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martedì 13 febbraio 2018

UN VULCANO DENTRO LA STANZA

Emily Dickinson ebbe una infanzia terribile. Il padre puritano non la faceva uscire dalla sua stanza per evitare che si contaminasse col mondo (come sono cattivi certi uomini); le comprava molti libri “ma mi prega di non leggerli perché ha paura che scuotano la mente".

Chiusa tra quattro mura, la piccola Emily scoprì presto di avere un mondo interiore molto più grande, si sentiva come “un vulcano dentro la stanza” e componeva poesie dove raccontava il suo amore per la natura e i suoi amori platonici. Aveva un cervello affilato come un diamante che coltivò in tutta solitudine e ai tempi, l’America dell’800, non esistevano certo tv o facebook. Il suo spirito essenziale volava.

Ossessionata (e ti credo) dalla purezza, ipersensibile, visse tutta la sua breve vita relegata in camera a parti fugaci visite ai parenti. Non uscì dalla sua stanza ai piani superiori nemmeno per il funerale dei genitori.
Dopo la sua morte la sorella trovò nel suo comodino quasi 2000 poesie cucite con ago e filo dentro una scatolina. Lentamente vennero pubblicate e tutti la scoprirono.

Ah Emily, estraniata dentro una stanza, guardando il mondo dalla finestra, con un mondo interiore vivo ma immersa in una realtà miserabile, come ti capisco. In molti malati siamo diventati così. Come cantano i Pink Floyd, dopo tutti questi anni, dopo tutto questo girare alla fine cosa abbiamo trovato? “Le stesse vecchie paure”.

Annoda i lacci alla mia Vita, Signore,
Poi, sarò pronta ad andare!
Solo un'occhiata ai Cavalli -
In fretta! Potrà bastare!
.....
Addio alla vita che ho vissuto
E al mondo che ho conosciuto
E bacia le colline, per me, basta una volta
Ora - sono pronta ad andare



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