LA NONNA ETIOPE
Una delle
trasformazioni più stupefacenti della mia vita l’ho vista lavorando in
Tribunale.
Dovete sapere che
qualche anno fa, la faccio breve, una donna dell’Etiopia -che era venuta in
Italia per lavorare- si innamorò di un italiano, ebbero un figlio ma poi questo
la mollò all’improvviso con una bambina piccola (quanti uomini così che ho incontrato
in questi anni, non ci si abitua, ogni volta è un dispiacere). E’ una vecchia
storia ma il dolore è sempre nuovo.
Rimasta sola con una
bambina piccola, disperata e con pochi soldi, la donna chiamò sua madre in Etiopia
e la implorò perché venisse ad aiutarla. La nonna avrebbe badato alla nipotina
mentre lei lavorava e si rimetteva a posto.
La supplicò e alla
fine la nonna si convinse e prese l’aereo da Addis Abeba sino a Milano. Non
riesco nemmeno ad immaginare il suo spaesamento quando dall’Africa sbarcò in
poche ore in Europa, tutto doveva essere terribile e nuovo ma se ho imparato
qualcosa in questi anni è che le donne per gli affetti attraversano un oceano.
Comunque, anche se
stava sempre in casa a badare alla nipotina e dare una mano alla figlia, aveva
bisogno del Permesso di Soggiorno per stare tranquilla e fu così che la vidi
nel Tribunale Minorenni dove lavoro. La prima volta che la incontrai ricordo
una donna mite, avvolta nel velo, occhi bassi e voce fievole. Ogni volta che
diceva qualcosa nel suo stentatissimo italiano prima chiedeva scusa e si
prostrava, era evidentemente intimorita e forse abituata a comportarsi così.
“Il femminismo nel
suo paese non è passato nemmeno di notte in bicicletta”, pensavo. Non c’erano
certo problemi di ordine pubblico con lei e negli anni seguenti ogni tanto la vedevo
per un rinnovo. Non erano mussulmani bensì copti. Fortunatamente il suo
italiano ogni volta migliorava e si poteva chiacchierare più facilmente.
L’ultima volta che
la incontrai ebbi uno shock. La figlia si era nel frattempo trovata un nuovo
fidanzato, sarebbe andata a vivere con lui per cui di lei non c’era in teoria
più alcun bisogno.
Quando la vidi entrare
in ufficio però rimasi a bocca aperta. Via il velo, capigliatura leonina, jeans
aderenti e maglione attillato con su scritto Aloha!, tacchi e trucco. Una
50enne sorridente e spigliata, irriconoscibile. La figlia espose la sua nuova
situazione e lei esclamò: “ Bene, il mio dovere di nonna l’ho fatto! Ora sono
libera!” E se ne andò allegra, facendo svolazzare la sua borsetta. Ed erano
passati solo pochi anni.
Allora è vero, tutto
può cambiare, non è mai troppo tardi per la libertà.
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