(Seconda parte della mia avventura)
TRANSIBERIANA
C’è molto da osservare qui
a Mosca. La varietà di gente è uno spettacolo più bello di tutti i monumenti
del mondo. Le russe (purtroppo non tutte) hanno un taglio degli occhi ancora
occidentale ma tendente all'asiatico. Da gatta. Bellissimo, molto molto
intrigante. Non ho mai visto insieme tante donne così belle, delle bambole a
grandezza naturale. Le Barbie esistono. E (ora parlo da italiano) camminavano
normalmente per strada senza essere importunate da chicchessia. Poi ovvio ci
sono donnoni tipo contadina di patate della Bielorussia con bicipiti e sederoni
enormi.
L'occidente ha vinto,
il comunismo ha perso. Me ne accorgo da tanti segni ma il principale rimane
questo: l'ideale di vita è quello americano. Le scritte sono bilingui, tutti
parlottano inglese, le pubblicità sono aggressive, il guadagno è la molla di
tutto, di russo rimane sempre meno, quasi solo per i turisti. Dentro di me
comunque io sento che... sono contento di essere arrivato nella stazione
ferroviaria di Mosca. Forse davvero ce l’ho fatta. Sto per iniziare la
transiberiana, è troppo grande. Tigre transiberiana, eccoci!
Partiamo con il treno
della sera. Abbiamo prenotato per noi tre tutto uno scompartimento in seconda
classe, spartano ma c’è tutto. La famosa toilette transiberiana è molto
angusta, 1mq per 1mq, uguale alle toilette dei treni italiani con il noto
lavandino grande mezza anguria. Saranno le 22.30 e ci corichiamo in cuccetta.
Il treno mi culla, tutùm tutùm, mi addormento subito.
Risveglio collettivo
mentre all'esterno sfila un ininterrotto panorama di alberi e cielo. E’ il
momento di sguinzagliare i ragazzi per esplorare questo treno.
A mezzogiorno passa
una ragazza che nel suo cestino vende per 100 rubli (3 euro) una bottiglietta
di kvas, una sorta di chinotto leggermente alcolico molto bevuto in Russia, e
frittelle con dentro non marmellata ma carne trita e cipolla. Molto buone.
Un muro di betulle a
destra un muro di betulle a sinistra per tutto il giorno. Il treno continua la
sua corsa verso est. Attraversiamo vari fusi orari, tanto che ogni giorno dura
in media dalle 22 alle 23 ore (recupereremo tutto al ritorno con una giornata
di quasi 30 ore). Sempre betulle. Non fa freddo.
In treno l'aria
condizionata funziona a pieno regime e meno male, altrimenti questo nostro
scompartimento diventava presto una camera a gas (chi ha figli adolescenti mi
capirà).
Foreste, foreste. Semper
domestica silva. Siamo quasi a Ekaterinemburg, dove la famiglia dello zar
venne trucidata, e quindi siamo entrati in Asia! Alla stazione di
Ekaterinemburg mio figlio scende per cercare qualcosa da mangiare.
Che spettacolo le
persone nelle stazioni, vestite in 100 modi diversi. Ci sono babushke, soldati,
belle donne, famiglie occidentali e asiatiche. C'è di tutto. Abbiamo già
superato due fusi orari e non si capisce che ore sono. Comprendo l'usanza che
hanno qui sul treno di mantenere l'ora di Mosca, si evita la confusione.
Il mattino dopo noto
uno spiacevole dato. Dopo giorni di treno è inequivocabile: puzzo. Dovrò
escogitare un modo per lavarmi, non essendoci possibilità di farmi la doccia
userò le salviettine umide, ne ho portata qualcuna dietro saggio consiglio.
Dormono ancora tutti
sul vagone. E' giorno pieno ma in realtà per noi è mattino presto. Che strano
provare il jet lag su un treno. Che disorientamento questa sfasatura temporale,
non si capisce che ore sono e tutto cambia in continuazione.
Il panorama è
cambiato, siamo più a sud e si vede. Molto simile a quello italiano. Sembra di
essere nella pianura padana, campi e alberi sottili. L'aria deve essere più
calda ma non la sento, per via dell'aria condizionata i vetri sono bloccati.
C'è molto sole e il cielo è bellissimo.
Il treno si ferma una
decina di volte al giorno per soste brevi, circa un quarto d'ora o poco più.
Arriviamo dopo che è
calato il sole a Novosibirsk, cuore della Siberia e dicono la più bella
stazione del tragitto, degna di esser fotografata anzi studiata, Giacomo dorme
e Ben si rifiuta di uscire a fotografare perché è buio e ha paura di perdere la
strada al ritorno. E allora? E allora niente foto e testimonianze, rimarrò con
la curiosità. Kz!! Addio bellezza, maledizione alle mie gambe e ai giovani che
hanno tanto tempo e sciupano le occasioni.
Il treno prosegue
verso est, siamo a quasi metà strada per il Pacifico. Il paesaggio dolce sembra
quasi toscano, se non fosse per le betulle. Nel vagone ci sono due bimbe russe
biondissime sui 5 anni che vanno avanti e indietro, i loro gridolini sono
esattamente uguali ai nostri bambini, è una banalità ma pensarci mi rasserena.
Dal finestrino entra un bellissimo sole. Foresta incendiata dal sole.
Arriviamo
in serata a Zima -che in russo vuol dire inverno-, il triste capolinea per i
prigionieri confinati in Siberia. Dostojevsky è passato di qui. Siamo in agosto
ma il nome “inverno” è assai meritato
perché Giacomo, sceso a comprare delle bibite, risale dopo 2 minuti tremando
per il freddo. Vado a sentirlo pure io, metto la capoccia fuori ma subito
rimbalzo dentro per il vento ghiacciato
Siamo
arrivati quasi al confine mongolo. Il paesaggio è cambiato, si vedono grandi
prati, campi coltivati e del bestiame -il primo che vedo-. Costeggiamo un fiume
pigro che è quasi una palude, il Solenga. Spazi infiniti.
Non è più possibile
inviare sms in Italia, siamo troppo lontani e la carrozza è piena di asiatici
ora. Dovremmo arrivare presto alla frontiera russo-mongola. Si parla di soste
dalle 6 alle 11 ore. Decidiamo di riposare anche se il sole è alto. Ma dura
poco. Il treno si ferma.
Improvvisamente dopo
pochi minuti c'è agitazione e si sente "documenten! documenten!"
e tutti sono trafelati. Controlliamo i passaporti, è tutto ok ma qui la Polizia
fa paura.
Arriva l’arcigna
funzionaria russa di frontiera insieme ad un poliziotto armato e silenzioso. La
poliziotta controlla senza parlare i nostri passaporti. Fa scendere Ben dalla
cuccetta. Scruta attenta i nostri volti per vedere se corrispondono alle foto.
Strana sensazione
davanti a quella severa poliziotta. Avverto che sto passando vicino ad un
pericolo che non si vede ma è grandissimo.
Se ne va risoluta con
tutti i passaporti per mettere il visto di uscita. Poi ce li riporterà.
Ripartiamo ma per fermarci
poco dopo. Arriva la sera. É il turno della polizia mongola che ripete la
stessa trafila con i passaporti. La bella poliziotta mongola in impeccabile
uniforme scruta a lungo Giacomo e dice in inglese "Siete molto cambiato
dalla foto" (sfido, ora ha 20 anni e la barba, la foto risale a quando
ne aveva 12). Passano dei soldati con tratti orientali e dei cagnetti che
annusano da tutte le parti.
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