Una delle più
famose poesie del “maledetto” francese Baudelaire, un ribelle amatissimo dagli
adolescenti.
Il poeta è
paragonato all’albatros, il grande gabbiano marino, maestoso quando vola ma goffo
quando cammina a terra, sempre preso in giro dai marinai.
E se al posto di
"poeta" mettiamo la parola "disabile" forse la poesia
andrebbe bene lo stesso. Il messaggio allora potrebbe diventare questo: il
disabile quando lo vedi da solo e ci parli è una persona amabile, simpatica,
bella da incontrare.
Ma quando entra in
società… spesso non si sa perché viene accantonato oppure gli si richiede il solito
Freak Show, in cui non può fare qualcosa di normale. Io a volte mi sono sentito
così. Dovrei proprio amare di più me stesso ma questo è un mondo difficile.
L’ALBATRO
Spesso, per
divertirsi, l'equipaggio
cattura un
albatro, grande uccello marino,
che segue,
compagno di viaggio pigro,
il veliero che
scivola sugli amari abissi.
E l'hanno appena
deposto sul ponte,
che questo re
dell’azzurro, impotente e vergognoso,
abbandona
malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai
suoi fianchi.
Questo alato
viaggiatore, com’è goffo e inutile!
lui, poco fa
così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli
stuzzica il becco con la pipa,
un altro
scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!
Il poeta è come
il principe delle nuvole
che abituato
alla tempesta ride dell’arciere;
ma quando viene esiliato
sulla terra è deriso,
e incespica
sulle sue ali troppo grandi.
(1857)
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