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mercoledì 31 agosto 2016

PERDERE IL SORRISO

“Papà, di cosa parlano alla televisione?”
“Di una cosa non bella. C’è un uomo che… che si è comportato male. Adesso l’hanno preso e messo in prigione. Non farà più del male a nessuno.”
“Lì dice che aveva fatto male a dei bambini. E’ vero?”
“…Sì, purtroppo sì. Adesso pagherà tutto.”
“Son morti dei bambini?”
“No, spero di no.”
“Anche a scuola ce ne hanno parlato. Sono i piedofili!”
“Quasi. Si chiamano pedofili. Sono adulti che fanno male ai bambini.”
“Ma li mangiano?”
“No, questo no. Ma fanno lo stesso del male, li fanno soffrire.”
“Non pensavo che c’erano. Ma come si riconoscono? E’ vero che son vestiti di nero come gli orchi?”
“No, non sempre. A volte son vestiti normalmente. Non è che hanno una uniforme.”
“Ma allora tutti possono essere pedofili! Bisogna avere paura di tutti!”
“Tranquillo, un modo per riconoscerli c’è. Tu fai la tua vita normale, gioca, vai a scuola, stai con gli amici. Se però incontri un grande che fa qualcosa che non ti piace, che ti dà delle brute sensazioni…”
“Uno più grande? A scuola ci dicono sempre di non dare troppa confidenza agli sconosciuti.”
“La maestra ha ragione, fidarsi è una cosa seria. Insomma, se incontri chi ti fa perdere il sorriso scappa via e poi vieni da me. In questo modo non entreranno nella tua vita.”
“Anche se mi offrono il gelato? Anche se è il Presidente?”
“Anche se è il Presidente. Vattene via. Poi mi raccomando, vieni da me e raccontami cosa è successo. Non tenere il segreto. Magari era un falso allarme, ma non si sa mai.”
“Allora…se incontro uno che mi fa perdere il sorriso devo scappare via? Giusto così?”
“Giusto. Poi parliamone.”
“Ah. Va bene. Ma a te è mai capitato?”
“Forse una volta. Ero piccolo poi sono andato dal nonno e quel tipo non l’ho visto più.”
“Ma com’era?”
“Un uomo grande, ma mi dava brutte sensazioni. Impara a fidarti del tuo istinto. Hai presente la favola di Cappuccetto Rosso, quando entra a casa della nonna?”
“Sì, me la raccontavano all’asilo.”
 “Cappuccetto Rosso entrando ha una impressione strana, eppure quando va dalla nonna di solito stava così bene. Poi la vede a letto ma non sa che…”
“E’ il Lupo travestito!”
“Allora inizia a fare tante domande, non vuole essere scortese ma dopo il lupo esasperato se la mangia.” “Meno male che c’era il cacciatore!”
“Fortunatamente il cacciatore l’ha liberata ma forse… forse era meglio se Cappuccetto Rosso andava via subito. Bisogna fidarsi del proprio istinto.”
“E allora perché nella favola è rimasta?”
“Forse per far vedere ai bambini cosa succede se mantengono i contatti con certe persone.”
“Ah. Ho capito. Però…papà, posso dire una cosa? Questa storia mi fa perdere il sorriso.”
“Perché hai capito che non puoi fidarti sempre di tutti. Il mondo resta un posto meraviglioso ma ha i suoi pericoli. Lupi ce n’è dappertutto e di diverse specie.”
“Non si può eliminarli?”
“Un giorno ci riusciremo. E magari sarai tu che diventerai un grande cacciatore.”



martedì 30 agosto 2016

UNA OFFERTA MIGLIORE
“Ciao Luca, eccomi qua, mi offri un caffè?”
“Oh bella vicina, volentieri. Entra entra pure.”
“Ieri sono stata fuori tutto il giorno, non ho avuto tempo per venire.”
“In effetti mi avevi detto che passavi nel pomeriggio per un caffè e un dolce ma poi non ti ho vista. Rimediamo oggi comunque, poco male.”
“Sai, è l’ultimo weekend che passo da sola a Milano, poi martedì ritornano i miei figli dalla montagna. Ho fatto un sacco di cose, poi dopo la palestra ho incontrato…delle persone.”
“Sì, scusa se rido ma avevo capito che avevi ricevuto una offerta migliore.”
“Non sei arrabbiato?”
“No, so pure che è quello di cui mi avevi parlato.”
“Come fai a saperlo?”
“Poi te lo spiego. E’ stato soddisfatto il tuo bisogno di tenerezza ieri?”
“…Sì…due volte. Ma… come fai a saperlo?”
“Emani serenità, come tutte le donne dopo l’amore.”
“Ah sì? Non me ne ero accorta.”
“Ascoltami, non voglio far polemica ma una donna si accorge se un’altra donna è stata amata? Tu ti accorgi se per esempio la tua collega ha una vita intima soddisfacente?”
“Uh la mia collega! Quella tanto ne parla sempre! Sì comunque, me ne accorgo da sola. Ce ne accorgiamo tutte in ufficio. La direttrice capisce anche se una è incinta, non so come faccia.”
“E se una donna ci riesce forse anche un uomo, magari con meno sicurezza ma qualcosa leggerà. Del resto i movimenti delle tue braccia oggi sono molto armonici e morbidi, segno che sei stata bene. Allora va tutto a gonfie vele con quel tipo che hai incontrato?”
“Sì, siamo andati nella casa libera di un suo amico. Mi ha anche promesso che lascerà la moglie.”
“E tu?”
“E io cosa?”
“Gli hai creduto?”
“Certo, perché non dovrei. Io sento che mi ama molto. Sono stufa di far l’amante.”
“Tesoro, io vorrei solo che tu non soffrissi. Alla fine qualcuno in queste storie soffre sempre e non è bello. Tu, o lui, o la moglie…. Non si scappa. E non vorrei capitasse a te, non perdere il sorriso. Ti voglio bene lo sai.”
“Grazie. So badare a me stessa ma…mi dai un consiglio?”
“No, nessun consiglio. I consigli non vengono mai ascoltati. E tu sei abbastanza intelligente per capire tutto in anticipo da sola.”
“Speriamo. Devo pensare bene alle sue parole.”
“Mmmm…non dar tanto retta alle parole di un uomo, ci sono certi capaci di dire di tutto. Osserva piuttosto come si comporta. Basta così adesso dai, parliamo d’altro. Una o due zollette di zucchero?”
L’ULTRA VISTA

“Ciao Luca! Vieni a sederti qui che è libero.”
“Ciao Paola, anche tu qui al bar del tribunale? C’è il pienone oggi. Grazie mi siedo subito.”
“Figurati. Si vede che è appena finito un processo alla IX° Civile. Luca, capiti a fagiolo, ti devo dire dei fatti riguardo al processo di domani.”
“Ah sì, anch’io ho qualcosa da chiedere. Intanto però, cosa hai preso di buono?”
“Ma niente, la solita roba, un toast e una spremuta.”
“Mi sa che dopo li prendo anch’io. Paola, cos’è che mi volevi dire?”
“Allora, hai presente il caso di domani, no?”
“Certo, se ho ben capito verranno anche i Servizi Sociali.”
“Infatti. E bisognerà chiedere a loro….. nooooo!!!”
“Che è successo?”
“Ecco. Mi sono macchiata.”
“Dove?”
“Ma qui, no?”
“Paola scusa ma io non vedo niente.”
“Luca, ma sei cieco? Non vedi? Qui.”
(Luca socchiude gli occhi) “Ah sì, adesso noto qualcosa. Ma sarà grande al massimo come una capocchia di spillo.”
“Lo sapevo. Me lo sentivo. Mi sono messa questa camicetta oggi ed è già da lavare.”
“Esagerata. Guarda che non si nota.”
“Sì, come no. Arreda.”
“Un giorno mi spiegherai come fanno le donne ad avere questa ultra vista. Se non me lo dicevi tu non l’avrei mai notato.”
“I dettagli sono importanti.”
“Questo lo so ma fino a che punto? Paola, facciamo un test.”
“Sarebbe?”
“Chiudi gli occhi. Di che colore sono i miei pantaloni?”
“Mi sembra blu. Blu scuro.”
“E vediamo…. com’è la camicia della cassiera?”
“A maniche corte. Rosa con decorazioni verdi e blu. Fiorellini.”
“Ma come fai?”
“Posso riaprire gli occhi?”
“Certo. Ma adesso mi devi spiegare come fai.”
“Niente di speciale. Le donne sono abituate da sempre a badare a questi aspetti. Un allenamento duro e quotidiano!”
“Oddio, mi è venuta in mente una cosa terribile…ma questo vuol dire… vuol dire che quando noi uomini usciamo con delle patacche nei vestiti le donne lo notano sempre? E che se non dicono niente è solo per educazione?”
(Luca non dimenticherà mai lo sguardo di Paola)



sabato 27 agosto 2016

SCIACALLI

“Luca, hai sentito di quegli sciacalli nei paesi dove c’è stato il terremoto?”
“Sì, purtroppo succede sempre.”
“Ma come è possibile esista gente del genere?”
“Gente che approfitta delle disgrazie altrui è sempre esistita. Ogni tanto però fanno una brutta fine. Un amico mi ha raccontato che uno è stato preso e linciato dalla folla. Gli hanno rotto la testa con delle pietre ma la notizia non è comparsa sui giornali.”
“E come ha fatto a saperlo? Faceva anche lui parte della folla?”
“Se ne è accorto perché il mattino ha visto un uomo con la testa fracassata. Poi hanno portato via il corpo.”
“Ben gli sta, bastardo.”
“Anche tu l’hai già condannato.”
“Quella è gente fatta così, Luca, feccia. E’ gentaglia che bisogna solo eliminare.”
“Lavorando in Tribunale ne ho vista troppa. Truffatori, sfruttatori, usurai, persone che circuiscono gli incapaci, gente così. Fortunatamente non sono tantissimi ma ci sono.”
“Mi piacerebbe sapere cosa gli passa in quella cazzo di testa. Non gli hanno insegnato il rispetto? Perché si comportano così?”
“Parlando con loro si capisce che davanti a qualunque fatto della vita  si chiedono subito “ma io cosa ci posso guadagnare?” Qualunque fatto, niente si salva dalla possibilità di intascare soldi. Attaccherebbero gli adesivi sulla Gioconda se ci guadagnassero. Stai attento quando incontri una persona che ti parla di soldi in queste occasioni. Sono molto abili.”
“Figli della merda. E chiedo scusa alla merda.”
“E sai invece cosa pensano di noi?”
“No, ho paura a sentire la risposta.”
“Che siamo dei senza palle, dei fessacchiotti. Polli che in un certo senso si meritano le loro disgrazie, magari non se le cercano ma è il loro destino. “Le vittime innocenti non esistono” è una delle loro frasi preferite.”
“E loro invece chi sarebbero?”
“I furbi. Quelli in gamba.”
“Altro che spaccare la testa, tutte le ossa.”
 “Non essere troppo severo. Attento che “Mi riguarda?” è sempre il primo pensiero di tutti quando c’è una disgrazia. E solo se la risposta è “no” allora possiamo dedicarci a pensieri più nobili per così dire. Pensa solo ai titoli quando c’è una apocalisse: “nessun italiano tra le vittime”. Gli sciacalli non si fermano al sollievo, sono persone che vanno avanti nel loro egoismo.”
“In che senso? Io non sono così egoista.”
“Certi pensieri li soffochi solamente perché sei una persona educata e approfittare delle disgrazie altrui ti ripugna. E ti dirò che dopo questa tragedia ho scoperto un nuovo tipo di truffatori.”
“La malapianta non muore mai. Chi intendi?”
“Quelli che con Internet ne approfittano per spacciare notizie false, bufale, richieste senza senso. Avvelenano i pozzi per così dire. Proprio quando avremmo bisogno di solidarietà vera incappiamo nella malafede.”
“Ma in questo caso cosa ci guadagnano? Non certo soldi.”
“No, soldi no, ma vedere la gente abboccare riempie la ciotola della loro autostima. Fanno una vita miserabile, se non ci fosse internet a dargli un minimo di notorietà la loro sarebbe una vita insulsa.”
“E allora che bisogna fare nelle tragedie se non possiamo fare niente?”
“Si può sempre dare una mano, soprattutto nella prevenzione, ma se non si può forse è meglio il silenzio. E rispetto. Silentium post clamores. Ne sarò capace?”



mercoledì 24 agosto 2016

TI CERCO

Dopo quanto tempo una micina di un anno può considerarsi dispersa? Una settimana? Un mese? Mai? Mi rendo conto che nel mondo ci sono problemi più gravi ma questo mi angoscia il cuore. Ho preparato i volantini e tappezzato il quartiere. Qualcuno deve pure averla vista.

In fondo mi hai dato ragione, volevo che tu non avessi paura del mondo ma sei uscita una sera d’agosto e non sei più tornata. Eppure pensavo fossi una gatta da casa, non di strada. Si vede che mi sbagliavo.
E dirò sinceramente che i primi tempi non ero tanto preoccupato della tua assenza, sentivo che saresti tornata. Ma i giorni passavano e non rispondevi, ti ho cercata ovunque ma sembravi svanita nel nulla. Ogni tanto avevo pure le allucinazioni, vedevo un’ombra sentivo un miagolìo e mi illudevo.


O forse ti è successo qualcosa e se ci penso faccio fatica a prendere sonno (mi son già informato, se torni ti metto al collo il gps come ai Pokemon).  Se…quando torna ve lo dico subito.

martedì 23 agosto 2016

CHOPIN

Questo notturno di Chopin è talmente bello che TUTTI noi adolescenti che studiavamo pianoforte ci abbiamo provato. E chi dice di no mente.

Romantico, suggestivo, da suonare d’estate con la finestra aperta pensando all’amata. Amo Chopin, figlio prediletto della Polonia, e questo è una delle sue musiche più incantevoli. Qui nella versione di Pollini, grande interprete.
LA NONNA ETIOPE

Una delle trasformazioni più stupefacenti della mia vita l’ho vista lavorando in Tribunale.
Dovete sapere che qualche anno fa, la faccio breve, una donna dell’Etiopia -che era venuta in Italia per lavorare- si innamorò di un italiano, ebbero un figlio ma poi questo la mollò all’improvviso con una bambina piccola (quanti uomini così che ho incontrato in questi anni, non ci si abitua, ogni volta è un dispiacere). E’ una vecchia storia ma il dolore è sempre nuovo.
Rimasta sola con una bambina piccola, disperata e con pochi soldi, la donna chiamò sua madre in Etiopia e la implorò perché venisse ad aiutarla. La nonna avrebbe badato alla nipotina mentre lei lavorava e si rimetteva a posto.
La supplicò e alla fine la nonna si convinse e prese l’aereo da Addis Abeba sino a Milano. Non riesco nemmeno ad immaginare il suo spaesamento quando dall’Africa sbarcò in poche ore in Europa, tutto doveva essere terribile e nuovo ma se ho imparato qualcosa in questi anni è che le donne per gli affetti attraversano un oceano.

Comunque, anche se stava sempre in casa a badare alla nipotina e dare una mano alla figlia, aveva bisogno del Permesso di Soggiorno per stare tranquilla e fu così che la vidi nel Tribunale Minorenni dove lavoro. La prima volta che la incontrai ricordo una donna mite, avvolta nel velo, occhi bassi e voce fievole. Ogni volta che diceva qualcosa nel suo stentatissimo italiano prima chiedeva scusa e si prostrava, era evidentemente intimorita e forse abituata a comportarsi così.
“Il femminismo nel suo paese non è passato nemmeno di notte in bicicletta”, pensavo. Non c’erano certo problemi di ordine pubblico con lei e negli anni seguenti ogni tanto la vedevo per un rinnovo. Non erano mussulmani bensì copti. Fortunatamente il suo italiano ogni volta migliorava e si poteva chiacchierare più facilmente.

L’ultima volta che la incontrai ebbi uno shock. La figlia si era nel frattempo trovata un nuovo fidanzato, sarebbe andata a vivere con lui per cui di lei non c’era in teoria più alcun bisogno.
Quando la vidi entrare in ufficio però rimasi a bocca aperta. Via il velo, capigliatura leonina, jeans aderenti e maglione attillato con su scritto Aloha!, tacchi e trucco. Una 50enne sorridente e spigliata, irriconoscibile. La figlia espose la sua nuova situazione e lei esclamò: “ Bene, il mio dovere di nonna l’ho fatto! Ora sono libera!” E se ne andò allegra, facendo svolazzare la sua borsetta. Ed erano passati solo pochi anni.

Allora è vero, tutto può cambiare, non è mai troppo tardi per la libertà.
NELLA SALA D’ASPETTO DEL MEDICO

“Dai Luca, siediti lì che aspettiamo il nostro turno.”
“Sì mamma. Ci sono dei Topolino, posso leggerli?”
“Va bene, leggili intanto che io parlo con la signora Ferradini. Buongiorno signora!”
“Buongiorno signora Tartaro, è suo figlio?”
“Sì, ha un po’ di febbre, l’ho portato dal dottore.”
“Che bel figliolo. Complimenti!”
“E come sta il suo signora?”
“Ah guardi non me ne parli, mi dà tanti di quei problemi. Lo diceva bene mia madre “le bambine sono più delicate ma i maschi da grandi si mettono sempre nei guai”….”
“Scusate se mi intrometto ma lo diceva anche mia nonna! E lei se ne intendeva, aveva avuto 8 figli.”
“Signora cosa vuole che le dica? E’ un mondo difficile. Io però lei l’ho già vista dal panettiere.”
“Certo, abito qui vicino, al numero sette.”
“Ah dove abita la Scartazzi!”
“Sì, sto proprio sotto di lei.”
“E’ un po’ che non la vedo in giro.”
“Ma perché, non sapete che le è successo?”
“No, ci dica ci dica…”
“Non so se posso parlare davanti a bambino, sa son cose delicate…”
“Luca?”
“Sì mamma?”
“Tieni i soldi. Vai a prendere un ghiacciolo al bar che ti fa bene.”
“Posso prendere il Topolino? Ero a metà di una storia.”
“Sì sì prendilo. Anzi già che sei al bar siediti al tavolino e leggilo mentre mangi il ghiacciolo. Poi tra cinque minuti torna qui.”
“Va bene, grazie! Vado!”

Quando ritornai dopo il ghiacciolo notai che tutte le donne in sala d’aspetto (quel giorno non c’erano uomini) stavano discutendo. Avevano coinvolto pure l’infermiera al bancone. Mi sembrava di stare guardando uno di quei dibattiti in tv dove tutti parlavano contemporaneamente. Appena mia madre mi vide mi prese per mano e disse: “Ah eccoti qui. Dov’eri finito? Vieni che tocca a noi!”
“Aspetta mamma metto giù il giornalino.”
“Sì sì dai sbrigati!”

Dopo la visita e la ricetta di un antibiotico uscimmo dallo studio del medico. Mia madre salutò le sue nuove amiche e tornammo subito a casa. Io non parlavo ed ero tutto pensieroso.
“Ti vedo silenzioso, Luca.”
“Volevo portarmi il Topolino a casa. Non l’avevo mica finito.”
“Vuoi un Topolino? Adesso passiamo dall’edicola e te lo compro. Sei stato bravo oggi, giusto darti un premio.”
“Grazie! Che bello! Poi…pensavo che la settimana scorsa anche il papà mi aveva portato dal medico ma c’erano solo uomini in sala d’aspetto e siamo stati tutti zitti finché è arrivato il nostro turno. Oggi invece c’erano solo donne e hanno iniziato a parlare tra loro. Mamma, ma perché le femmine parlano sempre?”
“Ah ah è vero, che osservatore. A noi donne piace fare public relations!”
“Cioè?”
“Alle donne piace parlare, Luca.”
“Ah, ma di cosa parlano?”
“Non ti preoccupare, di argomenti ce ne sono sempre.”
“Mamma…”
“Dimmi Luca.”
“Ma le donne…sanno tenere un segreto?”
“Ahahah!”
Che bella che era mia madre quando rideva.



lunedì 22 agosto 2016



SCUSA PER IERI SERA
“Scusa per ieri sera.”
“Non ti devi scusare di nulla, cara.”
“Io non devo più bere…”
“Infatti ci ho pensato. Meno male che la bottiglia di limoncello è finita, non la ricompro più.”
”Ottimo. Mi son comportata male? Ricordo che ci siamo scambiati qualche bacio… e poi? Son stata brava?”
“Tranquilla, bella micina, non è successo niente che tu non volessi.”
“Scusami, scusami ancora, a metà serata sono scappata via. Ero sconvolta, non devo più bere così tanto.”
“Non temere tesoro. Non mi sono approfittato di te!” (ride)
“Lo so, tu sei stupendo.”
“E tu hai un meraviglioso profilo. E sei bella così, al naturale.”
“Grazie per il complimento.”
“La Pura Verità, come dicono i testimoni di Geova. E un giorno ti dirò cosa significa una ragazza che balla per me e mi sorride.”
“E’ vero! Adesso ricordo, ieri sera ti ho insegnato dei passi di Zumba!“
“Erano anni che non ballavo. E tu sei una donna bellissima e sensuale. Chissà quante proposte ti arriveranno.”
“Tutti i giorni, tutti i giorni…” (piange)
“Non piangere, devi avere più fiducia in te stessa. E' bellissimo avere fiducia in se stessi, l'amore senza dubbio, il potere senza colpa."
"Sei il mio coach di vita!"
"E tu la mia coach di Zumba. Dai, ne parliamo. Questo pomeriggio ti aspetto per il caffè allora.”
“Sì, quella bevanda è meglio!”

domenica 21 agosto 2016

MUSICA PER AEROPORTI

Brian Eno è un geniale musicista e produttore, che ha lavorato per gente come David Bowie, Peter Gabriel, i Roxy Music. Tanto per dirne una, è stato lui che ha lanciato i Talkin’ Heads e portato al successo mondiale gli U2. Ascoltate la famosissima “Heroes” di David Bowie, è praticamente farina del suo sacco.
Un vero talento, che ha viaggiato per mezzo mondo. Proprio mentre era seduto nella hall di un aeroporto che aspettava il suo volo si accorse di un dato insolito. Ogni tanto al suo orecchio arrivavano note musicali isolate, frammenti di brani, folate di note. La sala d’aspetto era talmente grande che la musica di sottofondo diventava incomprensibile ma aveva comunque un suo fascino.

Sarà capitato anche a voi di sentire nei grandi spazi questa non-musica.  Brian Eno ne rimase talmente colpito che perse l’aereo e passò un intero pomeriggio ad ascoltarne gli echi. Li trovò bellissimi, come i suoni che producono gli orchestrali mentre accordano gli strumenti prima di iniziare il concerto. Quando tornò a casa ripensò a quella esperienza e compose i brani di “Music for Airports”, forse il primo album di quella che sarebbe poi stata chiamata “ambient music”, in cui l’atmosfera è più importante della struttura, che non esiste più. Un nuovo tipo di ascolto.

Quando l’album uscì molti stupidotti (tra i quali il sottoscritto, e oggi chiedo pubblicamente venia) lo presero in giro. Ma che roba è questa? E’ senza senso! Che schifezza, questa non è musica!

Eppure era più musica di tante sciocchezze ascoltate in vita mia e l’ho capito solo molti anni dopo. Grazie Brian, mi hai fatto scoprire la bellezza dove non pensavo ci fosse.


sabato 20 agosto 2016

LEPPI AUAR, O DELLA MODERAZIONE

“Papà, il mio compagno di banco ha detto che ieri ha fatto una cosa speciale con suo papà.”
“Ah sì? E che cosa di bello?”
“Leppi auar!”
“Cosa?”
“Sono andati in un bar qui a Milano dove c’era una cosa che si chiamava leppi auar.”
“Ah, l’happy hour. Ma è un qualcosa per grandi.”
“Però il mio compagno di banco ci è andato con suo papà. Mi ha detto che c’era un bancone pieno di roba da mangiare gratis.”
“Ah sì, puoi mangiare tutto quello che vuoi.”
“Tutte le patatine che voglio?”
“Finché ne vuoi.”
“Anche il salame?”
“Certo, se c’è. Ordini il tuo bicchiere e mentre bevi puoi consumare tutto quello che c’è.”
“Che bello! Ci andiamo?”
“Oddio, non sempre è roba buona. Dipende dai posti. Pensa che quando ero piccolo e avevo la tua età non c’erano queste occasioni. O meglio l’happy hour si trovava solo in posti speciali per ricchi e si chiamava “aperitivo”. Di solito prima di cena, dalle 18 alle 19, l’ora felice che è quello che significa Happy Hour in inglese.”
“Perché felice?”
“In quell’ora tutto il bere costava la metà e poi c’era da mangiare. Dopo è diventata una moda e adesso l’ho visto in tutti locali. In quell’ora si incontrano gli amici, si mangiano le pizzette, si ascolta la musica…”
“Anche il bar qui sotto?”
“Sì, mi sembra di sì. Anzi son sicuro, ho visto il cartello.”
“Ci andiamo? Voglio vederlo.”
“Vuoi fare anche tu l’Happy Hour?”
“Siii. Come il mio compagno!”
“Mmmmm ma sì va, perché no. Il bambino vuol diventare ragazzo. E poi può essere divertente, anch’io è tanto che non vado ad un Happy Hour. Fa vedere che ore sono…..ok… Aspetta che avviso. Caraaaa… tesorooo…”
“Sì, cosa c’è?”
“Il bambino vuole andare all’Happy Hour, lo portiamo?”
“Non me lo potevate dire prima che evitavo di cucinare?”
“Dai, lascia perdere. Eventualmente quando torniamo se abbiamo ancora fame mangiamo qualcosa.”
“Ma papà non hai detto che si può mangiare tutto quello che vuoi?”
“Sì ma di solito io non mangio tanto.”
“Io invece prenderò tutto!”
“Piano giovane. Attento a non avere l’occhio più grande della pancia, come dice il nonno. In quei posti davanti a tutta quella roba è facile perdere il senso della misura. Bisogna imparare a contenersi.”
“Facciamo così, papà. Prendo quello che prendi tu.”
“Io prenderò una birra rossa. Se tu prendi una coca cola affare fatto.”
“Va bene! Vado a mettere le scarpe!”




venerdì 19 agosto 2016

RUBBER SOUL
Nel 1965 i Beatles erano davanti ad un bivio.
Potevano benissimo continuare ad essere il gruppo musicale per “giovani” che aveva scatenato pochi anni prima la beatlemania, l’isteria collettiva che aveva contagiato il mondo e li aveva resi ricchissimi. Niente di più facile. Però c’era un problema: l’esaltazione non poteva continuare per molto e se avessero continuato per quella strada nel giro di pochi anni sarebbero stati scavalcati e relegati come un fenomeno del passato. Era inevitabile, carini ma superati.
Del resto già la beatlemania stava cominciando a mostrare i primi segni di cedimento, Help era nettamente inferiore a Hard day’s night, apparivano nuove mode, le vendite dei dischi non erano più così roboanti, i record erano già stati infranti. Erano al culmine, potevano solo scendere. Oddio, una soluzione ci poteva essere ed era quella di cambiare, diventare un gruppo serio, adulto. Non più un semplice complesso per adolescenti.
Operazione più semplice a dirsi che a farsi: la storia del rock è piena di gruppi che hanno cercato di cambiare senza successo. I Led Zeppelin ci hanno provato per anni ma il pubblico da loro voleva solo il vecchio blues-rock, i Pink Floyd per tutti gli anni ‘70 hanno suonato i soliti 8-9 brani, i Rolling Stones ancora adesso devono suonare ogni sera Satisfaction. Jimi Hendrix in una delle sue ultime interviste disse che era stufo di bruciare una chitarra ogni sera ma quello si aspettava il pubblico. Chissà dove sarebbe se l’overdose non lo avesse fermato.
C’è un paradosso: il mondo ti vorrebbe sempre diverso e nuovo ma poi ti volta le spalle se cambi.
Ma nel dicembre 1965 i Beatles pubblicarono Rubber Soul, un disco nettamente diverso da quelli yè-yè del passato. Uno spartiacque nella loro produzione. Come avrebbe reagito il pubblico?
Bene, molto bene. Grazie ad una serie di splendide, splendide canzoni (Michelle, In my life, Nowhere man, Drive my car, Norvegian Wood…), veri gioielli che si cantano ancora oggi, convinsero tutti che avevano qualcos’altro da dire. Spaccarono tutte le regole e ne uscirono bene, quasi in maniera naturale. Ora erano pronti per i capolavori degli anni seguenti (Sgt Pepper, l’album bianco, Abbey Road). Certo, avevano talento ed erano aiutati, ma avevano dalla loro il coraggio.
Cambiare, e cambiare bene, è possibile. Una bella lezione che ci viene dal passato.

martedì 16 agosto 2016

DIVERSA DA TUTTI

“Fin da piccola l’ho sempre saputo di essere una persona speciale, diversa da tutti.”
“E da cosa derivava questa convinzione, scusi.”
“Facevo delle cose diverse dagli altri, speciali. Vuole che le faccia un esempio, Dottore?”
”Dica, son curioso.”
“Per esempio sin da bambina quando camminavo per strada stavo attenta a non calpestare le righe.”
“Quali righe?”
“Le righe invisibili che per terra uniscono i mattoni o magari due punti del marciapiede. Guardavo in continuazione per  terra e avevo una andatura molto particolare. Se riuscivo ad attraversare una strada senza aver toccato neanche una riga avevo compiuto la mia mission impossible e il mondo era salvo.”
“In che senso?”
“C’era un divieto che conoscevo solo io. E il destino dell’intero universo dipendeva dal fatto che riuscissi a non toccare le righe. Ho salvato il mondo più di una volta.”
“Che stranezza.”
“E non è finita. Dottore, ha presente le pozzanghere sulla strada dopo che ha piovuto?”
“Certo.”
“Lei non l’avrà notato, nessuno lo nota, ma basta che in queste pozze d’acqua ci sia una goccia di olio o di benzina  e da loro si sprigiona l’arcobaleno con tanti riflessi luminosi e sfumature colorate. Incantevole.”
“Deve essere bello da come lo descrive.”
“Moltissimo. E’ uno spettacolo affascinante, di cui mi sono accorta sin da bimba. Amo camminare per le strade dopo la pioggia e superare pozzanghere multicolori. Ovviamente stando attenta a non calpestare le righe.”
“Ah ecco.”
“A dir la verità un altro aspetto mi distingue da tutti. Lei lo sa che mi piace molto la musica...  Però è un po’ imbarazzante… come faccio a dirlo…”
“Non si vergogni. Coraggio.”
“Ecco…a volte…a volte io ascolto di continuo la stessa canzone…ci sono serate che le passo ascoltando sempre lo stesso brano, anche un milione di volte, a ripetizione…ecco, l’ho detto.”
“Ma non si annoia?”
“No. Uno che ascolta dal di fuori magari sì, ma io no. Anzi provo una emozione molto particolare, è come essere dentro un sogno. Per questo di solito mi comporto così quando sono da sola in casa, non voglio essere disturbata. Per me è molto bello.”
“Niente da dire. Lei è una persona particolare, con una sensibilità tutta sua. Mi sembra di intuire che è la prima volta che ne parla.”
“Sì, temevo di non essere capita. E’ grave, Dottore? Sono pazza?”
“No, a occhio direi di no. Lei vede la bellezza oltre ciò che si vede ma in questo, le assicuro, è come tanti altri. Noi esseri umani siamo così, a volte la nostra fantasia prende il sopravvento sulla realtà.”
“La realtà…poi ritorna”
“E’ inevitabile. Ma per qualche istante sogniamo a occhi aperti e in questo non c’è proprio nulla di male.”
“Uff, meno male!”


domenica 14 agosto 2016

TELECRONACA 


Buonasera, signore e signori telespettatori. Siamo al 90° minuto della finale olimpica di calcio tra Italia-Resto del Mondo e il risultato è ancora fermo sullo 0-0…ma qualcosa si muove sulla panchina…sembra che…ma sì, finalmente l’allenatore Trapattoni ha deciso di inserire la nuova promessa del calcio italiano …la rivelazione Tartaro, la nuova stella del firmamento sportivo mondiale…dopo aver vinto in mattinata da solo l’oro olimpico nel Due Senza, Tartaro ha offerto i suoi servigi alla squadra di calcio ed è stato messo in panchina da Trapattoni..ma la fortissima squadra Resto del Mondo ha una difesa impenetrabile e il Trap ha deciso di giocarsi l’ultima carta…ecco allora Tartaro entrare in campo…riceve subito palla e punta la difesa avversaria… non c’è più tempo, tutti gli schemi sono saltati… scarta uno…due!...tre giocatori avversari con una facilità incredibile….il pubblico del Maracanà è impazzito…Tartaro entra da solo in area…dribbla l’ultimo difensore…è solo davanti al portiere…la folla è tutta in piedi… carica il tiro, sarà di una violenza ributtante….ma da dietro un difensore lo falcia e Tartaro cade a terra in piena area di rigore….è caduto!...è rigore!...rigore!... l’arbitro assegna rigore all’Italia mentre Tartaro viene portato dolorante fuori dal campo in barella… grazie a lui l’Italia potrà vincere all’ultimo minuto la finalissima ma potrà Tartaro gareggiare ancora?... signori, siamo di fronte ad una sofferenza in diretta mondiale…  ma ecco Tartaro alzarsi dalla barella,  vuole dire la sua.... si avvicina, prende il pallone e lo mette sul dischetto…è tutto sbilenco ma sarà lui a battere il calcio di rigore, e checcazzo!
Tutta l'Italia trattiene il fiato e lo guarda.

venerdì 12 agosto 2016

Test di Rorschach olimpico: vedete uno scontro di civiltà o il potere unificante dello sport? (Bill Weir)