Visualizzazioni totali

martedì 23 agosto 2016

LA NONNA ETIOPE

Una delle trasformazioni più stupefacenti della mia vita l’ho vista lavorando in Tribunale.
Dovete sapere che qualche anno fa, la faccio breve, una donna dell’Etiopia -che era venuta in Italia per lavorare- si innamorò di un italiano, ebbero un figlio ma poi questo la mollò all’improvviso con una bambina piccola (quanti uomini così che ho incontrato in questi anni, non ci si abitua, ogni volta è un dispiacere). E’ una vecchia storia ma il dolore è sempre nuovo.
Rimasta sola con una bambina piccola, disperata e con pochi soldi, la donna chiamò sua madre in Etiopia e la implorò perché venisse ad aiutarla. La nonna avrebbe badato alla nipotina mentre lei lavorava e si rimetteva a posto.
La supplicò e alla fine la nonna si convinse e prese l’aereo da Addis Abeba sino a Milano. Non riesco nemmeno ad immaginare il suo spaesamento quando dall’Africa sbarcò in poche ore in Europa, tutto doveva essere terribile e nuovo ma se ho imparato qualcosa in questi anni è che le donne per gli affetti attraversano un oceano.

Comunque, anche se stava sempre in casa a badare alla nipotina e dare una mano alla figlia, aveva bisogno del Permesso di Soggiorno per stare tranquilla e fu così che la vidi nel Tribunale Minorenni dove lavoro. La prima volta che la incontrai ricordo una donna mite, avvolta nel velo, occhi bassi e voce fievole. Ogni volta che diceva qualcosa nel suo stentatissimo italiano prima chiedeva scusa e si prostrava, era evidentemente intimorita e forse abituata a comportarsi così.
“Il femminismo nel suo paese non è passato nemmeno di notte in bicicletta”, pensavo. Non c’erano certo problemi di ordine pubblico con lei e negli anni seguenti ogni tanto la vedevo per un rinnovo. Non erano mussulmani bensì copti. Fortunatamente il suo italiano ogni volta migliorava e si poteva chiacchierare più facilmente.

L’ultima volta che la incontrai ebbi uno shock. La figlia si era nel frattempo trovata un nuovo fidanzato, sarebbe andata a vivere con lui per cui di lei non c’era in teoria più alcun bisogno.
Quando la vidi entrare in ufficio però rimasi a bocca aperta. Via il velo, capigliatura leonina, jeans aderenti e maglione attillato con su scritto Aloha!, tacchi e trucco. Una 50enne sorridente e spigliata, irriconoscibile. La figlia espose la sua nuova situazione e lei esclamò: “ Bene, il mio dovere di nonna l’ho fatto! Ora sono libera!” E se ne andò allegra, facendo svolazzare la sua borsetta. Ed erano passati solo pochi anni.

Allora è vero, tutto può cambiare, non è mai troppo tardi per la libertà.

Nessun commento:

Posta un commento