lei era al quarto mese e non provava più nausee. Stava bene e facevamo
spesso l’amore. Ce la stavamo godendo insomma, era proprio una seconda luna di
miele. C’era molta complicità tra di noi. Il futuro era pieno di belle cose.
Una sera parlottavo con lei appoggiato con i gomiti alla balaustra, con
il mare che scorreva sotto di me. Guardavo senza badarci tanto alle onde e
intanto si parlava dei programmi del giorno dopo. La mattina si sbarcava ad
Alessandria d’Egitto e si doveva decidere se andare a visitare le Piramidi o il
Museo del Cairo. O magari, visto che le avevamo già viste anni prima, se non
era il caso di perderci in qualche mercatino orientale. Tra le onde vidi
qualcosa.
Una sagoma scura nel mare scuro. Sfrecciava sotto il pelo dell’acqua.
Alla luce della luna un ombra passava di fianco alla nave, come una
macchia. Le luci erano fioche, non si capiva bene. L’ombra affiancava la nave,
la superava. Teneva il ritmo dei motori con facilità, dava l’idea che potesse
fare quello che voleva. Avvisai mia moglie, che si avvicinò a bordo nave. Anche
lei intravide qualcosa nell’acqua. Seguimmo con lo sguardo quella apparizione
misteriosa sino a quando divenne lontana e invisibile.
“Che cos’era?”
“Non lo so. C’è uno dell’equipaggio, aspetta che chiedo.”
“Probabilmente sarà stata un’orca. Siete stati fortunati, nel
Mediterraneo se ne vedono poche. Strano però, in questo periodo dell’anno di
solito sono più a nord.”
“Mio Dio, un’orca? Quelle bestie gigantesche?”
Da ragazzino avevo visto un film insulso, che mi aveva molto
spaventato, dal titolo “L’orca assassina” o qualcosa del genere, uscito nel
periodo in cui andavano di moda le pellicole su squali e simili. Avevo imparato
come le orche fossero mammiferi grandi come squali, feroci come e più di loro.
Perché alla fame univano l’intelligenza. Si muovevano in branchi e riuscivano a
mangiarsi addirittura le balene a morsi. Sapevo anche che in alcuni acquari
della Florida le usano negli spettacoli, ma per me solo dei pazzi potevano
rischiare la vita così.
Dopo quella notizia io e mia moglie ci sporgemmo dalla balaustra con
molta più circospezione. La motonave filava come suo solito, lasciandosi una
scia bianca dietro. Il mare scuro e freddo era lontano una ventina di metri
sotto di noi, ma conteneva dei pericoli reali. Ebbi paura in quel momento, mi
sembrava veramente di essere sospeso sopra un abisso nero.
La mia fantasia galoppava. Anzi, vista la situazione, guizzava. Forse
un branco di orche aveva deciso di colpire la nave… e certo se non si facevano
scrupoli nell’attaccare le balene magari con la sagoma di una nave potevano
confondersi… si stavano già predisponendo per un attacco… come un branco di lupi.
Immagini di un naufragio con uomini e donne caduti in mare e assaliti da mostri
dentati emersero con una spontaneità facilissima nella mia mente.
“Non c’è pericolo, vero?” (a volte il bambino che è in me si nota
subito, vorrei essere più freddo in certi momenti, svedese).
“Per le orche? No signore –il graduato sorrise, non voleva schernire,
ma rassicurare-. Non è mai stato registrato l'attacco di un'orca marina ad un
essere umano. Per qualche misteriosa ragione questo animale, gran predatore, ha
deciso di lasciare perdere l'uomo.”
“Perché?”, chiese mia moglie.
“Esattamente non glielo so dire, mi devo informare dal Comandante. So
solo che non c’è da preoccuparsi”, disse il graduato con il tono più
rassicurante possibile. Conoscevo quel tono, perché anch’io lo usavo con i miei
clienti dubbiosi.
“Solidarietà tra
mammiferi, allora”, dissi, senza rendermi conto che dicevo una corbelleria.
“Beh, signore, non
esattamente. L'orca non si fa scrupoli ad attaccare balene, delfini e foche,
che sono mammiferi pure loro. Ed un essere umano che nuota, dal basso
assomiglia pericolosamente ad una foca. Rispetto a loro in acqua siamo debolini
assai, vi assicuro.”
“E allora se
qualcuno di noi cascasse in acqua?”
“Verrebbe subito
dato l’allarme e ripescato. Anche perché il mediterraneo di notte è molto
freddo. Comunque stia tranquillo signore. In sette anni che lavoro su questa
nave non è mai successo”.
“Ma come mai se è
un orca non si vede la pinna?”
“A volte nuotano
sotto le navi, si vede che a loro ne piace il flusso.”
“Senta –disse mia
moglie con le mani sul ventre-, ho visto in un documentario che lo squalo prima
di finire una vittima fa un morso preventivo per testare quanto è buona la sua
preda. Forse per l’orca abbiamo un saporaccio.”
“Può darsi
signora, ma se devo essere sincero ne dubito. Nemmeno in tempo di carestia o
scarsità di prede c'è mai stato un attacco.”
“Forse è un patto
di reciproca non-belligeranza, l’animale teme ritorsioni… –dissi io, però mi
risposi subito da solo-. No, forse neanche questo va bene. Anche prima
dell'invenzione di armi è stato mai registrato un assalto?”
“Mai.”
“Insomma –disse
mia moglie-, malgrado l’uomo imprigioni orche per circhi acquatici, film
stupidotti e qualche volta certo ne abbia uccise, pur essendo carnivoro,
predatore e più forte di noi l’orca non ci attacca.”
“Sembra quasi che
sotto ci sia una sorta di patto segreto tra l’orca e l’uomo –dissi-. Ma poi,
chi e quando ha firmato questo patto?”
Ci fu un attimo di
silenzio. Forse avevo volato troppo con la fantasia. In ufficio mi capita
spesso, mi prendono in giro per quello.
“Non lo so, non
riesco a trovare ragioni plausibili”, conclusi sconsolato.
“Non te la
prendere, dai”, mi consolò mia moglie con una carezza.
“Scusate
–intervenne rassicurante il graduato-, state forse dimenticando un aspetto più
generale: i cetacei non attaccano mai l'uomo. Balene, delfini, orche e
compagnia amano gli uomini, accettano il contatto, non li sfuggono malgrado la
loro debolezza e la caccia che abbiamo dato loro.”
“Perdonano la
nostra crudeltà -disse mia moglie sottovoce-, che li ha portati quasi alla
estinzione. Che animali meravigliosi. Ricordo che da bambina in alcuni menù di
Riccione c'erano bistecche di delfino. E ti ricordi di Franco, il medico? –Ora
mia moglie si rivolse a me-. Quando è stato in Norvegia ha mangiato carne di
balena in un ristorante.”
“Sì, mi ricordo.
Si era stupito che fosse rossa. “C'è l'emoglobina dentro!" Ma allora –mi
rivolsi al tenentino- i casi come quello di Moby Dick?”. Mi sembrava di
ricordare che il romanzo fosse scaturito da un fatto realmente accaduto.
“Sono episodi
isolatissimi e spiegabili. Spesso il Comandante ci racconta come durante la
guerra alcune balene, confuse dai segnali radar delle navi, le attaccavano
senza rendersi bene conto di ciò che facevano.”
E così il mistero
permaneva. Perché i cetacei non attaccano l'uomo? Le balene si nutrono di
plancton e i delfini di pesci, ma le potenti orche non disdegnano certo grossi
animali. Eppure ci lasciano sempre stare. Che legame misterioso esiste tra noi
e loro? Legame che questi animali conoscono, rispettano e noi no.
“E’ un vero
mistero”, dissi.
“Beh, visto che vi
interessano i misteri, ce ne sarebbe un
altro che mi ha sempre intrigato, e che riguarda i delfini. Anzi due. Il
primo è questo: che se ne fanno i delfini del loro grande cervello, più grande
in proporzione di quello dell'essere umano?”
“Il cervello è un
organo costoso in natura”, disse mia moglie ridendo. Il tenentino se colse la
maliziosa allusione non lo diede ad intendere. A mia moglie piace fare di questi
scherzi. Ci sentivamo in vacanza.
“Certo –continuò
il graduato- e si sa che in natura ciò che è inutile viene prima o poi
eliminato. Per cui il loro cervello deve avere una funzione precisa, dato che i
delfini esistono nella forma attuale da 80 milioni di anni. Solo che non
sappiamo quale. Gli squali in fondo fanno le stesse cose dei delfini, mangiano,
crescono, cacciano, si riproducono, ma con un cervello molto più piccolo. Che
serve allora il cervello ai delfini se non hanno mani e non possono costruire
nulla? Me lo sono sempre chiesto.”
“Forse per
comunicare tra di loro.”
“Probabile, hanno
un sistema di comunicazione molto complesso –disse il graduato-. Ma allora
emerge un altro enigma.”
“Cioè cosa si
dicono?”
“No, non solo. Ce
n’è uno a mio parere ancora più grande: come mai l'essere umano non riesce a
comunicare con i delfini, che pure hanno un linguaggio preciso? Penso a
internet, ai segnali radio che avvolgono tutto il mondo, ai satelliti, roba
complicata. Si vede che la loro comunicazione è troppo ampia e complessa per
noi. Mentre ero alla Accademia di Livorno ho studiato quanto si era riuscito a
comprendere sul loro modo d'esprimersi, ma in definitiva nie…”
Il cercapersone
del tenentino si mise a squillare.
“Scusate, mi stanno cercando, vi devo salutare.
E’ stata una piacevole conversazione. Spero di esservi stato d’aiuto.
Arrivederci!” Il tenente si toccò il cappello e se ne andò con il suo passo
sicuro.
“Grazie mille.
Arrivederci!”
E così alla fine
il tenentino era più interessato ai misteri del mare di noi. Ci mettemmo a
ridere e andammo nella nostra cabina.
Quella notte,
mentre mia moglie dormiva, ripensai a quella conversazione. Spendiamo miliardi
per tentare di parlare con ET, che non sappiamo nemmeno se esiste, dov'è e che
intenzioni ha, mentre a orche e delfini -razze vicine, intelligenti e amichevoli
che potrebbero darci molto- riserviamo solo briciole. Chissà cosa si dicono.
Cosa potrebbero dirci.
Non lo so, non si
può capire tutto. E’ vero anche questo, non posso comprendere tutto. Forse
sarebbe bello capire tutto, o forse no. Magari in un’altra vita.
Misteri, misteri
che tornano e ritornano. Misteri.
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