HO FAME
“Buongiorno
Dottore, sono il giornalista inviato dalla redazione. Lei ha una storia per noi.”
“Ah buongiorno,
è lei. Sì, sono il Dottor Carboni, quello che stamattina vi ha chiamato. In
effetti avrei una storia da raccontarvi.”
“Benissimo dottore,
noi siamo affamati di storie. E’ qualcosa legato a questo ospedale?”
“Esatto, ci
lavoro da più di venti anni e non mi era mai capitata una vicenda del genere di
cui sono stato un testimone diretto e le assicuro che in quei momenti
nonostante la mia esperienza sudavo freddo.”
“Al telefono
ci ha detto di venire direttamente da lei e che la questione era delicata.”
“Delicatissima.
Potenzialmente anzi esplosiva, potrebbe creare molte polemiche. Dopo averla
ascoltata capirà. E vorremmo divulgarla noi prima che qualcuno come si dice
esageri la storia.”
“Mi scusi
dottore, ma è un fatto di sangue? Legato magari a quell’omicida ricoverato da
voi la settimana scorsa?”
“Ma no, che
dice. Per certi versi questo lo rende però ancora più inquietante.”
“Ah peccato…. Prima
di cominciare, dottore, vorrei sapere la situazione sulla privacy. Sa, abbiamo
attraversato tanti di quei pasticci...”
“Nessun
problema, la persona era sotto la nostra giurisdizione. Ho poco fa discusso con
la Direzione dell’Ospedale che ha autorizzato anzi esortato questa intervista
per i motivi che le ho detto prima.”
“Cosa è
successo? Aspetti che aziono il registratore…Ecco qua, pronto, parli pure. Che
ne dice se all’inizio si presenta?”
“Buongiorno a
tutti, sono il dottor Artemisio Carboni, medico dell’ospedale locale. Ieri
domenica ero di turno e, come si suol dire, c’era la classica routine delle
visite dei parenti.”
“Niente di
speciale quindi. Di solito che succede?”
“Si gira per i
vari reparti e ci si mostra rassicuranti, rimandando tutte le decisioni
importanti al giorno dopo. Verso le 14 però vengo chiamato dagli infermieri con
una certa urgenza, stava succedendo un trambusto nelle stanze dell’obitorio.”
“Dove tenete i
pazienti morti?”
“Non molto
delicato dirlo così ma purtroppo è la vita di un ospedale. Le camere mortuarie
si trovano nel sotterraneo C e sono molto attrezzate per ogni evenienza. Non molto
grande ma c’è comunque una Cappella per le funzioni religiose e varie camere mortuarie
dove collocare i defunti prima della loro inumazione.”
“I morti sono
già nella bara?”
“Sì. E’ il
destino di tutti noi. Per legge devono passare almeno 24 ore tra il decesso e
la sepoltura (per noi in media sono 48), un periodo di tempo in cui tutti i parenti
vengono a trovare il loro caro per l’estremo saluto. Proprio in una di queste
camere, di solito luoghi di dolore dove vige silenzio e rispetto, è successo il
fatto cui le accennavo.”
“Ci dica,
dottore.”
“Molti parenti
stavano pregando e dando il loro saluto ad un anziano di 92 anni morto il
giorno prima. Stavano recitando il rosario quando improvvisamente la salma ha
aperto gli occhi, si è appoggiata sui gomiti e ha detto: “Ho fame. Voglio pane
e salame.” Poi è uscita dalla bara. Delle donne si sono messe a gridare e
alcune sono svenute. E’ successo un trambusto ma siam subito intervenuti e dato
le prime cure alle signore. Poi io stesso mi son occupato dell’anziano, che nel
frattempo si era seduto e si guardava il vestito bello, e gli ho misurato tutti
i parametri normali, trovandoli regolari.”
“Si vede che
non era ancora morto.”
“Questo non è pensabile,
ecco perché sudavo freddo. E’ scientificamente impossibile. Le procedure per
constatare un decesso sono piuttosto rigorose e da noi vengono applicate con
particolare scrupolo. Io stesso ho controllato stamane la sua cartella. Nessuna
mancanza. Anzi, c’erano fenomeni inequivocabili legati ad un decesso, non si
era trattato di un caso di morte apparente.”
“Brevemente
Dottor Carboni, qual è la procedura in questi casi?”
“Brevemente: l’accertamento
del decesso di una persona segue una procedura standard in cui si esaminano tre
funzioni vitali, quella cardiaca, quella respiratoria e soprattutto quella
cerebrale. Tutte e tre queste funzioni nel soggetto in questione erano cessate,
mancava ogni riflesso. Anzi era già iniziato, vista la sua età avanzata, il
degrado della salma, inequivocabile segno del fatto che ci troviamo davanti ad
un cadavere. L’ospedale insomma ha eseguito a norma ogni passaggio e sia chiaro,
sia molto chiaro, che declina ogni responsabilità.”
“Eppure
qualcosa deve essere successo.”
“Le posso dire
che questi ritorni alla vita post mortem sono casi rarissimi. Incredibile poi, con
un processo di putrefazione già in atto… Io stesso, pur avendone sentito
parlare, non ne avevo mai visto uno. E sono medico da 27 anni.”
“Si può vedere
questa persona? Vorremmo farle delle domande sulla sua esperienza.”
“No, dopo il
suo risveglio è stato subito ricoverato per precauzione in Terapia Intensiva,
in un settore isolato e sterilizzato. Stamane sono passato a trovarlo e le
posso dire che era tranquillo e silenzioso. Aveva lo sguardo perso nel vuoto,
chissà a cosa stava pensando.”
“Dottor
Carboni, ma lei invece che ne pensa?”
“Questi eventi
mi hanno fatto riflettere molto. Mi è venuto in mente quello che ripeteva un
vecchio Professore quando dopo aver provato di tutto vedevo un paziente
sfuggirmi dalle mani. Mi metteva la mano sulla spalla e diceva: “Credo che ognuno
di noi ha un destino”. E non si sfugge al proprio destino, si vede che per quell’anziano
la sua ora non era ancora arrivata. Non riesco a comprenderlo ma la vita… la
vita a volte è stupefacente e non va come vorremmo noi.”
“Proprio non
si può vedere?”
“Quando uscirà
dalla Terapia Intensiva potrà parlare con lui.”
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