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venerdì 27 settembre 2019

SONO UN PO' STANCHINO
Il dottore gradisce un brandy prima di ritirarsi?
-No, grazie.
Una buona camomilla, può darsi?
-No, grazie mille comunque, no grazie.
Orzata con latte?
-Niente! Grazie. Sono alquanto stanco.
Allora io dico buonanotte.
-Buonanotte!


giovedì 26 settembre 2019


LA DANZA DELLE API

Conobbi Giorgione a casa di un’amica. Era un omone dal sorriso simpatico ma che non parlava mai, vestito molto semplicemente: scarponi, pantaloni di fustagno, camicia a quadri.
Stava lì in un angolino con il suo bicchiere in mano e il suo sorriso. Si vedeva nettamente che si sentiva fuoriposto tra la gente, che la sua idea di felicità era molto distante da una festa mondana, ma essendo un pacioccone accettava tutto di buon grado. Rideva quando ridevano tutti, altrimenti bevicchiava un sorsino di vino.

Dato che tra asociali ci si intende, mi avvicinai a lui, ci presentammo e gli chiesi che lavoro faceva.
“Sono un apicultore. Vendo il miele, l’oro che si mangia.”
“Bello! Non ne ho mai conosciuto uno. Così tu sei uno di quelli che si vestono con la tuta spaziale e vanno a prendere il miele?”
“No no, niente tuta. Ormai le api mi riconoscono e quando vado tra gli alveari sono tranquillo.”
“In che senso ti riconoscono?”
“Certo, sono animali intelligenti. Comunicano a modo loro ma si fanno capire benissimo.”
“E come? Per quanto ne so io mica parlano.”
“Ma danzano nell’aria. E quando sono contente fanno una danza tutta speciale.”
“Aspetta aspetta, momento momento. Tu sai distinguere tra una danza buona e una cattiva delle api?”
“Certo. E non è nemmeno difficile guarda. Quando sono serene volano facendo una danza tipo 8, con tante curve. Camminare tra tante api laboriose che ti danzano intorno è una esperienza meravigliosa credimi.”
“E la danza cattiva?”
“Più il loro volo è diritto, senza curve, più c’è da temere. Soprattutto i primi tempi le api sentinelle mi puntavano addosso, volavano sparate fino a pochi centimetri da me e poi tornavano indietro. E ogni momento ce n’era una. Il loro messaggio era chiaro “Stai lontano!”. Ma ormai si sono abituate e mi riconoscono. Hanno capito che tengo pulito il posto, le proteggo dai temporali, dalla neve e le accudisco. Una volta molte erano ammalate, ho messo dell’antibiotico in una ciotola di polline, lo han preso e son guarite.”
“Ne parli con amore. Deve essere una bella vita, Giorgione. Quasi ti invidio.”
“A me piace anche se mi occupa 7 giorni su 7. Per le api non esiste la domenica, lavorano sempre. Però...però questa estate me la sono vista brutta.”
“Ti hanno attaccato?”
“No, mai. Ma un giorno vado da loro e sento che sono nervose. Molte non mi fanno la festa, si nascondono, facevano danze strane. Era successo qualcosa.”
“Sei riuscito a scoprirlo?”
“Sì, lì vicino si era insediato un nido di calabroni, i loro nemici. Sono più grossi, cattivissimi, non fanno miele e uccidono le api. Il loro morso è molto doloroso anche per noi umani. Bisognava mandarli via.”
“E come hai fatto?”
“Ho trovato il loro nido, rotondo come un melone, nella crepa profonda di un albero e ho cercato di distruggerlo. Ma ho fatto un errore.”
“Cioé?”
“Uno di loro ha iniziato a volarmi intorno. Vicino, troppo vicino. Sembrava mi indagasse. Capii che mi avrebbe morso allora lo uccisi io per primo. Diobono, non potevo aspettare di aver finito?”
“Non l’avessi mai fatto.”
“Tutti hanno alzato la testa e mi hanno inseguito rabbiosi. Se mi avessero punto tutti insieme sarei morto, anche se avevo la tuta. Mi sono salvato solo buttandomi in un fiume e gettandogli come un pazzo dell’acqua addosso. I calabroni sono bestie sudice, hanno paura dell’acqua.”
“E poi?”
“Son tornato quella notte ben attrezzato.”
“Da solo?”
“E certo, mica siamo in città. Avevo addosso una doppia tuta. Mi sono avvicinato al loro nido, ho coperto in silenzio il buco dell’albero con un panno robusto ma prima ci avevo gettato dentro la benzina agricola del trattore e un fiammifero acceso. Wum! Ha preso fuoco subito!”
“E i calabroni?”
“Cercavano di rompere il panno dall’interno ma lo tenevo ben stretto. Alcuni di loro sono usciti da una piccola crepa dell’albero ma lo avevo previsto, mi ero irrorato la tuta di un repellente molto forte e stavano lontani. Qualcuno è riuscito lo stesso a pungermi, ma erano tropo pochi.”
“Hai resistito insomma.”
“Sono stati momenti difficili, anche perché per il fumo ero mezzo asfissiato. Dopo mezzora era tutto finito e son tornato alla macchina dove mi sono finalmente tolto il casco. E ci crederesti? Dei calabroni mi avevano inseguito fin lì e picchettavano incazzati i vetri della Panda. Volevano vendetta.”
“Sei più tornato da quelle parti?”
“Il giorno dopo con molta cautela. Ma erano spariti tutti. Si vede che bruciando il nido ero riuscito ad eliminare anche la loro Regina. Missione compiuta. Tornai vincitore dalle mie api.”
“Chissà se avevano capito quello che Giorgione aveva fatto.”
“Oh non so come ma lo sapevano benissimo. Quante feste mi hanno fatto quella volta!”



martedì 24 settembre 2019


FROCI
“Madonnamia, non se ne può più. Stanno spuntando da tutte le parti!”
“Ma chi?”
“So io. Senti, ma tu che sei studiato, si è capito quanti froci ci sono al mondo?”
“Non ci sono cifre certe ma se ben ricordo la percentuale di omosessuali nel mondo si aggira sul 5%.”
“Minchia! Così tanti? Uno su 20? Una persona su 20 che incontro è gay?”
“E sospetto che mi sono tenuto basso. Tieni conto poi un altro dato: la sessualità umana si presenta in mille forme “liquide”, poco definite e numerabili. Bisex, omosessualità transitoria, travestitismo etc. Diceva Freud...”
“Arieccolo.”
“...che solo soldatini e bambole sono al 100% maschili o femminili. Siamo tutti un poco misti dentro.”
“Cosa fa ‘sto Frodo? Offende? A me piace la f!”
“Ma no, è scienza.”
“Balle! Una volta non ce n’erano così tanti!”
“Mio caro stupito, perché non si mostravano. Possiamo discutere sulla sua grandezza, ma una percentuale ineliminabile di omosessuali nella popolazione esisterà sempre. Sempre, che ci piaccia o no.”
“Non è vero. LVI durante il ventennio ripeteva che “in Italia son tutti maschi”. Bei tempi.”
“Da un punto di vista scientifico stava dicendo una bestialità, una autentica falsità. L’omosessualità esiste e non è “curabile” né "contagiosa". Non è una malattia insomma ma un modo vero di essere. La trasformazione di omosessuali in eterosessuali è destinata al fallimento, non avrebbe più successo il contrario. Al massimo si possono ottenere persone inibite e represse, e non saprei francamente cosa è meglio.”
“Che non sia contagiosa lo dici tu! Insisto, una volta non erano così tanti. Si stanno diffondendo!”
“Quanta pazienza. Però stavolta hai ragione: sembra che ce ne siano di più ma solo perché si è visto che questa condizione non è eliminabile, non è una malattia, non è contagiosa etc. In cambio molti fanno "outing" sapendo che non sarà più pericoloso o discriminatorio per loro ammetterlo. E' stata in un certo senso "sdoganata".”
“Ogni settimana c’è un personaggio nuovo che lo ammette. Mi sembra quasi una moda. Stanno crollando tanti miti….”
“Perché crollando? Si può benissimo essere gay e allo stesso tempo brave persone.”
“Non mi fido di quei pervertiti. Teneteli lontani da bambini.”
“Quanta confusione. Guarda, ti faccio un altro esempio che non riguarda il sesso, che incasina sempre un poco: una volta dichiarare il proprio ateismo era molto pericoloso, si rischiava il rogo, lo stigma sociale etc. Poi si è visto che un ateo poteva benissimo essere una brava persona, la paura è passata e oggi molte persone ammettono tranquillamente di non credere in Dio. Così sarà un giorno per l’omosessualità, fidati.”
“Non mi abituerò mai.”
“Smollati un poco, lo dico per te, così vivrai meglio.”


lunedì 23 settembre 2019


CUOREDICOLLA

La triste ragazza si confessava
ad un amico che l’ascoltava
Ho dentro una grande maledizione:
Fatico a staccarmi dalle persone.

Ho un cuore di colla nascosto nel petto
sto sempre a pensare a quel maledetto
Io sono un'edera, si attacca e poi muore,
Per questo son sfortunata in amore.”


E poi piangeva per tutta la storia
(il cuoredicolla ha buona memoria)
Lei non riusciva a dimenticare
Soltanto voleva sentirlo parlare

Capisco assai bene, carissima amica,
il cuoredicolla, che vuoi che ti dica?
Chi ha un cuore del genere ha sempre un sospiro
perché tutti quanti lo prendono in giro.








domenica 22 settembre 2019

MI ERO DIMENTICATO DI QUESTA FOTO

Risale all'agosto 2012, quando mi recai con la Transiberiana da Mosca a Pechino. 
La prima sera nella capitale cinese andammo al ristorante a provare la famosa "Anatra Glassata".

Ricordo faceva molto caldo e presi la prima maglietta che trovai in valigia 


Ora anche i cinesi sanno che adoro i




Led Zeppelin.




E' giusto, uno le sue passioni se le porta a spasso senza vergogna per il mondo.





OHHHHHHH, CHE BELLA


Quando ero bambino pensavo che la Torre di Pisa fosse bellissima. Che capolavoro, quanto è originale…. Magnifica! Mi rendeva orgoglioso sapere che era italiana e ammirata in tutto il mondo.

Poi da ragazzo la vidi (è veramente storta), ma ogni volta che ne accennavo a un toscano tutti si mettevano a sghignazzare. Oibò.
I livornesi e i fiorentini in particolare erano i più feroci a male parole: “non c’è ‘osa più ridicola al mondo!”, “quella torre è una presa di ‘ulo!”, “gli è la città a esse’ storta!” etc etc, con discorsi intraducibili che si concludevano con l’immancabile “Pisa merda”.

Le mie certezze di bimbo rapidamente svanirono. Presto non ne parlai più. Pensavo con sgomento che il mondo me lo scoprivo assai diverso da quello immaginato.
Lo so che queste disillusioni fanno parte di quel processo detto “crescere” e che bisogna accettarle. E’ la realtà, è il mondo in cui viviamo.

Ancora oggi quando la vedo...mi chiedo...mah. Comunque più passa il tempo più diventiamo storti entrambi.



martedì 17 settembre 2019

UNA FOTO DEL LICEO HO TROVATO

Bei tempi essi furono
Quando solo pensavo a cazzeggiare
La forza era grande in me.
E non c'era provare, c'era solo fare e fare


VUOI ESSERE IL MIO AMORE?

“Segnor Luca, buenos dias!”
“Oh buongiorno Fernando, il mio domestico peruano preferito, come stai?”
“Bien. Ma tengo una noticia muy grande y triste.”
“Dimmi tutto.”
“Camilo Sesto es muerto!”
“Eh? Cami...chi?”
“Un cantante muy romantico y sentimental. Lo specialista de l’amor, todo el Perù esta llorando.”
“Mi dispiace che una intera nazione stia piangendo, ma io non so chi sia.”
“Ma segnor Luca…. Camilo Sesto…. el meyor cantante de l’amor! L’ultimo sentimental!”
“Come Julio Iglesias, suppongo.”
“Quando ero muchacho me dormia con esta musica. Quiero viviiiir con el tu amoooor!”
“Come è grande il mondo. Aspetta che lo cerco su Youtube, voglio sentirlo.”
“Buscalo sul computer!”
“Ma tu guarda, esiste veramente uno che si chiama Camilo Sesto. E c’è pure un sacco di roba.”
“Que rica musica… Quieres ser mi amaaante! My suegno es tuuuu! Canta, segnor, canta!”


lunedì 16 settembre 2019

VOLERSI BENE
Molte polemiche ha suscitato il ritrovamento di questa sepoltura.
Te pareva, siamo in Italia, paese notoriamente all'avanguardia in questo settore: le interpretazioni si sono scatenate con toni accesi e prese di posizioni da stadio, cosa che non fa mai bene alla serenità del dibattito.
Potrebbe infatti trattarsi non di una coppia di amanti dello stesso sesso (che scandalo) seppellita mano nella mano ma anche di soldati, fratelli, amici, parenti... Chissà, per adesso non lo possiamo sapere.
Di una cosa però siamo sicuri: il legame tra queste due persone era profondo. Si volevano bene e dopo tantissimi anni riesce a colpirci al cuore. Un legame che vivrà anche dopo di noi.

sabato 14 settembre 2019

UN DIVERSO PUNTO DI VISTA

“Papà papà, raccontaci una storia!”
“Lupacchiotti miei, dovreste già essere a dormire.”
“Dai, solo una, così ci addormentiamo.”
“Va bene...ve ne racconterò una...che mi è successa tanti tanti anni fa, ai tempi del Grande Freddo.”
“Perché Grande Freddo?”
“Perché arrivò la neve dal nord che coprì tutto ma proprio tutto. Affondavo nella neve fino alle cosce e non c’era più niente da mangiare. Vagavo per giorni alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti sin quando la vidi, una apparizione quasi prodigiosa.”
“Cosa?”
“Una giovane ragazza che camminava per un sentiero del bosco, vestita con un mantello rosso e un cestino pieno di cibo. Un miracolo!”
“Ooooh!”
“La aspettai dietro un cespuglio e poi, facendo finta di niente, la incrociai. Lei non si spaventò affatto alla mia vista, del resto era una ragazza tosta, con il fucile a tracolla. Iniziammo a parlottare e mi raccontò che andava a visitare la nonna malata, il cibo nel cestino era per lei. Sua nonna era poco lontano, nella casa vicino alla cascata.”
“C’è una casa vicino alla cascata?”
“Non lo sapevo nemmeno io. Ma davanti a questa notizia decisi di prendere l’occasione al balzo. Salutai con un pretesto la ragazza e corsi verso la casa. La trovai quasi subito e bussai Toc! Toc!”
“Toc toc!”
“Dato che nessuno rispondeva aprii la porta col muso e trovai la nonnina a letto. Le saltai addosso e me la mangiai in un solo boccone. Gnam!”
“Bravo papà!”
“Soltanto che dopo commisi un grave errore.”
“Che errore?”
“La nonnina era bella cicciotta e dopo il lauto pasto mi addormentai tutto soddisfatto sul pavimento. Fui svegliato dalla voce della ragazza che diceva “nonnina! Sono io, ti ho portato delle cose buone!” Pensando al suo fucile mi prese il panico, confesso. Pensai furiosamente ad una via di fuga ma tutte le finestre erano bloccate!”
“Allora cos’hai fatto?”
“Mi sono messo la cuffietta della nonna, i suoi occhiali sul muso e mi sono infilato sotto le coperte. Poi è entrata in camera la ragazza che mi ha salutato. Io avevo il lenzuolo fino agli occhi. La ragazza mi guardò perplessa e disse “Nonna, che orecchie grandi hai!” E io, che non sapevo cosa dire, risposi “E’ per sentirti meglio...”. Meno male, non mi aveva riconosciuto.”
“Meno male! E poi?”
“E poi continuò: “Che occhi grandi hai!” e io “E’ per vederti meglio!”. Mi ero scoperto un po’ la bocca e disse “E che bocca grande hai!”. Intanto aveva appoggiato il fucile così decisi di passare all’azione. “E’ per mangiarti meglio!” e balzai fuori dalle coperte.”
“Ooohhh! E poi?”
“Poi ci fu una grande zuffa in quella stanza. Lei mi tirò un pugno sul naso ma io riuscii a prendere tra le fauci il suo cappuccio rosso. E tiravo e tiravo...quando successe un altro guaio.”
“Ancora?”
“Un cacciatore che passava di lì, sentendo le urla e il trambusto, entrò in casa, si rese conto della situazione e iniziò a spararmi.”
“Ti ha colpito?”
“No, colpì un vaso che andò in mille pezzi. Io con un balzo sulle pareti riuscii ad uscire dalla porta e scappai nel bosco a perdifiato, con il cacciatore che mi sparava dietro. Ma andando a zig zag tra gli alberi riuscii a far perdere le mie tracce. Solo quando ero lontana mi accorsi di una cosa.”
“Di cosa?”
“Avevo la cuffietta della nonna ancora sulla testa!”
“La cuffietta che è all’entrata della nostra tana?”
“Proprio quella. L’ho tenuta per ricordarmi di un errore che non avrei mai più ripetuto. Ricordati, non rilassarti mai mentre sei in mezzo all’azione. Mantieni la tua concentrazione sino alla fine.”
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….Lavorando in Tribunale ho imparato che non bisogna solo ascoltare la versione di Cappuccetto Rosso, della nonna e del cacciatore, bisogna anche ascoltare la versione del Lupo Cattivo. Ti costa e magari il colpevole è sempre lui ma, a parte che non si sa mai, in ogni caso ti sei fatto una idea più completa della storia.


venerdì 13 settembre 2019


Il guaio di cercare se stessi è che a volte ti trovi. E ci rimani di stucco. 😊
Qualcuno si riconosce?

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“DONNA SCOMPARSA”, MISTERO RISOLTO

Un gruppo di turisti questo sabato ha impiegato ore alla ricerca di una donna scomparsa a Elgya, un canyon islandese, solo per scoprire alla fine che la donna faceva parte dello stesso gruppo di ricerca.

Il gruppo, in viaggo per l’Islanda su un autobus, si è fermato vicino alle pendici di un vulcano, quando qualcuno si è accorto che mancava una passeggera. La donna, che nel frattempo si era cambiata d’abito, non si è riconosciuta nella descrizione e si è aggiunta alla ricerca.

La ricerca si è protratta sino alle 3 di notte, quando divenne chiaro che la donna scomparsa, nei fatti, stava cercando se stessa.



giovedì 12 settembre 2019


LA SALUTE E’ UNA CORONA SULLA TESTA DEI SANI

La salute è una corona sulla testa dei sani
che solo i malati riescono a vedere
(Prov. Arabo)

Iniziai a percepire l’esistenza di questa corona quando mi ammalai, ma non ne parlavo perché chi la indossava non immaginava nemmeno di averla. La dava per scontata, come tante cose importanti della vita, cose di cui ci rendiamo conto solo dopo averle perse.

Ma nei giovani per esempio brillava stupenda.
E che dolore vedere certi che facevano quasi di tutto per levarsela e rovinarsi la vita. Anche qui non si rendevano conto, pensavano forse di essere invulnerabili.
Fumo, droghe, velocità eccessive, esperienze sbagliate…. la creatività della gente nel farsi male non ha limiti.

Ma come, avete la salute e ve la rovinate? A volte in silenzio mi lasciavo andare “ah, se solo potessi...”, “se quella corona l’avessi io...”. Pensieri inutili, forse consolatori ma inutili.
Potevo fare ben poco. Le mie parole di ammonimento, come quelle del Grillo Parlante, in loro entravano di qua e uscivano di là.

Talvolta tentavo la linea dura, “volete ridurvi come me?”. Ma venivo ascoltato poco lo stesso, anzi considerato quasi un menagramo. Poco male, bastava vedermi.

Così oggi mi limito a osservare, godere della bellezza e vedere il mondo che gira.
E se me lo chiedi, rispondo: sì, anch’io una volta ero un Re.
Se vuoi ti racconto la mia storia.



lunedì 9 settembre 2019


CICATRICI

Quando nasciamo siamo tutti belli e senza un graffio. Lisci e nuovi come dovrebbe essere.
Ma adesso, dopo più di 50 anni di acqua passata sotto i ponti, qualcosa onestamente nel mio corpo è cambiato. Noto tante cicatrici e segni particolari che raccontano ognuna una storia, dicono tante cose su di me. In un certo senso mi rendono unico.

Mi sono spogliato, messo davanti allo specchio e questo quello che ho notato.

BUCO BIANCO TRA I CAPELLI: un classicone, da piccolo mi agitai, caddi dal seggiolone e mi ferii alla zucca. A sentire i miei genitori sangue che zampillava, tanto spavento, una piccola cicatrice che è rimasta ma nessuna conseguenza. Seee, a ben vedere questa caduta spiegherà tante cose dei miei anni seguenti...

OCCHIALI: è da quando avevo 6 anni che porto gli occhiali. Mi sono sempre concepito con gli occhiali, fanno decisamente parte del mio Io. La montatura mi ha anche lasciato ormai i tipici solchi sul naso. Un Luca senza occhiali non lo sogno nemmeno. Devo ammettere però che in passato leggendo tanto ho accentuato la mia miopia e oggi sono una mezza talpa (- 8). Il prezzo della cultura, da me pagato senza fiatare.

NEO: ho un neo che mi sono autoprocurato a 16 anni, stuzzicandomelo sino a quando si è formata questa mini collinetta sul mento. Era l’epoca dei punti neri, una insana passione ereditata dalla prima morosa, di essi cacciatrice infaticabile. Ho pochissime foto e vaghi ricordi di lei (una nuvola bionda) ma basta guardarmi allo specchio e il neo mi riporta ogni giorno al primoammore.

ULCERA DUODENALE: questa ferita “interna” mi è venuta troppo presto ma ora sembra passata, a parte qualche bruciore quando cambia il tempo. Ricordo però mesi e mesi a pappine, riso in bianco e grissini. Allora si curava così, poi è arrivata la miracolosa Ranitidina e la tempesta nel mio pancino stressato finì. Ma il bruciore mi ricorda che non devo stressarmi, è sempre lì, sta solo dormendo.

SEGNO BIANCO SUL POLLICE SINISTRO: a 19 anni, mentre facevo il cameriere a Londra in un ristorante italiano (altro classico), tagliando una pagnotta mi sbregai anche mezzo pollice. Ma non c’era tempo per curarmelo bene, i ritmi erano frenetici. Un piccolo segno in fondo, quasi insignificante, ma personalmente dal grande significato: la sicurezza sul lavoro. Fa sorridere ma per me è così.

SCOLIOSI SUL LATO DESTRO: il segno forse più evidente e “fotografico” di una brutta malattia che mi è venuta da grande, la sclerosi multipla. Camminavo storto col bastone e, dalle che ti ridalle, la mia colonna vertebrale si è piegata. Mi piego ma non mi spezzo, caro il mio radiologo.

MANO DESTRA INERTE: la malattia mi ha colpito nell’emisoma destro, e scherzando dico sempre che ormai il braccio destro è “pendant” col sinistro. Ogni tanto guardo la mia inerte mano destra con tenerezza: “una volta tu suonavi Bach” le dico. Una volta, poi le cose cambiano e bisogna sapersi adeguare. Cambia o muori.

VIRUS EPATITE B NEL SANGUE: mi aveva giurato che era sana ma sana poi non era. Usate sempre il preservativo. La carica virale è molto bassa e ci posso convivere senza problemi, ma qualcosa di lei vivrà sempre in me.

FERITA SULLA COSCIA: l’ultima arrivata ma ha lasciato il segno. La testimonianza che ancora resiste e resterà di una brutta caduta di qualche mese fa. Camminare è sempre più difficile. Ricordati che devi cadere.

Alla fine è vero: si potrebbe raccontare la storia della vita attraverso i segni e le cicatrici sul corpo. Specchio, specchio delle mie brame, di chi è questo corpo del reame?




venerdì 6 settembre 2019


TORNATO A CASA

“Ancora sveglio?”
“Non riesco a dormire, mi spiace.”
“Sono le 3 di notte passate. Che succede? Cosa c’è che non va?”
“Da quando son tornato a casa dall’ospedale sono inquieto, non riesco a rilassarmi. Mi rivoltolo nel letto alla ricerca di un angolino fresco. Ho l’argento vivo addosso, come diceva mia nonna.”
“Eppure sei in casa tua, nel tuo letto. Dovrebbe essere il contrario, più rilassato.”
“E invece no. Sai cosa c’è che non va? C’è troppa pace in questa casa. In un ospedale non c’è mai silenzio, nemmeno la notte. Senti sempre il bip bip delle macchine, gli infermieri che passano e parlottano, il rumore dei ventilatori, quello che russa come un facocero nella stanza accanto… ormai dopo un mese mi ero abituato. E invece qui niente. Buio e silenzio.”
“Finalmente, direi.”
“Sì, finalmente. Che strano però, mi manca tutto questo. Ho cercato per tanto tempo il silenzio e la pace ma adesso che li ho raggiunti mi manca il casino.”
“Mai contento, Luca. Pensa ai tuoi progetti, a quel che devi fare. Perché ne hai di roba da fare, vero? Pensa a quella.”
“Sì certo, devo scrivere una roba importante, un lavorone che mi terrà impegnato almeno sino a fine ottobre. E ora che sono a casa mi posso dedicare a lui. Ma vorrei dormire.”
“Mmmm...troppo solo in questa casetta. Prenditi un gatto.”
“Pensi che basterebbe a contrastare l’isolamento sociale? Dubito. Con questa malattia diventiamo tutti un po’ orsi. In fondo per noi finire in ospedale è come per un sano andare in vacanza. Vedi posti diversi, conosci tanta gente nuova, fai esperienze... Alla fine non vedi l’ora di tornare a casa ma rimane la nostalgia per un mondo diverso.”
“Stai sparando un mucchio di sciocchezze. Eri in ospedale, non in vacanza.”
“Ma è un fatto psicologico che ha un suo perché, l’intenso valore psicologico di un tempo diverso dal solito. Quest’anno tu sei andato in vacanza? Queste son state le mie, se permetti ci penso.”
“Oddio, inizia con le sue teorie. Tu pensi troppo, Luca.”
“Sì, forse hai ragione. E’ uno dei doni dell’insonnia.”
“A questo punto perché non prenoti un soggiorno già per l’anno prossimo?”
“Ma infatti! E’ quello che ho detto uscendo agli infermieri: “se trovano una cura per la sclerosi multipla, sospetto che non ci rivediamo più. Altrimenti, all’anno prossimo!” e giù risate.”
“Stavi scherzando, ma non troppo.”
“Mi conosci bene. Comunque...che silenzio c’è stanotte. Non pensavo di avere così bisogno della gente.”






giovedì 5 settembre 2019

IO NON SONO 307
“Allora oggi è il gran giorno, 307, quello che volge al desio.”
“Ha perfettamente ragione, Dottore. Ormai dopo 40 giorni e 40 notti in ospedale mi sento come Gesù Cristo nel deserto. Ho vinto il demonio e voglio tornare a casa.”
“Sì, questa voglia di vivere è quella che volevo sentire. Bisognava prolungare il ricovero per completare degli accertamenti, ma ora tutto è compiuto. Come si sente adesso?”
“Bene. Ma non ne posso più di questa livella, voglio riprendere la mia identità.”
“Di che livella parla?”
“Lei conosce La Livella, la poesia di Totò ambientata in un cimitero. Ecco, se il cimitero è la livella dei morti, l’ospedale ho capito che è la livella dei vivi. Qui non ci sono più ingegneri, meccanici, cuochi, contadini, tecnici...qui siamo tutti uguali, siamo tutti diventati pazienti. E guai a chi non si rassegna e pensa ancora di essere speciale, diverso dagli altri. Quante delusioni.”
“Eh a volte me lo dicono gli infermieri, col pigiama sembrate tutti uguali. Ma alla fine le diversità emergono, le assicuro. E spero che il personale sia stato comunque efficace e gentile con lei in questi giorni.”
“Molto, ha dato il massimo. Fin troppo, Dottore. La vita in ospedale in fondo è comoda, pensano a tutto gli altri. Fa quasi paura per uno che ha la sclerosi multipla uscire nel mondo. Ma oggi sento un bisogno quasi di... di scomodità. Non mi fraintenda, non vorrei sembrarle ingrato.”
“Non si preoccupi. Entrare nel mondo, insomma, uscire dalla palude dell’ospedale.”
“Una bella palude, è questo il problema. Ma ha ragione lei, è ora di ritornare nel mondo e riprendere la mia vita. Io non sono 307, io sono Luca!”

BÀBA

"Sei una brava infermiera, Bàba. E hai imparato anche molto bene l'italiano ."
"Grazie, letto 307. Sono in Italia da 5 anni ormai e mi sono impegnata tanto."
"Ma ti sei integrata alla grande direi. Che pelle nerissima hai. Da che paese dell'Africa provieni?"
"Dalla Costa d'Avorio. Lì ero laureata in economia."
"Cos..? E allora perché sei venuta in Italia?"
"Perché sono uno spirito libero! Volevo vedere il mondo e a me piace viaggiare. Sono del segno dell'Acquario!"
"Oddio non mi dirai che anche in Africa credete a queste str ... scemenze?"
"L'Astronomia è importantissima nel nostro paese, la magia il soprannaturale... non è come qui. Tutto è deciso dalle stelle matrimoni, fidanzamento, lavori viaggi tutto."
"Ma, scusa la domanda delicata, tu che religione segui?"
"Sono mussulmana."
"Allora mi sembra che per i mussulmani la magia e il diavolo non esistono, sono vietati, come fai tu a credere a queste cose?"
"Perché anche per i mussulmani esistono i djinn, gli spiriti malvagi. Sono demoni in forma umana che quando li incontri ti rovinano la vita, ti entrano nei sogni, ti fan fare incubi terribili e diventi pazzo. Bisogna stare attenti."
"Scusa, fammi capire... tu con la tua intelligenza sei veramente convinta che tra di noi si aggirano spiriti maligni in forma umana?"
"Guarda che nel fondo del tuo spirito anche tu ci credi."
"Io so che esistono purtroppo uomini e donne molto cattivi. Nel mio lavoro in Tribunale ne ho incontrati, non sono tanti ma ci sono. Ed erano comunque sempre esseri umani, non soprannaturali."
"Ti rivelo un segreto. Sono scappata dal mio paese perché mi ero accorta che il mio fidanzato era uno di loro, un djinn!"
"Non ci posso credere... strano modo di pensare, Bàba. Lo rispetto ma non lo capisco proprio. Me l'avevano detto, un occidentale non capirà mai questo pensare."
"Era un uomo cattivo popolato da un demone. ..ma vedo dai tuoi occhi che non mi credi. Ci dovevamo sposare però ho visto nel suo cuore. Ho avuto tanta paura e sono scappata."
"Qui lo spiegheremmo forse in altri modi, più razionali. Ma come ho detto prima, tanto rispetto. È un pensiero arcaico, molto profondo."
"Allora anche tu ci credi."
"...Almeno qui in Italia hai trovato la pace?"
"Devo andare ancora più lontana, in America!"
"Madonna santa Bàba, ti auguro di fermarti prima o poi, di raggiungere la pace."
"Grazie, e tu la salute! Prima o poi sconfiggerete il vostro djinn, quello che causa la sclerosi multipla."
"Speriamo. Prima o poi lo elimineremo. E tu trova il tuo acquario felice, pesciolina nera!"


MOTORI

"Davide, grazie a te ho battuto un record."
"A me?"
"Sì. In un mese di ospedale con te ho visto più programmi TV sui motori che in tutta la mia vita. Non te ne perdi uno: Gran premi, Formula Uno, Moto Gp, analisi delle gare, discussioni sui motori, prove di circuito, tutti li vedi."
"Eh caro 307, i motori sono la mia passione. Che nostalgia di quando eravamo io la strada e il camion."
"Mmmm ... troppo solitario. E tale sei rimasto. Ho notato che non socializzi con nessuno qui in ospedale. Stai sempre a fumare per i fatti tuoi."
"Non ho visto persone che mi piacciono."
"Ma non ti sta bene nessuno! Guarda che con la nostra malattia, la sclerosi multipla, non è conveniente stare da soli."
"Vedremo. Per adesso va così. I motori sono meglio della gente."
"Mamma mia, è più che passione la tua, è una febbre, una vocazione. Scommetto che hai fatto pure delle gare."
"No gare mai, ma la Volvo quando usciva un modello di camion me li faceva testare sui circuiti di Formula Uno."
"Veramente?"
"Yeah. Monza, Le Mans in Francia, Montmelò in Spagna, Hockenheim in Germania. Bellissimi."
"Sei andato anche a Maranello dove provano le Ferrari?"
"Certo. Dal mio camion parcheggiato avevo una visuale privilegiata dall'alto. Vidi tanti prototipi di vetture e i loro piloti. Come era bravo Schumacher."
"È stato il più bravo?"
"No, il migliore è stato Jochen Rindt."
"E chi è? Mai sentito. Confesso la mia ignoranza."
"È stato ed è tuttora il mio idolo. Vederlo guidare era un insegnamento. Da ragazzo gli assomigliavo."
"E tra i circuiti invece quale il più emozionante?"
"Imola. A Imola ero di casa. Conoscevo bene quella pista e il suo rettilineo molto pericoloso. Per farlo col camion bisognava essere esperti."
"Che difficoltà può avere un rettilineo?"
"Non era in piano ma in discesa e anche molto ripida. Mentre guidavi in certi momenti non vedevi la strada, sembrava di volare. E arrivato alla fine della discesa si trovava pure una maledetta curva. Quanti si sono stampati."
"E tu?"
"Mai niente, il Volvo era un ottimo camion, aveva uno sterzo favoloso. E un giorno che non c'era nessuno sai cosa ho fatto?"
"Cosa?"
"Sono salito sul podio, quello che si vede in tv. Avevo tutto il circuito ai miei piedi. Sono grande! Sono il numero uno!"



I NUMERINI DEL SUDOKU

"Gabriele, ma che cazzo combini?"
"Che vita infame, 307, che vita infame."
"Ma non dovevi uscire oggi dal reparto? Ieri sera grandi festeggiamenti, hai offerto la pizza a tutti e mo' stai qua ancora."
"E invece stamattina mi son svegliato con 40° di febbre e i medici mi han proibito di andar via. Qualcuno me l'ha tirata."
"Ma va, è la sfiga che non ha regole precise. Adesso come stai?"
"Adesso sto bene, all'anima di chi è stramorto! Mi han imbottito di antibiotici e la febbre è già scesa. E ora mi tocca riorganizzare tutto per uscire da questo maledetto ospedale."
"Dì la verità. Non volevi andartene via."
"Sei già il terzo che me lo dice. Hai vinto un vaffanculo gratis, contento?"
"Dai si fa per scherzare."
"Io mi son rotto le palle di stare qui dentro. Voglio uscire! Oggi dovevo mangiare nel miglior ristorante del paese mio e invece sto qua in questo...non mi far parlare che mi comprometto..."
"Ma sì che ci andrai. È solo questione di tempo."
"Come ha potuto il mio corpo tradirmi così? Infame e stronzo."
"Gabriele, noi con la sclerosi multipla non ci possiamo fare conto sul corpo."
"Mi sento come i numerini del sudoku, hai presente? Quelli piccolini."
"Ah sí, i provvisori."
"Appunto, che poi vengono cancellati perché non valgono più. Ecco. Chiedevo troppo? Solo di uscire dall'ospedale!"
"Tieni duro Gabriele. Ce la farai."
"E quando uscirò il primo che mi parla di ospedale lo mangio. Tutto me lo mangio. Che quando torno a casa di notte e apro il frigo non voglio trovare niente!"