LA DANZA DELLE API
Conobbi Giorgione a
casa di un’amica. Era un omone dal sorriso simpatico ma che non
parlava mai, vestito molto semplicemente: scarponi, pantaloni di
fustagno, camicia a quadri.
Stava lì in un
angolino con il suo bicchiere in mano e il suo sorriso. Si vedeva
nettamente che si sentiva fuoriposto tra la gente, che la sua idea di
felicità era molto distante da una festa mondana, ma essendo un
pacioccone accettava tutto di buon grado. Rideva quando ridevano
tutti, altrimenti bevicchiava un sorsino di vino.
Dato che tra
asociali ci si intende, mi avvicinai a lui, ci presentammo e gli
chiesi che lavoro faceva.
“Sono un
apicultore. Vendo il miele, l’oro che si mangia.”
“Bello! Non ne ho
mai conosciuto uno. Così tu sei uno di quelli che si vestono con la
tuta spaziale e vanno a prendere il miele?”
“No no, niente
tuta. Ormai le api mi riconoscono e quando vado tra gli alveari sono
tranquillo.”
“In che senso ti
riconoscono?”
“Certo, sono
animali intelligenti. Comunicano a modo loro ma si fanno capire
benissimo.”
“E come? Per
quanto ne so io mica parlano.”
“Ma danzano
nell’aria. E quando sono contente fanno una danza tutta speciale.”
“Aspetta aspetta,
momento momento. Tu sai distinguere tra una danza buona e una cattiva
delle api?”
“Certo. E non è
nemmeno difficile guarda. Quando sono serene volano facendo una danza
tipo 8, con tante curve. Camminare tra tante api laboriose che ti
danzano intorno è una esperienza meravigliosa credimi.”
“E la danza
cattiva?”
“Più il loro volo
è diritto, senza curve, più c’è da temere. Soprattutto i primi
tempi le api sentinelle mi puntavano addosso, volavano sparate fino a
pochi centimetri da me e poi tornavano indietro. E ogni momento ce
n’era una. Il loro messaggio era chiaro “Stai lontano!”. Ma
ormai si sono abituate e mi riconoscono. Hanno capito che tengo
pulito il posto, le proteggo dai temporali, dalla neve e le
accudisco. Una volta molte erano ammalate, ho messo dell’antibiotico
in una ciotola di polline, lo han preso e son guarite.”
“Ne parli con
amore. Deve essere una bella vita, Giorgione. Quasi ti invidio.”
“A me piace anche
se mi occupa 7 giorni su 7. Per le api non esiste la domenica,
lavorano sempre. Però...però questa estate me la sono vista
brutta.”
“Ti hanno
attaccato?”
“No, mai. Ma un
giorno vado da loro e sento che sono nervose. Molte non mi fanno la
festa, si nascondono, facevano danze strane. Era successo qualcosa.”
“Sei riuscito a
scoprirlo?”
“Sì, lì vicino
si era insediato un nido di calabroni, i loro nemici. Sono più
grossi, cattivissimi, non fanno miele e uccidono le api. Il loro
morso è molto doloroso anche per noi umani. Bisognava mandarli via.”
“E come hai
fatto?”
“Ho trovato il
loro nido, rotondo come un melone, nella crepa profonda di un albero
e ho cercato di distruggerlo. Ma ho fatto un errore.”
“Cioé?”
“Uno di loro ha
iniziato a volarmi intorno. Vicino, troppo vicino. Sembrava mi
indagasse. Capii che mi avrebbe morso allora lo uccisi io per primo.
Diobono, non potevo aspettare di aver finito?”
“Non l’avessi
mai fatto.”
“Tutti hanno
alzato la testa e mi hanno inseguito rabbiosi. Se mi avessero punto
tutti insieme sarei morto, anche se avevo la tuta. Mi sono salvato
solo buttandomi in un fiume e gettandogli come un pazzo dell’acqua
addosso. I calabroni sono bestie sudice, hanno paura dell’acqua.”
“E poi?”
“Son tornato
quella notte ben attrezzato.”
“Da solo?”
“E certo, mica
siamo in città. Avevo addosso una doppia tuta. Mi sono avvicinato al
loro nido, ho coperto in silenzio il buco dell’albero con un panno
robusto ma prima ci avevo gettato dentro la benzina agricola del
trattore e un fiammifero acceso. Wum! Ha preso fuoco subito!”
“E i calabroni?”
“Cercavano di
rompere il panno dall’interno ma lo tenevo ben stretto. Alcuni di
loro sono usciti da una piccola crepa dell’albero ma lo avevo
previsto, mi ero irrorato la tuta di un repellente molto forte e
stavano lontani. Qualcuno è riuscito lo stesso a pungermi, ma erano
tropo pochi.”
“Hai resistito
insomma.”
“Sono stati
momenti difficili, anche perché per il fumo ero mezzo asfissiato.
Dopo mezzora era tutto finito e son tornato alla macchina dove mi
sono finalmente tolto il casco. E ci crederesti? Dei calabroni mi
avevano inseguito fin lì e picchettavano incazzati i vetri della
Panda. Volevano vendetta.”
“Sei più tornato
da quelle parti?”
“Il giorno dopo
con molta cautela. Ma erano spariti tutti. Si vede che bruciando il
nido ero riuscito ad eliminare anche la loro Regina. Missione
compiuta. Tornai vincitore dalle mie api.”
“Chissà se
avevano capito quello che Giorgione aveva fatto.”
“Oh non so come ma
lo sapevano benissimo. Quante feste mi hanno fatto quella volta!”
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