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venerdì 30 novembre 2018


IL RADIO AMATORE


La moglie alzò gli occhi al cielo quando il marito iniziò a parlarmi con entusiasmo del suo hobby, la radio! Nel sottotetto, il suo rifugio segreto, aveva accumulato tutta una serie di costosi e modernissimi apparecchi.

E se avevano invitato a pranzo un ragazzo come me (tanti anni fa ormai) non era solo per compiere una buona azione. Sospettai nella mia testolina che così lui ne poteva parlare finalmente con qualcuno che ascoltava senza sbuffare.

Gli brillava lo sguardo quando iniziò a discutere di frequenze, onde radio, cavi e altre cose che francamente non ricordo più. Era la prima volta che incontravo un vero radio amatore, razza misteriosa di gente che lavorava al buio e a suo dire era in contatto radio con mezzo mondo.
All’epoca non era come adesso, che con il computer è facilissimo connettersi al mondo, bastano pochi clic e vai sui vari social (facebook, twitter, intagram etc). I computer allora erano grossi come stanze, se lo potevano permettere solo banche e aziende e non c’era ancora internet. E una vera radio era come un piccolo mobile.

A fine pranzo mi disse di seguirlo e mentre mi accompagnava in soffitta mi rivelò un suo segreto: “In realtà ho comperato questa casa perché è in una posizione favorevole, è ben esposta e riceve onde radio da tutto il mondo. Ma tu non dirlo a mia moglie eh!”

Dopo una scaletta aprì una porticina ed entrammo nel suo regno, una soffitta piena di ronzii, cuffie e strumenti vari. Si sedette davanti ad una grande radio e la accese. “Sentirai adesso, sono in contatto con un immigrato in Australia!”

Bzzzz….bzzz….la connessione venne stabilita e iniziò a parlare ad un microfono.
“Ciao amico! Sono Gino dall’Italia….come stai?….come va la famiglia?….sì, ho preso un microfono nuovo…. Cosa avete mangiato oggi? Che tempo fa da voi?...”

Andò avanti così per 10 minuti. Mi sembrava di ascoltare tante banalità, ma l’importante era la connessione in sé e non certo il suo contenuto. Ero stupito dal contrasto tra la spesa, la fatica, l’impegno etc e la qualità della conversazione, simile a quella che poteva avere col portinaio sotto casa. Non dissi nulla, ovvio, non volevo scontentarlo e inoltre lui era troppo entusiasta. Chissà se anche per gli altri radio amatori era così.

Quando finì chiuse il microfono e si voltò verso di me con gli occhi brillanti: “Hai visto che roba? Eravamo in diretta con l’Australia! Ma quando ti ricapita!”
Io annuii e sorrisi, senza dirgli delle mie perplessità di prima.

Anche oggi, quando sento qualche vecchio saggio lamentarsi che molti usano il potentissimo internet per scambiarsi solo foto di gattini, sciocchezze varie e notiziole non posso fare a meno di pensare a lui: “Tranquillo, anche una volta era così, solo che non se ne accorgeva nessuno!”

Caro vecchio radio amatore in anticipo sui tempi moderni, forse hai scoperto qualcosa. Quante cose sono cambiate, chissà cosa sei diventato ora.



mercoledì 28 novembre 2018

UNA STORIA DI FANTASCIENZA
seconda parte


(riassunto prima parte: esplorando un pianeta lontano, gli astronauti scoprono che gli alieni si erano trasformati in aria, che in quei giorni avevano respirato a fondo)
...Dopo la rivelazione ci fu un attimo di silenzio. Ognuno degli astronauti stava ascoltando se stesso per vedere se era cambiato qualcosa.
Qualcuno commentò: “Questa atmosfera è una gelatina di spiriti...”.
“Lo sapevo che non bisognava togliere il casco, lo sapevo. Adesso che ci succederà?”
“Se scopro che mi sto trasformando in un alieno la faccio finita prima! Vi ricordate cosa è successo alla Jazzi?”
“Non si sa ancora cosa sia successo a quella astronave, l’hanno solo trovata vuota che vagava.”
“Lo sai anche tu ch….”
“Basta così -gridò il comandante della nave, la bulgara Jana Pliski-, non voglio sentire un’altra parola. Ho già avvisato il comando centrale, sanno tutto e quando torneremo ci metteranno in quarantena. Per precauzione nessuno uscirà dall’astronave fino a nuovo ordine. E vi sottoporrete ad un esame medico completo in Cabina entro domani mattina. D’accordo?”.
Jana guardò severa gli astronauti.
“D’accordo”, risposero tutti. L’esame medico completo non era una passeggiata ma nessuno si oppose.
“Agli psichiatri del centro, per avere un quadro completo, piacerebbe sapere se qualcuno di voi ha avuto sogni insoliti”.
“Io...io stanotte ne ho fatto uno veramente strano.”
Era il più giovane dell’equipaggio, un giovane ingegnere spaziale, forse quello più timido e sensibile di tutti. Un buon acquisto, ma molto troppo silenzioso.
La Comandante, notando che nessuno faceva i soliti commenti scherzosi, si accorse che stava succedendo qualcosa di non detto. Quello era un momento cruciale, doveva dimostrare a tutti la sua stoffa di capo.
“Vieni con me”, ordinò perentoria al giovane.
Andarono nella Cabina medica, sfrattò chi c’era e con l’aiuto di un tecnico sistemò sulla testa del giovane l’apparecchio che mostrava i sogni dell’ultimo mese. Come macchina era poco potente, a terra ne avevano altre che andavano indietro anche di qualche anno. Ma per loro andava benissimo..
“Di solito la macchina non viene usata, ma questo è un caso speciale. Se ci dai la tua autorizzazione procediamo. Ogni notte facciamo circa 15 sogni, bisognerà scoprire quale è il tuo. Alla fine del sogno ti sei svegliato?”
“Sì, ma è stato un bel sogno, non un incubo”.
“Meglio così. Partiamo dall’ultimo allora. Tieni gli occhi chiusi per almeno 10 minuti”.
Il tecnico accese il dispositivo e dopo qualche secondo venne proiettata sulla parete una immagine confusa, sempre più nitida. Si intravedeva il giovane ingegnere vagare tra i corridoi del grande Uovo. Dalla stanza dove avevano trovato la cassa con i progetti sembrava provenire un rumore selvaggio.
Il giovane si affacciò alla porta e vide dentro un’orgia, tutti avevano sesso con tutti. Tra i vari corpi nudi si potevano riconoscere gli elementi dell’equipaggio. Jana si vide come la vedeva il giovane, una donna selvatica. Il giovane ingegnere nel sogno non diceva una parola, non aveva dimostrato neanche sorpresa davanti alla scena dell’orgia.
Poi il ragazzo proseguì ed entrò in una stanza dove lo aspettava una ragazza. Lei si alzò dal letto, gli sfiorò i polmoni e disse “Stai con me, liberati”. I due giovani si baciarono e iniziarono a far l’amore con passione, alla maniera dei giovani innamorati, guardandosi e baciandosi.
Mentre guardava la scena Jana non poteva fare a meno di pensare che… erano andati fino alla fine dell’Universo per scoprire cosa?
Che nonostante tutto nessuno di loro voleva rinunciare al suo corpo, che il paradiso vero non era certo vivere in estasi e immateriali come l’aria ma godere e amare dal vivo il proprio amore... che emozione!


lunedì 26 novembre 2018


UNA STORIA DI FANTASCIENZA
(prima parte)

Ci sarà una volta in un lontano futuro... una astronave che dopo un lungo viaggio ai confini dell’Universo atterrerà su un pianeta disabitato. E’ la prima volta che quel suolo viene toccato da mani umane.

I componenti della navicella spaziale escono circospetti con i laser in pugno a esplorare il territorio, nervosi e pronti ad affrontare chiunque ma... non c’è proprio nessuno. Nessuna forma di vita, di nessun grado, solo una distesa di sabbia grigiastra che si estende sino all’orizzonte.

Il pianeta non aveva insomma alcun attrattiva tranne uno: era dotato di atmosfera, aria respirabile! Dopo le dovute analisi, il soldato più intraprendente si levò il casco e respirò a pieni polmoni, presto imitato da tutti gli altri. Era bellissimo respirare aria fresca, dopo mesi passati a respirare l’aria artificiale della navicella.

L’esplorazione continuava e presto il drappello di soldati si imbatté in una strana costruzione, di fattura evidentemente aliena e non umana. Sembrava un gigantesco uovo con una piccola porta.

Entrando circospetti, i soldati scoprirono con sollievo che anche quella struttura era totalmente disabitata. Ma dov’erano finiti tutti? Alla fine del corridoio principale però trovarono una cassa.

Aprendola con cautela, videro che era piena di grandi fogli. Non c’era nient’altro altro e sui fogli si notavano dei segni strani, disegni dalle forme sconosciute che a nessuno evocavano alcunché.
Li raccolsero tutti e li portarono al capitano della navicella, che non riuscendo nemmeno lui a decifrarli li inserì dentro il computer di bordo. Forse comparando e analizzandoli il computer ci avrebbe capito qualcosa.

Una settimana ci mise il computer: si era basato sulla matematica, un linguaggio universale, ma anche così non fu facile capire di cosa si trattava.

Alla fine il computer diede il suo responso: in quei fogli non c’erano disegni, non c’erano tracce di letteratura o altro, bensì parevano progetti. Gli alieni scomparsi avevano lasciato dietro di sè dei progetti di costruzione.

Costruire cosa? Nei fogli era descritto un complesso procedimento per trasformare corpi solidi in aria, gli alieni avevano scoperto che diventare come il vento era come vivere in paradiso, in una eterna beatitudine.

I soldati e il capitano, dopo aver sentito il computer esprimersi, si guardarono sbigottiti. Senza saperlo, tutti avevano respirato alieni sin da quando in quel pianeta si erano tolti il casco. Adesso erano dentro di loro, nel sangue e nelle ossa, li avrebbero per sempre trasportati con loro.

(fine prima parte)




I MIEI 10 PROGRAMMI PREFERITI

Ormai internet sta mangiando tutto, mi affretto ad elencare alcuni programmi televisivi per me imperdibili e che mi hanno segnato prima che cadano nel dimenticatoio. La memoria umana sappiamo che è debolina e va rinfrescata ogni tanto.
La tv italiana è spesso criticata (e non so a che livello è nel mondo), ma alcune trasmissioni erano proprio belle belle, dai, le ricordo volentieri. Ne dico 10.

QUELLI DELLA NOTTE: ah quelle notti estive con il ventilatore addosso, a divertirsi con uno di quei programmi cult che han fatto la storia. Me li ricordo ancora bene i personaggi, l’imprinting fu fortissimo. E dopo uscire per incontrare gli amici, rinfrancati nello spirito. Pura italianità.

L’ALBERO AZZURRO: l’esempio vero che si può fare una bellissima tv senza strillare, senza lustrini o colori eccessivi. Anzi, è bello essere curiosi. Grazie Dodo.

CAROSELLO: a ripensarci c’è qualcosa di inquietante: per anni io bambino andavo a letto dopo essermi sorbito 15 minuti di pubblicità! E la volevo fortissimamente! Però all’epoca c’era un patto segreto tra consumatori e produttori: io ti compro se tu mi fai divertire e mi racconti una storia. Non come adesso che la pubblicità è un filino invadente. Ma che ne sanno i Millennials nati dopo il 2000….

TELEGIORNALE: adesso per le notizie in tempo reale basta aprire il pc, ma tatatanti anni fa ogni sera gli italiani avevano l’appuntamento fisso del TG. Qualunque cosa stessi facendo mi interrompevo per seguire le notizie, una abitudine conservata per anni. Gli speaker avevano una responsabilità pazzesca e lo sapevano.

DOMENICA SPORTIVA: in altri tempi TUTTE le partite del campionato si giocavano la domenica pomeriggio e quella sera sul tardi in ogni casa dove c’era un maschio alfa vigeva il rito sacro della Domenica Sportiva. Mostravano tutti i gol, c’era la moviola e discussioni (ma senza alzare la voce come oggi). E alla fine della trasmissione tutti i maschi italioti si sentivano fratelli. Poi le partite si sono sparse, le notizie sfaldate in più giorni e quella sensazione si è persa.

STRISCIA LA NOTIZIA: mi sono reso conto del potere di questa trasmissione in tribunale, quando un gruppo di avvocati minacciava di rivolgersi al Gabibbo. E allora pensavo “ma se anche in un tribunale si pensa di rivolgersi al Gabibbo vuoi vedere che... il pupazzo rosso è diventato il simbolo della vera giustizia?” Pazzesco ma è così.

QUARK; questa trasmissione me la perdo troppo spesso e non dovrei. Ma questa estate, quando ero costretto a letto, se appariva il faccione rassicurante di Piero Angela non ammettevo disturbi e volevo un silenzio catacombale. Intelligenza, sensibilità e bontà d’animo quando sono unite diventano qualcosa di prezioso, da ascoltare in deferente silenzio.
MAI DIRE GOL: con tutte le sue varianti (Mai dire banzai, Mai dire mundial, Ma dire tv etc). La versione divertente e antiretorica della Domenica sportiva, e non a caso andava in onda il lunedì. Secondo il mio modesto avviso il capolavoro del trio Gialappa. Il calcio diventava un pretesto per sganasciarsi sul divano. Quanti comici sono usciti da lì!

CANZONISSIMA, SANREMO (in inverno) o FESTIVALBAR (d’estate): canta che ti passa, o italico abitante di questa landa. Tutte le seguivo.

CHE TEMPO CHE FA: l’ultima arrivata ma non ultima della lista. Essendo ancora in onda mi astengo dal commentare, dico solo che lo stile di Fazio (che fa parlare i suoi ospiti a dispetto di altri) a me piace molto.

E mi fermo qui. Ho tralasciato Giochi senza Frontiere, Portobello, Iene, Grande Fratello, Scherzi a parte, Zelig, Mike Buongiorno, Funari, Fiorello, Maurizio Costanzo, Domenica Inps, Mina, la Carrà etc ma lo spazio è tiranno. Boh forse ho dimenticato qualcuno ma assicuro che non l’ho fatto apposta.



domenica 25 novembre 2018

UN LUOGO MAGICO

Se abitate nei dintorni di Milano e una domenica volete visitare un luogo magico e pieno di forza, vi suggerisco la chiesetta del Ghisallo, dalle parti del lago di Como.
In un’oretta di macchina (Milano – Monza – Erba - Asso) siete sul cucuzzolo, dove c’è una spianata da cui si gode un panorama stupendo. Un baretto rifornito di tutto e un bel parco lo rendono ideale per una gita domenicale coi bambini.

Intorno si vedono tante statue e un piccolo museo. Come mai? Il valico Ghisallo per anni è stato un punto importante del Giro d’Italia. I campioni sono passati tutti da lì.
C’è una chiesetta ed entrarci è una esperienza stupefacente. Piccolina all’esterno, quando entri alle pareti ci sono appese… biciclette! E tante maglie rosa autografate che riempiono ogni spazio.

Bartali, Coppi, Merxx, Moser… tutti hanno lasciato la loro bici e maglia in segno di venerazione alla Madonnina del Ghisallo, patrona dei ciclisti.
Quando la visitai anni fa mi rendevo conto che non stavo guardando solo un pezzo di storia del nostro paese ma anche passione, la loro fatica, il sudore.

La vita è troppo spesso una salita e qui ci sono testimonianze vere di persone che hanno stretto i denti.
Gesti di forza e determinazione, ma quella vera, che non si arrende. Ma se pedali che te lo dico a fare.

sabato 24 novembre 2018


LO SGOMBERO DEI CASAMONICA

Premetto una cosa: ognuno casa sua ha diritto di arredarla come vuole. Se ci vuol mettere specchi dorati, statue di ghepardi o riproduzioni di Padre Pio a grandezza naturale è liberissimo di farlo.
Io non lo farei, ma rientra nel diritto di ognuno. Ognuno in casa sua ha il diritto di vestirsi, parlare o professare la religione che vuole etc.

Il guaio è quando la casa non è tua, anzi è addirittura abusiva. Molto abusiva.
E le villette nel fortino Casamonica erano TUTTE abusive, costruite in totale spregio delle regole. Anche i condoni più larghi le avevano evitate e da anni pendeva su di loro lo sfratto. Ma le amministrazioni passate, restìe ad usare il pugno di ferro (chissà perché) esitavano.

Poi i Casamonica hanno commesso un errore, che i criminali in auge commettono spesso.
Si sentivano un clan talmente forte ed invincibile, aldisopra della legge, che hanno oltrepassato il muro del “pudore” -chiamiamolo così- e si sono resi troppo visibili, ostentando la loro strafottenza (il funerale molto pacchiano, la testata al giornalista etc) e provocando una reazione dalle autorità.

E allora vai di ruspa e utilizzo della forza pubblica. Una operazione così imponente (600 agenti impiegati) non poteva sfuggire ai media. Anzi.
Chi di visibilità ferisce, di visibilità perisce. E allora vai con le foto ricordo, i proclami etc. Anche in questo caso io avrei evitato, ma ci si è messa di mezzo la politica che incasina sempre tutto.

Ultimi due pensieri miei: temo che adesso il clan si spargerà un po’ ovunque, disseminando di robe brutte territori a posto. E’ paradossale, ma forse era meglio tenerli tutti raggruppati. O forse no, così hanno perso forza criminale e ricevuto un ceffone simbolico mica da ridere. In passato a volte questi atti son riusciti a distruggere organizzazioni radicate (peccato che presto ne sorgeranno altre).

Poi mi domando se lo stesso piglio le autorità locali lo avranno anche con altre situazioni, penso al palazzo di Casa Pound o tutti gli alloggi popolari abusivamente occupati, e sono tanti.
Ma a questo punto dubito: Roma, e non solo lei, ha una storia troppo lunga di abusivismo. E’ un ginepraio contorto.

Per far rispettare la legalità bisogna insomma aspettare che chi delinque faccia un passo falso o sennò succeda un disastro (vedi Ponte Morandi).
Purtroppo in Italia le cose vanno così: lo scandaloso prevale sull’importante.





LO STAI FACENDO BENE


“Dottore buongiorno, io e mia moglie siamo venuti da lei perché vorremmo delle informazioni.”
“Se posso volentieri.”
“Sa, è un momento particolare per noi. Abbiamo scoperto un mese fa che lei è incinta.”
“Congratulazioni signora.”
“Grazie dottore. Finalmente ci siamo riusciti.”
“C’è qualche problema?”
“No nessuno, la gravidanza sta procedendo bene e non vediamo l’ora di avere un bambino per casa. Siamo felicissimi. Ma...”
“Ma?”
“E’ il nostro primo figlio e ci vogliamo impegnare perché cresca anche sereno. Non solo sano, ma anche felice.”
“Non c’è da preoccuparsi per questo, anzi per nulla. Da quel che vedo sarete ottimi genitori.”
“Abbiamo letto molto ma alla fine abbiamo le idee più confuse di prima, ecco perché abbiamo pensato di venire da lei. A cosa dobbiamo stare attenti, anche per gli altri che verranno un domani. Avrebbe qualche suggerimento da darci, sia per i maschietti che per le femminucce?”
“Voi mi sopravvalutate, guardate piuttosto quello che i vostri genitori han dato a voi. Pensate ad amarlo il bambino, ci penserà la vita ad educarlo.”
“Appunto questo, Dottore. Mia moglie viene da una famiglia tormentata e non vuole che nostro figlio riviva certe cose.”
“Mai Dottore, è stato...terribile. Poi per fortuna ho trovato lui e la mia vita è cambiata. Cosa ci consiglia col mio bambino? Non ho avuto dei begli esempi da seguire. Ci dia qualche indicazione pratica.”
“Guardate, rischio di elencare tante banalità.”
“Non fa niente, la ascoltiamo.”
“Sarà superfluo ma, oltre naturalmente ad amarlo, voi continuare ad amarvi e rispettarvi come coppia. Un padre che continua ad amare e parlare con la madre e viceversa, ve lo dico sinceramente, è il più bel regalo che potete fare ai figli.”
“Ma basterà?”
“No che non basta, ma certo è un buon inizio. E sono felice di vedere che mentre ve lo dico vi siete presi per mano. Poi ho notato che insegnare ai bambini ad essere gentili con gli animali porta al rispetto da adulti. Prendetegli un piccolo animale da compagnia, un cagnolino, un gatto, lo farete felice di cuore e gli insegnerete il rispetto, che è la base di un buon carattere.”
“Abbiamo già un cagnetto.”
“Perfetto. E non dimenticate di mostrargli la bellezza del mondo, essere in contatto con la natura arricchisce la vita, una ricchezza che potrebbe tornare utile in qualsiasi momento difficile. E quando sarà più grandicello arte e sport. Per ogni età la sua bellezza.”
“Va bene.”
“Poi io vi conosco da poco, ma sono sicuro che entrambi avete degli hobby, delle passioni. Trasmettetele senza indugio, ai bambini l’entusiasmo piace.”
“Dottore, io non ho particolari hobby, a me piace il mio lavoro.”
“E dice poco? Passare ai propri figli la passione per il lavoro è importante. In fondo è sempre l’esempio quello che conta. E alla fine… vi dirò un mio piccolo pallino: parlate pure in dialetto ai vostri bambini. Il dialetto è la lingua dell’amore, la lingua dell’infanzia. E’ quella che riesce ad esprimere i sentimenti più profondi.”
“Ma... lei in fondo ci ha detto tutte cose normali.”
“Sono sempre le migliori, fidatevi.”



giovedì 22 novembre 2018


ESATTAMENTE 50 ANNI FA


“Oggi 22 novembre 2018 per ogni fan dei Beatles è un giorno speciale! Esattamente 50 anni fa usciva il White Album, sempre sia lodato.”
“I Beatles sono un gruppo musicale?”
“Certo tesoro, il gruppo più famoso degli anni ‘60. Mioddio le basi, John Paul George e Ringo...”
“Ah roba vecchia allora. Ma perché parli sempre di musica?”
“E’ il mio modo per ringraziarla. Lei era accanto a me quando non c’era nessuno.”
“E cos’ha di speciale questo album bianco? Perché si chiama così?”
“Perché la copertina è completamente bianca. E’ il loro album più venduto di sempre, un disco gigantesco, pieno di capolavori. Troppo avanti e qualche pezzo secondo me è ancora da scoprire.”
“Ti piacciono proprio questi Beatles.”
“E questo è uno dei brani più belli del White Album. Ascolta, non dire che non lo conosci.”



mercoledì 21 novembre 2018


PIETRO IL MORO

“Allora, papà, che ne pensi dell’Olanda?”
“Mi piace. E’ tutto molto curato e bello. Pensavo che a novembre facesse più freddo se devo essere sincero.”
“Veramente siamo a + 3 sopra lo zero.”
“Però è un freddo secco, percepisco meno freddo che a Milano. E poi, lasciamelo dire a me che sono in carrozzina, girare per queste strade è un piacere, sono lisce e completamente accessibili ai disabili. Non c’è il minimo gradino.”
“Qui è la normalità, gli olandesi sono molto civili. Fin troppo, hanno una vera ossessione per le regole. I primi tempi che ero qui a studiare ammetto che ho avuto delle difficoltà. E poi non so se hai notato, ma nessuno ha tende alle finestre.”
“Vero. Ma così ti possono guardare in casa! E la privacy?”
“Qui non devi avere niente da nascondere e non solo. Un mio amico che aveva il salotto in disordine è stato rimproverato perché gettava discredito al condominio.”
“Che pressione sociale pazzesca. Nessuno si fa i fatti suoi insomma, sei sempre osservato.”
“Poi ti abitui. Perlomeno non c’è il pettegolezzo che regna in Italia. Hai visto quanti alberi di Natale?”
“Che bella atmosfera. Ci sono tante luci e Babbo Natale da tutte le parti. Ma è diverso dal nostro: ha sempre il barbone bianco ma anche un lungo bastone e una grande croce sul vestito rosso.”
“Non farti sentire dagli olandesi che lo chiami Babbo Natale, lui è San Nicola e viene molto prima.”
“San Nicola di Bari?”
“Proprio lui e tra pochi giorni il 5 dicembre è il suo giorno. E’ un bel periodo, nei Paesi Bassi il natale è una festa veramente sentita. ”
“Toglimi una curiosità. Perché tutti i bambini sono vestiti da paggetto, con la piuma sul cappello e la faccia nera?”
“Si vestono da Zwarte Piet, Pietro il Moro, il piccolo aiutante di San Nicola, nero e agilissimo. Molto amato dai bambini.”
“Mai sentito.”
“C’è una leggenda su di lui che qui in Olanda va fortissimo. San Nicola cercava un aiutante ma tutti rifiutavano, troppo faticoso. Disperato si rivolse pure al diavolo che gli diede subito Pietro il Moro, un folletto che all’inferno combinava solo pasticci.”
“Ah ah ah, come tanti bambini!”
“San Nicola da quel dì se lo porta sempre dietro. E’ il suo aiutante, si arrampica sulle case per portare doni e caramelle ed è sempre pronto a far capriole. Ogni tanto fa qualche scherzo ai bambini ma San Nicola lo perdona sempre.”
“Che tipo di scherzo?”
“Spaventa quelli cattivi dicendo che li porterà all’inferno, cioè in Spagna.”
“Spagna?”
“E’ da lì che veniva Pietro il Moro.”
“Non è un po’ razzista tutto questo?”
“Il contrario. Non sarebbe amato così tanto. Ogni anno io vedo le strade invase da tanti piccoli Zwarte Piet. A suo modo è un eroe da imitare.”
“Hai ragione. Così i bambini imparano già da piccoli ad amare e accettare la diversità. Forse è anche per questo che i disabili in Olanda son così considerati. E bravo Pietro il Moro!”



martedì 20 novembre 2018


NIJEMEGEN (OLANDA)

Non è un giorno come tutti gli altri. 
È il giorno della laurea in Olanda di tuo figlio Giacomo in Neurolinguistica.

Sei orgoglioso di lui ed è proprio il caso di alzarti da quella maledetta sedia.

Ha imparato cose che io neanche immaginavo e ci teniamo vicini


NOTE SU UNA CANZONE MERAVIGLIOSA
Stairway to Heaven (Scala per il Paradiso) è la canzone più nota dei Led Zeppelin e una delle più belle e famose in assoluto. Tutti gli adolescenti negli anni ‘70 hanno mimato davanti allo specchio l’assolo finale di chitarra e solo per fortuna nostra gli specchi non possono parlare.
Tu sei donna e forse pensi che questa canzone non la conosci ma sbagli, ti assicuro. Molti ragazzi di allora hanno iniziato con la chitarra proprio per suonarla e impressionarti, provandola così tanto che un negozio inglese di strumenti musicali, esasperato dai dilettanti, aveva affisso il cartello “E’ severamente vietato arpeggiare Stairway to Heaven”.
Tutto inutile. Una radio rock che si rispetti la trasmette almeno una volta al giorno, sono 10 minuti (eh sì, è lunghetta) che chi ha il cuore rock sotto la cravatta ascolta deferente come un rosario.
Ma il testo cosa significa? Mistero. Nemmeno Robert Plant che è il suo autore lo sa. “L’ho scritto di getto, in modo automatico, stupendomi poi del risultato” dice nelle interviste. Io però non ci credo molto, fa parte un po’ del mito dei Led Zep come gruppo magico e poi il testo è costruito troppo bene.
Le parole sono una catena di immagini poetiche e positive (anche se i soliti balenghi vi hanno visto messaggi satanici), a parte l’ultimo inquietante verso: “to be a rock and not to roll”.
Un bel doppio senso diventato quasi proverbiale per indicare una situazione trattenuta, che non si sblocca: letteralmente vuol dire “essere una pietra e non rotolare” ma è evidentissimo il riferimento alla musica rock’n’roll, di cui i Led Zeppelin erano (e sono, poche balle) il top.
Curiosità: nelle versioni dal vivo non c’è il basso, John Paul Jones preferisce suonare l’organo. E se volete ascoltarne una versione insolita (l’hanno rifatta un po’ tutti) sentite quella di Frank Zappa, in cui l’assolo finale è suonato dalla sezione ottoni, cioè trombe, tube e tromboni.
Come direbbe Lino Banfi “raghezzi, siete proprio genièli!”. E tanto altro ci sarebbe da dire.
Solo una cosa: alla fine ho ceduto. Era una vita che volevo appenderlo sopra il letto e l’ho trovato a 15€ su Amazon.
My home, my music, my rules


mercoledì 14 novembre 2018

ARTE
A volte basta così poco per rendere la nostra miserabile vita più bella. Forse hanno ragione i bambini quando con i pastelli pasticciano sui muri.
Non rassegnamoci allo squallore allora, "coloriamo tutti i muri". E pure le strade!


martedì 13 novembre 2018

MORTO UN GENIO NON SE NE FA UN ALTRO

L’adolescenza è un tempo difficile, lo sapete bene. Un periodo così importante….tante volte ci ho ripensato dopo. Incredibile come riescano ad essere gli anni migliori e insieme peggiori della nostra vita.

E allora che facevi Luca, topino di biblioteca occhialuto che eri?
Leggevo fumetti. Sempre fumetti, tanti fumetti: l’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Hulk, Silver Surfer, il Dottor Strange. Avevo la stanza piena di ”giornaletti” per la disperazione di mia madre quando doveva pulire.

Li compravo in edicola e neanche aspettavo di essere a casa, li leggevo per strada. Mi rapivano, mi insegnavano a sognare. Quante storie.

E se oggi sono in lutto, è perché è morto chi con la sua fantasia li aveva inventati tutti: Stan Lee. Forse a qualcuno non dirà nulla, ma tra 100 anni il suo nome verrà ricordato ancora.
Prima del suo arrivo ai giovani si proponevano figure invincibili e inarrivabili come Superman, i super eroi non conoscevano la paura e la sconfitta, fu Stan a scovare il lato umano e tormentato in ogni identità segreta.

Detta così sembra quasi una banalità, che dietro ad ogni adulto si nasconde una persona con i suoi dubbi e che vuole essere amata, ma così non è. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, una frase forte, usata spesso da Barack Obama nei suoi discorsi.

Il capolavoro di Stan Lee a mio parere fu l’Uomo Ragno. Avete mai visto Superman piangere per amore? Far la fila per una bolletta? L’Arrampicamuri lo faceva e io lo amavo per questo. Ho ancora da qualche parte i suoi primi preziosissimi 100 numeri. No mamma, non buttarli, sono importanti per me, mi insegnano tante cose.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.


lunedì 12 novembre 2018

UNA AGGIUNTA ALLA STORIA D'AMORE

Essendo il gattone Ralf pieno di nodi, questa sera Chiara ha deciso di dargli una bella spazzolata al pelo.

Mal gliene incolse. Appena ha iniziato a pettinare la schiena di Ralf, Bea -la micetta fidanzata- è accorsa e le ha dato una sgranfiata con gli artigli al braccio.

"Ahia! Bea cosa fai?"
Chiara l'ha guardata e in lei ha visto uno sguardo che le donne riconoscono subito:
"Non lo toccare! Quello è l'omo mio!"


domenica 11 novembre 2018

COSI' BELLO CHE NON SEMBRA VERO

È uno dei fiori più belli ed eleganti, solitari e appariscenti, con grandi petali bianchi e profumati, con stami numerosi a lunghi filamenti violacei di una rara bellezza. Vive un solo giorno. È il fiore del Cappero


UN AMORE DA RACCONTARE

Il 24 giugno di quest’anno, ripensandoci ora, fu uno dei giorni più drammatici della mia vita.

Stavo malissimo ma, cocciuto come sono, volevo curarmi il febbrone in casa mia dove vivo con Bea, la gattina. Ma stavo sempre peggio, quasi deliravo.
Solo con insistenza venni convinto a recarmi in Ospedale. Come ho già detto altrove, quel giorno arrivò l’ambulanza, mi impacchettarono come un salame e venni portato a sirene spiegate al Niguarda, dove i medici riscontrandomi una seria polmonite iniettarono botte pazzesche di antibiotico. Il Primario dopo mi rimproverò parecchio, avevo aspettato troppo.

Ma la storia che voglio raccontare è un’altra: ho ricordi molto confusi di quei momenti, non ero più in me. Lacrime d’oro mentre venivo portato via. Ricordo però che ebbi il lampo di Bea. E lei? Non potevo abbandonarla. No no, dovevo restare a casa.

“Stai tranquillo, tu vai in ospedale -disse Chiara, la mia amorosa fidanzata- Bea la porto con me, viene in casa mia a Roma”.
In quei momenti non ero in grado di discutere, solo di ringraziare se veniva risolto un problema (ancora grazie, Chiara).

Così la gattina venne infilata nel trasportino e portata in treno nella casa di Chiara, dove già c’era un altro gattone nero, Ralf. Chissà cosa hai provato, tesoro mio, da un anno e mezzo dormivi con me e ora ti portavano in un posto sconosciuto.

Da quel giorno i destini di Bea e il mio divergevano e ancora la devo rivedere. Sto recuperando e la convalescenza è più lunga del previsto (ho dovuto reimparare a camminare e per chi ha la sclerosi multipla non è facile) ma cosa è successo alla mia Bea? Come ha reagito Ralf?

Incredibile, appena Ralf l’ha vista, è andato da lei, l’ha leccata tutta e dopo il micione ha iniziato a seguirla sottomesso e a guardarla adorante. E il grosso Ralf pesa il doppio di Bea!
A quanto racconta Chiara, Bea ha presto spodestato Ralf dai posti migliori della casa, mangia prima di lui (segno nei gatti di dominanza gerarchica) ed è sempre un passo avanti. Insomma, lui la adora ma lei è altezzosa e quasi non lo considera.

Quasi. Nessuno può toccare Ralf se c’è Bea, i due sono inseparabili come fidanzatini. Tra i due è nato un legame forte, dormono vicini e fanno tutto insieme. Quando Chiara ha provato a farli dormire in due stanze diverse, Bea ha grattato miagolando la porta tutta la notte. Voleva andare, non poteva stare lontana da lui.

Insomma, pare scoppiato l’amore tra i due mici. E con che coraggio dopo questi mesi staccherei Bea da Ralf per riportarmela a casa? Sarei un egoista. No, meglio che resti con il suo Ralf.
Non sei più la mia bambina, sei diventata una donna con la sua vita. Ti devo lasciare andare.



venerdì 9 novembre 2018


IL BAMBINO CIECO

Durante il mio Tirocinio, tanti anni fa, capitai per qualche tempo in un asilo pieno di bambini starnazzanti. Incontenibili nei loro giochi e urlanti, le maestre avevano un bel daffare per tenerli buoni.
In un angolino al sole però era seduto un bambino di 4 anni immobile. Era cieco e le maestre avevano per lui una attenzione particolare. Mi dissero che, se volevo relazionarmi, dovevo mettermi alla sua altezza e toccargli le mani mentre parlavo.

Così ho fatto e ricordo che quel bambino, che teneva sempre gli occhi chiusi, rispondeva cortesemente ma non dava mai confidenza. Non era espansivo come altri bambini, stava sulle sue. Nei giorni seguenti passavo a trovarlo ogni volta, riconosceva la mia voce ma non diceva mai nulla.

Lo stesso atteggiamento lo notai anni dopo in un altro cieco. Stava camminando sul marciapiede, spazzando davanti a lui col suo bastone bianco come usuale. Ma stava arrivando un pericolo.
Improvvisamente si imbattè in una transenna messa lì da un operaio. Sarebbe bastato spostarsi di un metro a destra per superarla ma lui non poteva saperlo.
Evidentemente non se l’aspettava, per un paio di volte ci andò contro e poi si fermò con gli occhi sbarrati.

Mi avvicinai a lui e dissi: “Ha bisogno d’aiuto, signore?”
“Sì, grazie.”
Gli presi un braccio e, con tutta delicatezza, lo spostai quel tanto sufficiente perché potesse proseguire.
“Ecco, adesso può andare, la strada è libera.”
Se ne andò senza ringraziare o altro, muovendo davanti a sé il suo bastone bianco.
Rispetto.



martedì 6 novembre 2018


L’ASSASSINO

Ormai il caso è andato in prescrizione per cui ne posso parlare.

Più di venti anni fa, quando appena mi era stata diagnosticata la malattia, lavorando in Tribunale venni a conoscenza di un caso particolare: ad un omicida condannato all’ergastolo era venuta la sclerosi multipla progressiva e gli era stato prescritto l‘interferone, che se ricordate allora pareva la panacea miracolosa.

“Però -mi dicevo pensando a lui- questa malattia è veramente democratica (concetto che non mi sono più levato dalla testa), colpisce belli e brutti, buoni e cattivi. Che grande mistero.” Se poi vi chiedete come un malato di sm possa uccidere... purtroppo la tecnologia aiuta, premere un grilletto non richiede molta forza. Basta avere sangue freddo e quel killer ne aveva sin troppo.

L’Avvocato faceva il suo mestiere, cioé il diavolo a quattro: il cliente doveva essere subito scarcerato e rimandato a casa, in modo che potesse seguire la terapia e gestire gli effetti collaterali (febbroni e dolori) al meglio. L’assassino però aveva una condanna pesantissima ed era pure sospettato di altri 4 o 5 omicidi.

E che, lasciamo libero uno così? Il Tribunale era in grave imbarazzo, si doveva garantire il diritto alla salute (lo so che molti di voi non saranno d’accordo, ma la Costituzione così recita) con la tutela della collettività. Alla fine si trovò una soluzione intermedia: l’ala di un ospedale fu ristrutturata e lì spedirono l’uomo, insieme ad altri malati che, è il caso di dirlo, infestavano le patrie galere (una volta ci capitò uno spacciatore con il morbo di Hansen, comunemente detta lebbra).

Per inciso, io riuscii a vederlo questo omicida malato: entrò in aula zoppicando e attaccandosi alle sedie, manovra che io adesso conosco fin troppo bene. Era barbuto e incazzoso. Si sedette guardandosi in giro con aria cattiva.
Io a mia volta scrutavo lui (all’epoca in Tribunale non avevo ancora detto nulla, dissimulavo bene) e pensavo a quello che avevamo in comune. Per me fu indimenticabile.

E venire a sapere dopo anni di fuoco che l’interferone per la progressiva non serve, che l’industria farmaceutica aveva preso in giro tutti...ah!



lunedì 5 novembre 2018


STRANO FRUTTO

Strano frutto (in originale “Strange fruit”) è una canzone che dovrebbe essere ascoltata con profondo rispetto. Parla di qualcosa che noi fortunatamente non possiamo capire, solo ascoltare.

Una ragazzina nera di 12 anni va a scuola nella Louisiana razzista degli anni ‘20, tra i profumi delle magnolie e un sole caldo. Dietro un angolo intravede un albero con degli strani frutti che dondolano nel vento. Si avvicina e nota che sono i cadaveri di alcuni neri che sono stati impiccati dopo un linciaggio la notte prima. Li guarda per un momento e poi riprende la strada per la scuola.

“Gli alberi del sud portano strani frutti
Sangue sulle foglie e sangue alla radice
Corpi neri che ondeggiano nella brezza del sud
Strani frutti appesi ai pioppi”

La canzone, che fu a lungo bannata dalle radio per il suo testo, era l’ultima nei concerti di Billie Holiday. Dopo averla cantata era sconvolta e doveva sempre andare in bagno.

venerdì 2 novembre 2018


FARSI LA BARBA

“Io non capisco come fai a farti la barba, tu che per la tua malattia fatichi a stare in piedi e hai le mani tremolanti. Fossi in te mi lascerei crescere un bel barbone e buonanotte ai suonatori.”
“Non hai tutti i torti. In effetti in passato, anche per risolvere questo problemino, avevo provato a lasciarmela crescere. Ma per natura io non ho una bella barba, è bianca e piena di buchi.”
“Dì la verità, che con il barbone volevi incutere timore e superstizione!”
“Ci provavo ehehehe. Ma ottenevo solo il risultato che sembravo sciatto, un vero barbone. Tutti poi mi ripetevano che invecchiava di almeno 10 anni e sembrare Matusalemme non era nei miei piani.”
“E allora?”
“E allora le ho provate di tutte ma era come dici tu, stando in piedi mi affaticavo subito e finiva che la mano tremava e mi facevo degli sbreghi così. Vivendo da solo non potevo chiedere ad altri. E la maggioranza dei barbieri, nonostante il nome, ormai non te la fanno più. Mai capito esattamente il perché, forse la spesa non vale l’impresa.”
“Il rasoio elettrico?”
“Per carità, non vanno a fondo e poi se uno ha un po’ di fossette come me sono molto insoddisfacenti e con la fretta era come non farsela. Non credere alle pubblicità delle tv, niente batte il vecchio rasoio. Ho provato pure ad usare il computer per rasarmi con la webcam, ma era troppo laborioso.”
“Però una soluzione guardandoti l’hai trovata. L’ingegno si è aguzzato.”
“Te la faccio breve. Per ovviare alla stanchezza oggi mi rado mentre sto seduto sul seggiolino durante la doccia.”
“Eh?”
“L’acqua calda nel frattempo mi scorre addosso e con tutta la calma del mondo mi tolgo gli occhiali (come sai son pure cecato come una talpa) e mi rado. Che soddisfazione passarsi poi la mano sul mento. Dopo mi insapono come al solito, mi shampoo e quando esco fuori oltre che docciato sono anche sbarbato. Vittoria!”
“E la schiuma da barba?”
“Non serve. L’acqua calda ammorbidisce la pelle molto meglio, ti assicuro. Sai qual è invece un inconveniente? Che adesso quando mi rado lo faccio a memoria senza guardarmi, concentrato e con gli occhi chiusi. Le prime volte avevo difficoltà, poi ho imparato e adesso non ci son problemi. Problema risolto, almeno per ora.”
“La dimostrazione vivente che ci si adatta a tutto. Chissà come fanno le donne per il trucco.”



SOLO PER INTENDITORI

giovedì 1 novembre 2018


LA STRADA PER L’INFERNO

“Non mi vergogno di essere una bella donna, signor giudice.”
“Non ne dubito, signora, ma lei ha scelto una professione che la qualifica male.”
“Sempre meglio di tante mie amiche che si sono sposate e poi si sono pentite.”
“In che senso? Si spieghi per favore.”
“La strada per l’inferno non è lastricata di buone intenzioni ma di cattivi matrimoni. Questo ho imparato nella mia professione, giorno dopo giorno. Non lo sa? Quante ne ho viste di amiche infelici. E sa anche un’altra cosa?”
“Mi dica.”
“Alla fine i mariti venivano tutti da me. E’ proprio vero quello che si dice, che i migliori amici di quelle come noi sono le mogli. Se solo sapessero… si comporterebbero molto diversamente in casa.”
“Vecchio discorso. Immagino che lei allora non si sia mai sposata.”
“Per carità, troppe ne ho viste. Vivere circondata da unioni sbagliate in fondo per me è meglio, mi dà da vivere.”
“Lei è molto cinica.”
“Cosa vuol dire?”
“Disillusa, pessimista, senza grandi speranze. Si salvi da se stessa per favore.”
“Mi scusi ma a sentirla mi viene da ridere. Io non la conosco, non l’ho mai vista...”
“Grazie.”
“Però vado a colpo sicuro: pensi ai suoi amici e mi dica se ce n’è uno, solo uno, pienamente soddisfatto della sua vita coniugale.”
“La perfezione non è di questo mondo, signora. Siamo esseri umani.”
“E allora perché tutti questi matrimoni tristi? Queste anticamere dell’inferno? No, qualcosa nelle relazioni è andato storto, mi creda, ecco perché esisto io.”
“Non vorrà mica una medaglia.”
“E perché no? Meglio una come me, che almeno sono indipendente, che schiava. Ma tanto lo so cosa la società pensa di me, ormai mi sono rassegnata.”
“Non mi dica che le piace essere considerata un pezzo di carne.”
“Ha ragione, anch’io ho i miei sentimenti. Mi capita di pensare ai bambini...e a volte...ma poi mi guardo in giro e mi passa la voglia. Solo per avere una vita comoda tanta gente si è rassegnata. Certe mie amiche che odiavano lavorare poi sono finite peggio e non so se tornando indietro farebbero le stesse scelte.”
“Per questo motivo esiste il divorzio. E bisogna essere positivi, la vita a due e la famiglia sono doni preziosi.”
“Lei parla facile ma quanta infelicità, quante strade per l’inferno che vedo.”