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lunedì 8 gennaio 2018

DIALETTO, LINGUA DELL’INFANZIA

Papa Francesco è un uomo intelligente. E’ riuscito ad unire grande semplicità e carisma in maniera naturale, impresa non da poco. Già si intuisce, lo dicono in tanti, che sarà un ottimo Papa. Una volta tanto la persona giusta al posto giusto.
Ieri per esempio ha invitato le giovani madri venute in Vaticano a nutrire tranquillamente al seno i propri figli qualora avessero fame. Parole semplici ma dai risvolti non banali. E se i puristi borbotteranno per una tetta in un luogo sacro, altri avranno pensato in cuor loro “finalmente”.

Tra le varie esortazioni rivolte alle mamme una mi ha colpito, quando ha loro raccomandato di parlare senza remore in dialetto ai propri bimbi. Il dialetto è la “lingua dell’amore” e riesce ad esprimere con una pienezza tutta sua i sentimenti.

E’ un invito anche questo tutt’altro che insignificante. Mi ha subito riportato alla mente quello che Gino Pagliarani, grande psicoanalista, diceva anni fa a noi giovani psicologi: “State attenti a quando un vostro paziente esce con delle frasi in dialetto. Porgete particolare attenzione e non fermatelo o tanto meno correggetelo, sta emergendo un lato profondo della persona. Il dialetto infatti è la lingua dell’infanzia, quella che apprendiamo per primi.”

Nessun linguaggio insomma come il dialetto ascoltato da bambini è così intimo e personale. Esprime tutta una gamma di emozioni potenti che abbiamo dentro, non solo l’amore: spesso quando vogliamo esprimere una volgarità o siamo inkzati il dialetto scatta in automatico.
E se ci rivolgiamo ad un bambino piccolo, senza accorgerci, tante volte gli parliamo affettuosi in dialetto. E’ proprio il primo linguaggio, un tesoro più profondo e radicato di quel che si immagina, una ricchezza che ci tornerà utile nei momenti difficili.

Io per esempio quando parlo uso quasi sempre l’italiano. A volte mi sforzo di esprimermi pure in altre lingue, come sono colto. Ma se ti parlo in dialetto…vuol dire che ti sto aprendo il cuore.





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