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domenica 20 agosto 2017

UN RICORDO DI INFANZIA DI SIGMUND FREUD

“Perché sei triste, papà?’”
“Niente, Sigi. Niente. Dammi la mano, oggi al parco è una bellissima giornata.”
“Hai gli occhi tristi.”
“Mi era venuta in mente una cosa. Vieni, andiamo a prendere il gelato. Magari dopo facciamo un giro sulla ruota panoramica, così vediamo tutta Vienna.”
“Cos’è che hai pensato?”
“Ma niente, ho visto un ragazzo che indossava un bel cappello di pelo e mi è venuto in mente che anch’io da giovanotto portavo un cappello simile.”
“E dov’è? Posso vederlo?”
“No, non c’è più. Si era sporcato e l’ho buttato via. Eh Sigi, ragazzo mio, oggi le cose vanno molto meglio per noi ebrei ma una volta non era così.”
“In che senso?”
“Un giorno… un giorno passai con quel berretto nuovo di pelliccia davanti ad una birreria dove c’erano dei ragazzotti mezzi ubriachi.”
“Degli shmucks?”
“Non dire brutte parole. Ero ben vestito e pensavo di passare inosservato ma uno di loro mi ha riconosciuto. Arriva e mi dice ”Giù dal marciapiede, ebreo!” e con un colpo mi butta il cappello nel fango.”
“E tu cos’hai fatto?”
“Sono sceso in strada e l’ho raccolto, che altro potevo fare?”
“Ma non hai detto niente?”
“No, Sigi, erano altri tempi. Non era come oggi, ti assicuro.”
“Ma tu sei grande e forte!”
“In quei momenti si diventa un po’ vigliacchi ma è più importante sopravvivere. Dammi la mano Sigi e non guardarmi così. Un giorno capirai.”
“Io… io voglio essere diverso, papà. Voglio essere un guerriero!”
“Veramente? Te lo auguro. Dio ti benedica, figlio mio.”


(Vienna, 1867)

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