DIALETTO, LINGUA DELL’INFANZIA
Papa Francesco è
un uomo intelligente. E’ riuscito ad unire grande semplicità e carisma in
maniera naturale, impresa non da poco. Già si intuisce, lo dicono in tanti, che
sarà un ottimo Papa. Una volta tanto la persona giusta al posto giusto.
Ieri per esempio
ha invitato le giovani madri venute in Vaticano a nutrire tranquillamente al
seno i propri figli qualora avessero fame. Parole semplici ma dai risvolti non
banali. E se i puristi borbotteranno per una tetta in un luogo sacro, altri
avranno pensato in cuor loro “finalmente”.
Tra le varie
esortazioni rivolte alle mamme una mi ha colpito, quando ha loro raccomandato
di parlare senza remore in dialetto ai propri bimbi. Il dialetto è la “lingua
dell’amore” e riesce ad esprimere con una pienezza tutta sua i sentimenti.
E’ un invito anche
questo tutt’altro che insignificante. Mi ha subito riportato alla mente quello
che Gino Pagliarani, grande psicoanalista, diceva anni fa a noi giovani
psicologi: “State attenti a quando un vostro paziente esce con delle frasi in
dialetto. Porgete particolare attenzione e non fermatelo o tanto meno correggetelo,
sta emergendo un lato profondo della persona. Il dialetto infatti è la lingua
dell’infanzia, quella che apprendiamo per primi.”
Nessun linguaggio
insomma come il dialetto ascoltato da bambini è così intimo e personale.
Esprime tutta una gamma di emozioni potenti che abbiamo dentro, non solo l’amore:
spesso quando vogliamo esprimere una volgarità o siamo inkzati il dialetto scatta
in automatico.
E se ci
rivolgiamo ad un bambino piccolo, senza accorgerci, tante volte gli parliamo affettuosi
in dialetto. E’ proprio il primo linguaggio, un tesoro più profondo e radicato
di quel che si immagina, una ricchezza che ci tornerà utile nei momenti difficili.
Io per esempio
quando parlo uso quasi sempre l’italiano. A volte mi sforzo di esprimermi pure
in altre lingue, come sono colto. Ma se ti parlo in dialetto…vuol dire che ti
sto aprendo il cuore.
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