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venerdì 5 giugno 2020


SUBBUTEO

“Tu non puoi capire. Non puoi.”
“Ma sei scemo?”
“Sei una donna. Non puoi capire. Il Subbuteo per noi ragazzini era una religione. Ogni tiro poteva essere l’ultimo, doveva essere l’ultimo. Bisognava giocare a Subbuteo concentrati al massimo, non erano ammesse distrazioni.”
“Per dare su un panno verde da quattro soldi dei tiri ad una biglia colorata come un pallone?”
“Lo vedi? Non capisci. Era in gioco l’onore, la reputazione, la vita.”
“Seeee...”
“La mia squadra di giocatori era composta solo da virtuosi. La mia specialità era il tiro a effetto, con le dita riuscivo a fare parabole da miracolo di San Gennaro. Ero il drago dell’8. Oppure il tiro a punto interrogativo, con questa forma “?”. Modestamente nessuno ha mai capito come facevo. Bisognava mettere l’unghia in un certo modo.”
“Insomma quegli omini regalavano gioia e felicità.”
“Gioia pura. Ricordo ancora quando mi regalarono a Natale tutta la squadra dell’Inter del Subbuteo colorata a mano. Ero il bambino più felice del mondo... fino al giorno funesto, in cui ne compresi l’ingiustizia profonda.”
“Che successe?”
“Uno stronzo di 20 anni senza pensarci calpestò i miei giocatori, piegandoli irreparabilmente. Io li tenevo come una reliquia e ne fui sconvolto. Lui disse “scusa” ma rideva per i fatti suoi e non se ne curò più di tanto.”
“E’ la vita, Luchino.”
“Io rimasi lì, in ginocchio e col labbro tremante, a guardare lo scempio che avevano fatto quegli scarponi. Nessuno bada alle lacrime di un bambino di 11 anni.”



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