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venerdì 2 febbraio 2018

Una delle più famose poesie del “maledetto” francese Baudelaire, un ribelle amatissimo dagli adolescenti.
Il poeta è paragonato all’albatros, il grande gabbiano marino, maestoso quando vola ma goffo quando cammina a terra, sempre preso in giro dai marinai.

E se al posto di "poeta" mettiamo la parola "disabile" forse la poesia andrebbe bene lo stesso. Il messaggio allora potrebbe diventare questo: il disabile quando lo vedi da solo e ci parli è una persona amabile, simpatica, bella da incontrare.
Ma quando entra in società… spesso non si sa perché viene accantonato oppure gli si richiede il solito Freak Show, in cui non può fare qualcosa di normale. Io a volte mi sono sentito così. Dovrei proprio amare di più me stesso ma questo è un mondo difficile.

L’ALBATRO

Spesso, per divertirsi, l'equipaggio
cattura un albatro, grande uccello marino,
che segue, compagno di viaggio pigro,
il veliero che scivola sugli amari abissi.

E l'hanno appena deposto sul ponte,
che questo re dell’azzurro, impotente e vergognoso,
abbandona malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai suoi fianchi.

Questo alato viaggiatore, com’è goffo e inutile!
lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!

Il poeta è come il principe delle nuvole
che abituato alla tempesta ride dell’arciere;
ma quando viene esiliato sulla terra è deriso,
e incespica sulle sue ali troppo grandi.


(1857)

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