LA DEA
I miei genitori
hanno gusti discutibili. Casa loro è piena zeppa di ricordi, souvenirs,
statuette, quadri foto etc. Ma proprio piena. Appendere un quadro nuovo è una
tragedia, tutte le pareti sono occupate da decine di quadri, non c’è un buco.
Quando ero
bambino vivere in una casa così, in cui dove posi l’occhio vedi qualcosa, mi
sembrava normale. Mi sarei accorto dopo che alla gente comune di solito piace
l’essenziale, mi è capitato di vedere in certe case anche delle pareti senza un
quadro! Inconcepibile.
Tanto per dirne
qualcuna tengono la statuetta di Biancaneve con i 7 nani, una collezione di
tazze da tutto il mondo, scacchi in tutte le fogge, modellini di galeoni, foto
incorniciate ovunque, quadretti dei lavori a maglia punto e croce di mia madre,
una botticella con dentro la grappa, la statua in legno di un indiano
d’America, libri su libri, annate dei National Geographic IN INGLESE (da cui
piccino ritagliavo le foto per le ricerche), bandiere, carte da gioco dell’800…fermatemi.
Sarà per questo
che i domestici da loro duravano sempre così poco, troppa roba da spolverare.
Comunque uno, il protagonista della nostra storia, alla fine era rimasto.
Si chiamava
Lalit ed era originario dello Sry Lanka, un’isola vicino all’India famosa per
le sue qualità di tè. Lalit era il tipico orientale dal carattere sempre
sorridente e serafico. In tanti anni non l’ho mai visto che dico arrabbiato,
nemmeno nervoso. Un vero seguace di Budda, ma alto e magro. Era venuto in
Europa per lavorare e guadagnare abbastanza per aprire un alberghetto dalle
parti sue (e dopo 10 anni di sacrifici ce l’ha fatta), lavorava con cura e
presto divenne molto richiesto.
Una mattina
mentre mi stavo recando in Università lo vidi inginocchiato davanti alla
statuina di Biancaneve. Mi fermai, stupito dalla scena insolita.
“Cosa stai
facendo, Lalit?”
“Sto pregando la
Signora”, rispose tranquillo indicando Biancaneve.
Venne fuori che
Lalit era convinto che Biancaneve fosse la nostra Dea e i sette nani intorno i
suoi fedeli adoranti. I nanetti eravamo tutti noi, che imploravamo la grazia. Tutte
le mattine allora spolverava con rispetto la Dea dei suoi padroni, poi si
inginocchiava e chiedeva protezione per i suoi cari lontani.
Non ebbi il
coraggio di deluderlo con “la verità”, in fondo andava bene così. Me ne andai e
con la coda dell’occhio vidi che aveva ricominciato a pregare.
La fede e
soprattutto il rispetto trovano vie insospettabili. E’ qualcosa che risuona
dentro. Non l’ho più dimenticato: Lalit mi ha insegnato questo, che nella mia
vita difficile anche una semplice statuetta può diventare un momento di pace e
serenità.
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