DIMMI UNA BUGIA
So che tra voi ci sono appassionati di serie televisive, vi
conosco mascherine.
Per il sottoscritto una delle migliori (ma possiamo
parlarne, vai col dibattito) è sicuramente “Lie To Me”, dimmi una bugia. In
questa serie uno psicologo americano :) è abilissimo nel cogliere se una persona dice la verità o meno soltanto
osservando le sue microespressioni facciali.
Contesissimo da Cia e Polizia, gli richiedono di risolvere
casi intricati, smascherare testimoni, sapere che cosa prova dentro un
sospettato, scoprire la verità insomma. Vedo tutti gli episodi con sguardo
anche professionale e noto che c’è sempre qualcosa da imparare. “Non pensare
mai di essere l’unico che ha dei segreti”.
Molto molto appassionante. Illuminante talvolta. Certo non
siamo ai livelli dell’insuperabile “Breaking Bad” ma si difende bene assai e
guardarne gli episodi rasserena zanzarose serate estive. Ogni volta c’è un caso
da risolvere, tanti nodi da sciogliere, persone da scoprire.
Per esempio nel 9° episodio della prima serie, “L’amore non
ha prezzo”, lo psic è chiamato ad indagare su un disastro edilizio, un palazzo
è crollato, ci sono delle vittime e bisogna scoprire –e in poco tempo, la
stampa preme- chi ha lavorato male.
Sotto le pressanti domande dello specialista un insospettabile
operaio si tradisce e scoppia in lacrime: è vero, ha combinato un guaio ma non
voleva, gli è successo perché era sconvolto. Come mai? Un medico pochi giorni
prima gli aveva diagnosticato la sclerosi multipla e detto che gli restavano
pochi anni di vita.
Giuro non sto inventando niente. Mentre lo ascoltavo sono
rimasto a bocca aperta, poi mi è scappata una parolaccia. Come è possibile dire
una fesseria del genere? Questo è terrorismo psicologico. Anzi di più, questa è
una bugia. Non si muore di sclerosi multipla. Si sta male, molto male, ma non
si muore. E certo non “in pochi anni”. Ma non pensano ai neo diagnosticati (in
Italia uno ogni 4 ore) che ascolta questa roba? Lo ammetto, mi bruciava il peperone.
Andando avanti nell’episodio si scopre che le responsabilità
sono più ampie e l’operaio veniva fortunatamente scagionato ma quella bugia
continuava a ferirmi dentro. E’ come se volessero condannarmi ad un destino. Capisco
che il tempo è tiranno, che non si possono cogliere certe sottigliezze, che
siamo una minoranza, che non alziamo la voce… ma una cosa così è troppo, dai.
Alla fine…alla fine c’è solo una cosa da dire: sceneggiatori
di Hollywood, ma annatevene affanculo!
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