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domenica 7 agosto 2016

REUNION 


(prima parte)

Firulì firulà!
Ancora questa suoneria del cellulare? Ma non l’avevo messo sotto carica? Boh, avrò sbagliato qualcosa, sempre più svampito. Sarà l’età.
“Sono pronto, chi parla?”
“Noooo Luca!! Finalmente ti ho trovato! Sei veramente tu?”
“Sono il suo fratello gemello. Lasci pure detto a me.”
Quando sento una domanda sciocca scatta la risposta sarcastica. So che è maleducazione ma vado in automatico. In quel caso però evitai di fare troppo l’ironico, la voce era di donna e si sa che a noi maschietti basta poco. Pochissimo.
“No Luca, dai non prendermi in giro, ho riconosciuto subito la tua voce! Sono io, sono Claudia!”
Non c’è nessuna Claudia nella mia agenda telefonica e un poco mi dispiaceva, perché la donna aveva una voce simpatica. Forse l’avevo conosciuta in un’altra vita.
“Claudia De Noves?”
“Ma nooo, Claudia, sono quella coi capelli rossi che sciava sempre!”
Capeli ros….Sì! Ecco chi era Claudia! Ora mi ricordavo di lei!
“Claudia, la moglie di Sergio?”
“No prego, ex moglie. E mi secca essere ricordata come la ex moglie di Sergio.”
Dalle nebbie del tempo emerse la sua foto. Un peperino coi capelli rossi che rispondeva No ad ogni domanda. Ma saranno stati oddio….più di 20 anni che non avevo con lei alcun contatto, soprattutto dopo il suo matrimonio e un paio di figli.
“Claudia.. sì. Adesso mi ricordo, mi ricordo bene di te. E’ una…anzi due vite che non ci vediamo!”
“No dai, adesso non esagerare. Lo so che la vecchia compagnia si è sciolta e ci siamo un po’ tutti persi di vista. Quante ne abbiamo combinate, ti ricordi?”
“Eh bei tempi. Ricordo quand…”
“No, alt! Non iniziare adesso coi ricordi! Anch’io me li rammento gli Strunz-brothers, che ti credi? Che ne dici se ci rivediamo?”
“Noi due?”
“Sì sì no no. La vecchia compagnia, tutti insieme!”
“Per un attimo mi avevi illuso, Claudia. Eri la più bona del mazzo.”
“Non capisco. Sai che son sempre stata tonta.”
“Finta tonta, da quel che ricordo. D’accordo, mi va di rivedere la vecchia cumpa. Quando si combina?”
“Non ti preoccupare. Li ho già sentiti quasi tutti, mancavi solo tu e Giaguaro. Ci vediamo sabato sera al solito posto. Ho controllato, c’è ancora.”
“Il vecchio Giaguaro, non l’hanno messo dentro allora.”
“No, è uscito da poco.”
“Vecchio pirata, mi farà piacere rivederlo. Ma sabato è dopodomani! Così presto?”
“E perché no? Certe cose vanno fatte subito. Non ti ricordi il nostro motto? Era una parola sola.”
“Certo che lo ricordo: ORA. Anche perché in latino significa “prega” e andava bene lo stesso. Va bene allora, dai, ci vediamo sabato sera.”
 “Niente mogli e figli mi raccomando, sarà una cosa tra noi come tanti anni fa, d’accordo?”
“Obbedisco.”

Quando riattaccai il telefono provai una sensazione antica. Il passato ritornò come un’onda e mi travolse. Per un attimo dimenticai dov’ero. I vecchi amici della compagnia. 20 anni dopo. Quante cose ci saranno da raccontare. Chissà come siamo diventati.
Ah la giovinezza…in fondo non è mai passata. Ma dentro siamo rimasti uguali o siamo cambiati?
L’unico modo per scoprirlo è andare all’incontro. Ma quando ho aperto la porta del ristorante… è stata veramente una sorpresa.


(fine prima parte)

(seconda parte)

Lo dico subito così me lo levo dalla testa ed è un pensiero per voi giovani, che leggete queste righe col sorrisino e fate tanto i superiori, del tipo “a me non capiterà mai”.
Anche se non ne capisco esattamente il motivo, dovete sapere che arriva una certa età nella vita (diciamo dopo i 50) in cui diventa inevitabile cedere ogni tanto alla nostalgia. E ricordare e voler rivivere i propri 20 anni, malgrado i “mai più!!” di allora. Ai tempi spesso erano accaduti episodi non proprio simpatici.

Ma anche in questi casi arriva la nostalgia. Inspiegabile ma arriva. Nostalgia canaglia come cantava Albano. Fai un sogno, vedi una vecchia pubblicità, incontri un ragazzotto simile a….e ti ritrovi a pensare “ma lui dove è finito?” (non certo Albano ma quel tuo vecchio amico).
E allora vai di incontri tra compagni di scuola, squadre di calcio, ex fidanzate, gruppi musicali sciolti nel Giurassico, ex commilitoni della Legione Straniera, bande di scorribande etc. Dipende da quello che avete fatto da ragazzi. Non l’avrei mai detto ma succede. Sembrava a guardarla sabbia ormai fredda e invece c’era ancora qualcosa di caldo sotto la cenere.

Torniamo a quel giorno. Varcando la porta del ristorante li riconobbi subito. Era un gruppetto di 50enni con facce note che scherzavano seduti intorno ad un tavolo. Sono loro, li saluto.
Ma non sono loro. Spero che tanti anni di impassibilità professionale mi siano serviti perché per qualcuno il tempo era stato buono e per altri meno, sia per gli uomini che per le donne. Mentre mi avvicinavo mi colse una piccola angoscia. Anch’io sono diventato così?
Ma chi se ne frega. Quelle situazioni hanno un lato buono: non c’è tempo per riflessioni filosofiche, era tutto un abbracciarsi un sorridersi, quanto tempo oddio ma sei proprio tu come stai che bello rivederti raccontami. E vecchi amici che si rivedono dopo tanti anni ne hanno di robe da dirsi vi assicuro.

“Come stai, Luca?” E ti ritrovi a raccontare la tua vita in sintesi. Tutti volevano sapere di me ma senza curiosità morbosa, percepivo un affetto sincero. E ti rendi conto che in fondo le cose che contano sono sempre quelle: i figli, la casa, la salute, il lavoro… Quanto tempo abbiamo perso. Ci siamo tutti?
Improvvisamente sento qualcuno che mi chiama alle spalle: “VECCHIO FROCIO!”
Ci metto qualche secondo per realizzare, poi dico piano: “una voce così del cazzo non può che essere quella di Giaguaro…”. Mi volto ed era proprio lui.

(fine seconda parte)
REUNION (terza parte)
“Non ci posso credere! Giaguaro!”
Gli tendo la mano ma lui va oltre e mi abbraccia. E io sotto le luci di quel ristorante non ci penso un attimo e ricambio l’abbraccio, gli bacio anche la spalla E’ un momento commovente. Da 20….25 anni non lo vedevo.
“Vecchio frocione, vien qua che non ti mollo più!”
“Che bello ritrovarti, Giaguaro. Ti pensavo dentro.”
“Sono pulito e liscio come la pelle di un bambino, tesoro. Ho pagato tutto e adesso mi godo la libertà. Non apprezza la libertà chi non prova la galera!”
Giaguaro… da ragazzi io e lui eravamo amicissimi, poi incominciò a tirare di cocaina ed entrò in un brutto giro. Mi chiese soldi che ovviamente non mi ha mai restituito (la polvere è un vizio costoso), litigammo furiosamente e le nostre strade si divisero ma da ragazzi era il mio migliore amico. E non l’ho mai veramente dimenticato, in questi anni nei giornali a volte cercavo il suo nome.
“Giaguaro, come stai? Sei diventato bello tracagnotto ma sei sempre tu. E cosa hai fatto alla tempia?” Evitai di dirgli che mi sembrava deformata, ma forse erano le luci.
“Souvenir d’Italy, caro il mio. Ho litigato con un russo a San Vittore che mi ha colpito con un ferro da stiro. Mi ha fatto l’elettroshock!”
“Sembra un tatuaggio, è tutto rosso.”
“Ne ho altri 11 addosso di tatuaggi, uno più uno meno...”
“Bello il geco sul collo, ma ha un significato?”
“Ma va, è solo di bellezza. Le sue zampine sono più forzute di quel che sembrano. Favoloso, no? ”
Mi accorsi subito che stava mentendo ma avrà avuto i suoi motivi. In questo era rimasto uguale, trasparente come quando aveva 20 anni.
“Strana bellezza.”
“E tu allora, niente tatù? Sei ancora un quaderno bianco?”
“Ne ho uno piccino sul polpaccio.”
“Uh, non osare troppo, mi raccomando!”
Din don dan! Il cellulare di Giaguaro squilla anzi scampanella.
“Ciao bella, ma ciao….sì sì pensavo a te…come sta la patata? Sempre calda? Son qui con degli amici, dopo passo e te lo butto. Cià…sì cià ciao…” E riattacca come se niente fosse.
“Giaguaro, sei più pieno di donne adesso di tanti anni fa.”
“Questa zoccolina ha un culo che resuscita i morti credimi. Ma il vecchio Giaguaro sa come trattarla. Non era multiorgasmica prima di incontrare me!”
“Delicatissimo.”
“Prima mi hai chiesto della mia fronte ma anche tu non è che stai combinato bene. Cosa hai fatto alla gamba?”
“Mi sono ammalato. A differenza di te ho fatto tutto da solo.”
“Ma che da solo e da solo. La Dea della Sfiga ti ha baciato eh? E uso questo verbo perché sono un signore!”
“Son diventato un catorcio, Giaguaro.”
“Ma non dire stupidate, vecchio frocio. Dopo vieni con me, ti faccio conoscere una amica della zoccolina che ti fa passare tutte le paturnie. Però mi raccomando, non ti innamorare eh?”
“Ma bisogna pagare?”
“E un regalino non glielo vuoi dare? E non fare il tirchio!”
“Ti ricordo che mi devi ancora dei soldi.”
Qui Giaguaro fece una faccia offesissima. “Pensi che me ne sono dimenticato? Ma allora non ti fidi di me!”
“Sai com’è, l’esperienza…”
“Presto te li restituisco. Anzi, guarda, la settimana prossima chiudo un affare e ti ridò tutto. E se mi presti la stessa cifra quando te li ridò facciamo cifra tonda!”
“Ahò Giaguaro, ci rivediamo per 5 minuti dopo 20 anni e già mi chiedi dei soldi?”
“E ti lamenti? Non cambi mai, Luca! Ma ti voglio bene lo stesso!”
(quarta parte)

“Oi voi due, non vi isolate! Giaguaro, vieni a salutare anche noi!”
Al richiamo della comitiva dei vecchi amici Giaguaro rispose subito. Con uno scatto degno dei tempi migliori allargò le braccia ed esclamò: “Quanta bella gente! Ragazzi, che bello rivedervi! E voi ragazze…siete sempre più belle! Avete fatto un patto col diavolo. Ma dove siete state?” E baciò senza pudore le mani di tutte. Non me lo ricordavo così galante.
“Dove sei stato tu Giaguaro…”
“Ah io ero in villeggiatura, mia cara.”
“Dai, siediti qua con noi!”
“Se aprite la bottiglia di quel Barbaresco sono con voi. Ah, vini così buoni me li sognavo…”
La vitalità di Giaguaro diede il colpo finale alla Reunion della vecchia compagnia. Già eravamo gasati di nostro ma il suo arrivo monopolizzò l’incontro. Soprattutto notai che le fanciulle (che bello vedere madri di tre figli che ritornano fanciulle) lo circondavano e ascoltavano con gridolini i suoi aneddoti.

E mentre Giaguaro insegnava a tutti il famoso “sguardo da carcerato”, che aveva imparato da un assassino, io parlavo tranquillo con Franco, un manager della (non si può dire) ormai calvo. Passammo una piacevolissima serata e presto finì col raccontarmi dei suoi viaggi in Thailandia, dove tornava ogni anno. Aveva adottato un elefante che ormai lo riconosceva e insieme a lui vagava per la giungla. Solo questo lo rilassava, nella sua azienda licenziavano i manager sopra i 55 anni ed era uno stress continuo.
Io lo ascoltavo e intanto arrotolavo un tovagliolo. Alla fine lo dissi.
“Mmmm Franco, saresti il primo ad andare in Thailandia per questo. Sai che in Thailandia gli italiani ci ritornano di solito per due cose: l’eroina o il turismo sessuale. Sei sempre sposato con Mariangela?”
“Lo sono sempre. Abbiamo due figli splendidi. Non insinuare.”
“Era una donna forte. A proposito, non la vedo.”
“Non è voluta venire, è a casa con i bambini. Dice che vi ha sempre detestato tutti. Ma forse per te farà una eccezione. Non sei mai venuto a casa nostra.”
“Se Yoko Ono dà il permesso vengo presto. Così mi fai vedere la foto dell’elefante.”

“Spiritoso. Luca non sei cambiato, rompi sempre i coglioni come tanti anni fa. Non sei riuscito a cambiarlo questo kz di carattere? Eppure mi han detto che fai lo psicologo.”
“Scusa Franco, ma solo io devo cambiare? Guarda Giaguaro –che stava intrattenendo almeno 10 persone-. Si vede che si è sparato un pippotto di coca prima di entrare qua, dillo a lui di cambiare!”
Franco si grattò il mento. “Eh, la droga è stata la rovina della nostra generazione. E pensare che da ragazzi l’aspirina nella coca cola era il massimo… Ma saranno fatti suoi no?”
“Questo è vero –sospirai-, questo è vero.”
“Sai qual è la verità, Luca? Guardiamoci intorno. La verità è che nessuno di noi è cambiato dentro, anche dopo tanti anni. Guarda Emanuele –e indicò uno che ascoltava Giaguaro senza dire niente-, è rimasto timido come tanti anni fa. E Fabio? –ne indicò un altro- Guarda come si avventa sul cibo. Come fa a restare così magro non lo so.”
“Mi sa che hai ragione. L’ultimo ricordo che avevo di lui era che si stava sbranando una pizza. Sì, il tempo non ci ha cambiato. Ma secondo te anche per le donne è così?”

“Forse per loro la faccenda è diversa. Hai sentito Claudia?”
“E stata lei ad invitarmi qui stasera.”
“E la storia che avevate avuto da ragazzi?”
“E’ acqua passata, Franco, non macina più. Non mi far ricordare. Oddio, ho paura che mi sta venendo la sbornia triste. Questo Barbaresco è terribile. Ho bisogno di un caffè.”
“Cameriereeee, porti al mio amico un caffè doppio!”
Giaguaro mi arrivò alle spalle, mi alzò dalla sedia e gridò: “Macché caffè, doppio e triplo e corrotto. Ci penso io al Luca! So io cosa ci vuole per lui!”
“Lasciami stare! Mi alzo da solo!”
“Dai, usciamo, che ti porto in un posto speciale!”
“Dove?”
Mi prese sottobraccio così, senza chiedermi il permesso, e uscimmo abbracciati dal ristorante. Io barcollavo un po’ per via del Barbaresco. Non avevo nemmeno salutato tutti.
“Dove mi stai portando, Giaguaro?”.

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