DEVO ANDARE
Giulietta
ha avuto una partenza terribile. All’età di due anni si ammalò di poliomielite (anche
se per fortuna non in maniera grave) e venne praticamente lasciata dai genitori
in un collegio di suore, dove rimase sino alla maggiore età. Brutto il destino
dei figli difettosi. “Non esiste amore tra le suore, sono poche e noi bambine
eravamo troppe. Quando ero malata ricordo quei cameroni con 20 letti dove mi
sentivo abbandonata. E quando a 18 anni uscii dal collegio ero timidissima, non
avevo il coraggio di alzare gli occhi e guardare nessuno in faccia.”
Eppure,
nonostante questo partire dal basso, Giulietta era riuscita a realizzare negli
anni una vita quasi normale (una casa, due bambini, un lavoro…), anche se non
sempre era andato tutto liscio, intendiamoci. Le ferite del passato si
ripresentavano e non erano state dimenticate. Aveva per esempio molti incubi che
la facevano piangere tutta la notte, tanto che ci scherzava sopra: “oh, se
stanotte mi sentite piangere non vi spaventate”.
Conobbi
Giulietta a casa di amici e incontrai una donna simpatica, tutta gasata dal
fatto che sarebbe diventata presto nonna. Uno dei suoi desideri più autentici si
realizzava. Rimanemmo a parlottare a lungo, quel sabato sera si fece tardi e
decisi di dormire sul divano.
A
notte fonda venni svegliato da qualcuno che piangeva e mi alzai nel buio. Devo
andare.
Da
ragazzo tenevo un cagnolino che talvolta aveva brutti sogni, scalciava e
mugolava. In quei casi mi avvicinavo e iniziavo ad accarezzarlo in silenzio. In
poco tempo il cagnolino si calmava e riprendeva a dormire tranquillo.
Da quella esperienza, accarezzare un animale addormentato, imparai che non bisogna svegliare (svegliare chi dorme è un atto terribile, soprattutto in questi momenti di crisi), ora non è importante capire o interpretare, la cosa migliore è semmai rassicurare e “richiudere” i varchi dell’inconscio. Capiremo dopo.
Da quella esperienza, accarezzare un animale addormentato, imparai che non bisogna svegliare (svegliare chi dorme è un atto terribile, soprattutto in questi momenti di crisi), ora non è importante capire o interpretare, la cosa migliore è semmai rassicurare e “richiudere” i varchi dell’inconscio. Capiremo dopo.
Camminai
sino alla camera di Giulietta ed entrai, stava piangendo nel sonno e intanto
diceva qualcosa che non si capiva in pieno: “no, lasciatemi stare…vi prego…no,
il dottore no!...no, no, no…” e giù lacrime. Mi sedetti sul bordo del letto e
le presi la mano, accarezzandola e rassicurandola. Non avere paura Giulietta, è
tutto finito, calma.
Ci
vollero 10 minuti e alla fine Giulietta, che non si era mai svegliata dal suo
incubo e non aveva mai aperto gli occhi, smise di piangere e si calmò. Quando
vidi che la situazione era tranquilla, le lasciai la mano e ritornai sul
divano.
Il
giorno dopo davanti al caffè Giulietta ascoltò con stupore il mio resoconto,
lei non si ricordava nulla
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