UN VULCANO DENTRO LA STANZA
Emily
Dickinson ebbe una infanzia terribile. Il padre puritano non la faceva uscire
dalla sua stanza per evitare che si contaminasse col mondo (come sono cattivi
certi uomini); le comprava molti libri “ma mi prega di non leggerli perché
ha paura che scuotano la mente".
Chiusa
tra quattro mura, la piccola Emily scoprì presto di avere un mondo interiore
molto più grande, si sentiva come “un vulcano dentro la stanza” e componeva poesie
dove raccontava il suo amore per la natura e i suoi amori platonici. Aveva un
cervello affilato come un diamante che coltivò in tutta solitudine e ai tempi,
l’America dell’800, non esistevano certo tv o facebook. Il suo spirito
essenziale volava.
Ossessionata
(e ti credo) dalla purezza, ipersensibile, visse tutta la sua breve vita
relegata in camera a parti fugaci visite ai parenti. Non uscì dalla sua stanza ai
piani superiori nemmeno per il funerale dei genitori.
Dopo
la sua morte la sorella trovò nel suo comodino quasi 2000 poesie cucite con ago
e filo dentro una scatolina. Lentamente vennero pubblicate e tutti la scoprirono.
Ah
Emily, estraniata dentro una stanza, guardando il mondo dalla finestra, con un
mondo interiore vivo ma immersa in una realtà miserabile, come ti capisco. In molti
malati siamo diventati così. Come cantano i Pink Floyd, dopo tutti questi anni,
dopo tutto questo girare alla fine cosa abbiamo trovato? “Le stesse vecchie
paure”.
Annoda i lacci alla mia Vita, Signore,
Poi, sarò pronta ad andare!
Solo un'occhiata ai Cavalli -
In fretta! Potrà bastare!
.....
Addio alla vita che ho vissuto
E al mondo che ho conosciuto
E bacia le colline, per me, basta una
volta
Ora - sono pronta ad andare
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