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sabato 6 luglio 2024

STREET FOOD

Lo street food mi da fastidio. Posso tollerare gelati e sorbetti nel lungomare o una bevanda, ma mangiare un panino per strada in mezzo alla gente mi sembra volgare. Secondo me non c'è nulla di patologico, è una conseguenza dell'educazione ricevuta. Sin da bambino infatti mi hanno insegnato a non mangiare tra i pasti "sennò ti rovini l'appetito". E quando si mangiava era seduti a tavola con gli altri, non certo stravaccati sul divano o per strada o sulle panchine.

Ovvio che, soprattutto da giovane, quando la fame mordeva, mi capitava di comperare la roba ai baracchini ma non è mai stata la regola. E la cosa se volete ha un senso profondo: cibarsi non è solo riempirsi la panza, ha un significato sociale, di comunanza, di famiglia, di vita. Quasi mistico a pensarci. "A tavola non si invecchia" dicevano i nonni, a cui avrebbe fatto orrore lo street food proprio per questo rispetto nei confronti del cibo.

Purtroppo noto che nei tempi moderni invece lo street food prolifera, al punto tale che sta cambiando la nostra vita. Nelle case le cucine sono sempre più piccole, a volte relegate nell'angolo cottura. Il concetto di "cucina abitabile" sta svanendo. E mi dicono che negli USA ormai si progettano gli appartamenti senza la cucina, una volta la stanza più frequentata della casa.

Tutto questo per dire che ai miei occhi la domanda andrebbe rovesciata.

Finisco con una nota leggera: ricordo un racconto di fantascienza letto da ragazzo che paradossalmente andava all'opposto, dal titolo "F***" (evidente commistione tra food e fuck), in cui cibarsi era un atto talmente intimo che ogni persona lo faceva da solo, come i bisogni corporali. Il cibo era diventato una parolaccia. Qualcuno riesce a ricordarsi di chi era?

Per favore, comunque vada non banalizziamo il nostro rapporto col cibo.

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