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sabato 29 giugno 2019


DUE CANZONI IN UNA

Nel video da Youtube la versione originale di “Bring it on home” di Sonny Boy, ricopiata paro paro da Robert Plant nell’ultimo brano di LZ II. Ma poi la canzone finisce ed ecco comparire il genio del gruppo.

Jimmi Page ti spara un riff elettrico da paura e tutta la band lo segue in crescendo. E’ soprattutto la voce di Plant a stupire: in teoria ripete le le stesse parole di prima. Nella pratica sembra un’altra canzone.

Da ragazzo pensavo fossero anzi due canzoni diverse che i LZ chissà per quale stranezza avevano deciso di chiamare con lo stesso nome. Poi da adulto mi sono accorto che era lo stesso brano. Ma arrangiato talmente diversamente che bisognava studiarlo bene per capire.

Chi accusa di plagio i LZ non sa che cazzo dire. O è in malafede. Se avessero cambiato le parole non se ne sarebbe accorto nessuno, nemmeno Sonny Boy. I LZ son stati sin troppo onesti.

Per me questa canzone è la ennesima riprova della loro doppia genialità (già è raro averne una, figuriamoci due), l’anima blues e quella hard rock, che loro sapevano (terza genialità, qui siamo oltre) fondere così bene nella STESSA canzone. Nessun altro gruppo ci è riuscito sempre così bene, si accettano scommesse. Forse qualcosina i Deep Purple (Child in Time) o i Nirvana.





venerdì 28 giugno 2019

IL GIOCO DI GERALD
Secondo me questo libro è nato da una scommessa.
Un giorno qualcuno ha detto: “Stefanuzzo bello, tu che sei tanto bravo a scrivere libri di successo, scommettiamo che non riesci a scrivere un libro con un protagonista solo?”
“Tipo Robinson Crusoe?”
“Di più, rendiamo le cose difficili: questa persona sola non si può nemmeno muovere. E’ bloccata. Non sarai capace, al massimo tirerai fuori un raccontino.”
E così Stephen King si è messo di buzzo buono. Ha immaginato un gioco erotico tra marito e moglie nella loro isolata villetta di campagna. Il marito Gerald lega con le manette la moglie nuda al letto ma poi ha un infarto e muore sul colpo. La moglie chiama aiutooo ma nessuno risponde.
Siamo a pagina 13 e il romanzo ha più di 400 pagine. Ricordo che a questo punto leggendolo mi dissi “Chissà adesso che personaggi farà intervenire e come li farà entrare nella storia”.
La risposta mi stupì molto: nessuno. A parte le ultime concitate pagine per 350 pagine c’è stato un solo attore, anzi attrice, sulla scena: Jessie, la moglie di Gerald.
E non solo: il romanzo è scritto benissimo, l’ho divorato in un weekend. Stephen King è un maestro della suspance (termine che non riesco a tradurre), quella diabolica abilità di farti girare pagina e continuare a leggere senza fermarti, tipica dei grandi scrittori.
Ma qui, con una protagonista sola per tutto il libro, Stephen King ha superato se stesso. Come ci è riuscito? Ancora me lo chiedo.
Ma una emozione alla fine mi è rimasta dentro. Questo romanzo mette davvero paura.

mercoledì 26 giugno 2019


LA CANZONE DELL’EREMITA

Mentre camminavo su un sentiero tortuoso
Con il sole alle spalle che rendeva lunghissima la mia ombra
Ho intravisto una signora che mi sembrava di conoscere
Era piena di luce e ogni cosa che toccava
Si trasformava in oro
Poi mi misi ad ascoltare attento
E percepivo una melodia sempre più forte
In cui tutto si fondeva armoniosamente
E sono diventato una roccia che non si muove



lunedì 24 giugno 2019

sabato 22 giugno 2019


UNA CANZONE FUORI DAL COMUNE


“D’yer Mak’er” è una canzone talmente lontana dagli standard dei Led Zeppelin che è sempre stata un mistero per me.

Sesta traccia di Houses of Holy, è canzoncina reggae assolutamente insignificante, nella musica nel testo nell’arrangiamento nell’esecuzione. Sembra scritta e suonata da un complessino di serie C.
Piange il cuore sentire Bonzo sprecato pestare in sottofondo mentre Jimmi Page suona il più banale degli assoli.

Mai un colpo d’ala, una schitarrata, un “porcaputtana ma questi sono LZ”.
Ovviamente c’è qualche bastian contrario che la adora (ho segnato i nomi, c’è un reparto dell’inferno dove si ritroveranno) e ai tempi avevano pure avuto la sfrontatezza di farla uscire come 45. Ma perché?

Dopo lungo pensamento sono arrivato ad una conclusione: l’hanno fatto apposta.
Apposta. Dopo cinque anni di delirio e passione rock blues, i LZ si sentivano confinati nella formula, volevano dimostrare di essere capaci di ben altro. Di divertirsi e divertire con canzoncine (D’yer Mak’er), ritmi lentissimi (Rain Song), banalità (Dancing Days), folk (Bron Y aur stomp) etc

Non sarebbe stato così scandaloso. In fondo stiamo parlando di quattro musicisti, è capitato e capiterà spesso nel rock, a tutti piace cambiare, evolversi.
Come i Beatles nel 1965, quando vollero scrollarsi la beatlemania di dosso e se ne uscirono
con Rubber Soul, un successone.

Ai Beatles l’operazione riuscì, ai LZ no, tanto che “Houses of the holy” è ritenuto da molti un disco minore e meno riuscito malgrado la presenza di veri capolavori (Rain song, No quarter). Sicuramente ha venduto molto meno e il pubblico ai concerti voleva sempre Whole lotta love e Staiway to heaven.

La “formula” dei LZ, quel misto tra hard rock e blues ideato da Jimmi Page, è stata talmente azzeccata sin dall’inizio che non si poteva cambiarla senza tradire. Li ha proiettati nell’empireo musicale e lì sono rimasti malgrado tutti i tentativi.



mercoledì 19 giugno 2019


COSA DIREI AD UN NEODIAGNOSTICATO DI SCLEROSI MULTIPLA

1.NON FASCIARTI LA TESTA prima di essertela rotta. I numeri sono dalla tua parte. Guarda che solo 1 malato su 3 finisce in sedia a rotelle (in genere dopo una ventina d’anni), gli altri continuano a vivere la propria vita con disturbi più o meno occasionali. Solo il tempo potrà dire a quale gruppo appartieni, all’inizio partiamo tutti dalla stessa linea.

2.EVITA PENSIERI NEGATIVI e velenosi, del tipo “Perché io?”, “Cosa ho fatto per meritarmi questo?”, “Eppure mi sono sempre comportato bene” etc. Oltre ad essere inconcludenti, ti succhiano energia e ti fanno sprecare tempo. Purtroppo la depressione è comoda, ma noi ti vogliamo vivo e battagliero.

3.E’ VERO PERO’, HAI MENO TEMPO degli altri: di solito la gente comune ha 30-40 anni di vita attiva davanti a sé ma tu hai questa spada di Damocle sulla testa appesa ad un filo (e la mielina di questo filo si sta sfilacciando). Non c’è tempo da perdere sul lavoro, evita vicoli ciechi. Per esempio lascia perdere, a meno che tu non abbia un talento eccezionale, la libera professione. Per molti l’obiettivo è un lavoro dietro una scrivania e poi una pensione di ferro. Se questi discorsi ti ripugnano, fai comunque scelte oculate.

4.CURA IL TUO CORPO, mi ringrazierai per questo. Basta con i bagordi. La tua salute è importante, inizia ora. Uno sport (che sia piscina, corse nei parchi, palestra etc) e una dieta bilanciata non solo migliorano la vita e lasciano ricordi belli ma un domani possono risultare più importanti di quel che pensi. La sclerosi ci rallenta, ma non ci ferma.

5.VIAGGIA! Non rimandare ad un domani i tuoi desideri, hai sempre questa incognita sulla testa, tu fregala sul tempo. E sforzati di mantenere i contatti umani con tutti, anche con altri malati, sarà una ricchezza che un domani potrebbe tornarti utile in qualsiasi momento difficile.

6.SPOSATI BENE: un divorzio è sempre una tragedia, ma per chi ha la sm rischia di essere devastante. Potresti non avere più la forza per ricominciare. Scegli bene la persona con cui dividerai la tua vita, niente colpi di testa. So che hai capito quello che intendo dire. “Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia...” per alcuni sono solo belle parole, per altri un impegno serio.

7.ABBI FIGLI: la sm non è né ereditaria né contagiosa (peccato, avrei qualche nome) per cui metti al mondo tranquillamente i tuoi figli, anzi ti consiglio di farlo il prima possibile: sempre per il maledetto discorso della salute fluttuante, che oggi c’è domani chissà. Crescere un figlio è faticoso ma bello, appagante, dà un senso al futuro, quello che l’ombra della sm voleva fregarci.

(consigli ai giovani di un malato da ormai 25 anni, ora in sedia ma che ancora lotta)



lunedì 17 giugno 2019


UNA CANZONE MERAVIGLIOSA
Tutti gli adolescenti negli anni ‘70 hanno mimato davanti allo specchio l’assolo finale di Stairway to Heaven e solo per fortuna nostra gli specchi non possono parlare.
Forse qualche donna (non qui dentro) pensa che questa canzone non la conosci ma sbaglia, assicuro. Molti ragazzi di allora hanno iniziato con la chitarra proprio per suonarla e impressionarti, provandola così tanto che un negozio inglese di strumenti musicali, esasperato dai dilettanti, aveva affisso il cartello “E’ severamente vietato arpeggiare Stairway to Heaven”.
Tutto inutile. Una radio rock che si rispetti la trasmette almeno una volta al giorno, sono 10 minuti (eh sì, è lunghetta) che chi ha il cuore rock sotto la cravatta ascolta deferente come un rosario.
Ma il testo cosa significa? Mistero. Nemmeno Robert Plant che è il suo autore lo sa. “L’ho scritto di getto, in modo automatico, stupendomi poi del risultato” dice nelle interviste. Io però non ci credo molto, fa parte un po’ del mito dei Led Zep come gruppo magico e poi il testo è costruito troppo bene.
Le parole sono una catena di immagini poetiche e positive (anche se i soliti balenghi vi hanno visto messaggi satanici), a parte l’ultimo inquietante verso: “to be a rock and not to roll”.
Un bel doppio senso diventato quasi proverbiale per indicare una situazione trattenuta, che non si sblocca: letteralmente vuol dire “essere una pietra e non rotolare” ma è evidentissimo il riferimento alla musica rock’n’roll, di cui i Led Zeppelin erano (e sono, poche balle) il top.
Curiosità: nelle versioni dal vivo non c’è il basso, John Paul Jones preferisce suonare l’organo. E se volete ascoltarne una versione insolita (l’hanno rifatta un po’ tutti) sentite quella di Frank Zappa, in cui l’assolo finale è suonato dalla sezione ottoni, cioè trombe, tube e tromboni.
Come direbbe Lino Banfi “raghezzi, siete proprio genièli!”. E tanto altro ci sarebbe da dire.

UNA CANZONE INTOCCABILE
“Whole lotta love” ha più di 50 anni ma è una canzone che contiene dentro una energia tale che è uscita ieri.
Primo meritatissimo successo planetario dei LZ, il primo di tanti e come capita spesso segnò il destino, da ora in avanti hard rock sino alla morte.
Amo questo brano. Il riff è tutto Jimmi Page mentre il testo di Plant è tutto sesso. Scorretto e coraggioso quando urla “I want to be your backdoor man”, senza riferirsi al sesso anale ovviamente.
Consapevoli della sua forza, i LZ tenevano questo brano per il culmine finale (con Bonzo che suonava un enorme Gong tra le fiamme) o nei bis. Apoteosi.
Amo questo brano anche perché Jimmi lo sperimentatore non suona solo la chitarra, dal minuto 1.48 sino a 2.20 passa al theremin. Strumento stranissimo, spettacolare, si suona senza toccarlo, suoni da un altro mondo.
Sembra… sembra stia suonando l’aria. Questo dirigibile è pazzesco.

CANZONI PLAGIATE
Incredibile. Il gruppo si è sciolto 40 anni fa e ancora c’è gente che rompe perché i LZ hanno “plagiato” (che è più che ispirarsi o imitare) canzoni e musiche facendole passare per loro.
Conoscendo la loro forza e originalità –non sto parlando da fan, è un dato di fatto-, l’accusa fa ridere ma il fatto è che i LZ hanno avuto e ancora hanno un successo strepitoso. Soldi, tanti soldi. E lo sappiamo tutti, dove gira tanto denaro arriva anche gente non bella.
Questo è avvenuto. Se i LZ fossero stati una garage band non se li filava nessuno, invece così tutti cercano di attingere dalla loro pentola più o meno spudoratamente.
Essendo una band di blues-rock ed essendo il blues una musica di stereotipi olè il gioco era fatto. Scoperto il loro punto debole. Bastava accusarli di avere “copiato” e portarli in tribunale, con relativo scandalo mediatico.
Che poi queste accuse si rivelassero sempre un buco nell’acqua -i giudici non sono così scemi- non aveva importanza, i tribunali sono tanti e per questi invidiosi bastava ripetere il giochino altrove.
E per fortuna esiste il reato di plagio solo per le melodie e non per le armonie e gli accordi, altrimenti sai che sugo.
Calma, stiamo calmi. La voglia di mandare a fanculo certi sciacalli è tanta ma cerchiamo di essere obiettivi. Casi di plagio esistono (“My sweet lord” di Harrison che riprendeva “He’s so fine”) e tutto può essere.
I LZ poi hanno sempre ammesso le loro fonti e le hanno pure accreditate, come nel caso di “The Hunter” che compare brevemente nel brano “How many more times”, l’ultimo di LZ I°.
Ascoltando però la canzone originaria mi sono cascate le braccia. Un blues che a sua volta riprendeva vari stereotipi. E’ vero, I LZ riprendono dei versi della canzone, ma lo fanno alla loro inimitabile maniera.
E nelle loro mani, “The Hunter” diventa irriconoscibile, si trasforma in altro, un capolavoro. Se Plant avesse cambiato le parole non se ne sarebbe accorto nessuno.
Ed è sempre così che avviene con i LZ. Una poesia tradizionale come Gallows Pole diventa un brano trascinante, Bring it on home di Sonny Boy Williamson diventa un brano hard rock molto diverso dall’originale, con The Hunter vai in estasi.
Con i LZ sai dove inizi ma non sai mai dove finisci, e questo i mediocri alla Salieri non lo sopportano.

UN OMONE
In molte delle foto back stage dei LZ compare anche un omone con la barba, una sorta di Bud Spencer con la faccia cattiva. Questo omone vestito sciattamente, sui 150 chili, si nota anche nel film concerto The Song Remains the Same, è uno dei gangster nelle scene iniziali e alla fine proprio lui si siede accanto a Robert Plant nella limousine che porta fuori dal Madison Square Garden.
E’ Peter Grant, il loro potentissimo manager, soprannominato da molti il quinto zeppelin. Se volevi parlare con loro dovevi passare da lui e, grazie anche alla sua mole, non passavi. La stampa lo odiava e, di riflesso, appena possibile parlava male dei LZ.
Loro manager fin dai tempi degli Yardbirds, amava totalmente il gruppo (amore ricambiato con una fiducia cieca) e si occupava di tutto ciò che non era musica. Contratti principeschi, dischi, concerti, apparizioni etc. Era molto abile, la vera eminenza grigia dietro alla band: se i LZ ebbero un successo planetario e divennero ricchissimi fu anche grazie a lui, non solo alla loro musica.
A mio parere, e ne parlo qui pure per questo, fu Peter Grant a decidere che i LZ dovessero essere un gruppo “misterioso” e avere una immagine diversa da tutti quanti. Una impronta che resta ancora oggi. Il fascino del gruppo nasce anche da questa sua “diversità”: eri tu che dovevi andare a conoscere il gruppo dal vivo, per questo non andarono mai in tv.
Sembrava una mossa suicida ma funzionò e molto bene.
Per esempio Grant proibì che le canzoni dei LZ fossero usate nelle pubblicità o nelle colonne sonore, i permessi si contano ancora oggi sulle dita di una mano monca. Scoraggiò l’uscita dei singoli, concentrandosi invece sugli lp. Odiava le registrazioni clandestine (i cosiddetti bootleg): se durante i concerti vedeva uno col microfono lo prendeva e saccagnava di botte.
E se la Polizia si lamentava, menava anche loro.
A modo suo fu un grandissimo. Dopo tanti anni è evidente: è stato l’uomo giusto al posto giusto.


SOLO PER INTENDITORI
Consigli per gli acquisti, cari Zeppers: alla prossima ricorrenza, se già non l’avete, fatevi regalare il doppio cd BBC SESSIONS, uscito nel 1997.
Valgono oro soprattutto il primo, che raccoglie le loro migliori esibizioni alla radio del 1969. Sono giovani, sono energici, hanno fame e vogliono conquistare il mondo.
Già in repertorio c’erano Whole lotta love e What is and what never should be (i primi due brani di LZ II°).
Questi cd sono una sorta di bootleg (dischi clandestini) ufficiali. Bootleg non autorizzati dei LZ ne sono usciti a iosa, ma spesso erano registrati da cani e i seguaci volevano qualcosa di più. E dato che acca’ nisciuno è fesso li hanno accontentati. Sfamatevi bestie!
Leggendo la track list potete anche fare un piccolo test, scoprite a quale gruppo di bestie appartenete.
PRIMO GRUPPO: “Ma nooo, che palle! Ci sono due versioni delle stesse canzoni! Non potevano mettere canzoni diverse? Cioé, che roba inutile, ma io devo spendere dei soldi per sentire la stessa roba?”
SECONDO GRUPPO: “Che figata, ci sono due versioni di You Shock me! La prima dura 5 minuti e la seconda 10. Chissà come l’hanno ampliata...e anche per Communication breakdown e I can’t quit you baby! Mo’ vado a casa e me le sparo in cuffia. Sto godendo come un riccio!”
Il secondo cd è la ottima registrazione di un concerto tenuto nel 1971 a Londra. Sembra una compilation, ci sono le migliori. Da notare anche l'introduzione di Stairway to Heaven,non accolta dal solito boato dei fan: la canzone all'epoca era praticamente sconosciuta. Verrà pubblicata, con pochissime differenze, solo più tardi in LZ IV°.
Avevano già capito tutto.


UN MISTERO MUSICALE
La discografia dei Led Zeppelin è un mistero. E’ nettamente divisa in due: i primi 4 album sono uno meglio dell’altro, allo stesso altissimo livello e pieni di capolavori immortali ed energici, negli ultimi 4 in studio (non si considerano qui live e raccolte) invece si avverte che il gruppo era entrato in una netta parabola discendente.
Certo si trovano ancora autentici gioielli qua e là (Kashmir, Achille last stand, All of my love, No quarter etc), ci mancherebbe, la classe non è acqua. Ma se dovessimo valutare i LZ solo in base agli ultimi dischi sembrerebbero quasi un gruppo “normale” (anatema!) lontani dal delirio iniziale.
Spiegazioni esterne: la musica con il Punk era cambiata e i LZ erano mi ricordo considerati superati, vecchi dinosauri. Poi l’esilio fiscale che li portò per lungo tempo all’estero.
Il gravissimo incidente che costrinse per parecchi mesi Robert Plant su una sedia a rotelle, le varie operazioni alla sua gola e soprattutto la tragica morte del figlioletto durante il disastroso tour americano del 1977.
Ma si trovavano anche motivi interni a tale decadenza: spiace dirlo, ma Jimmi Page era diventato un eroinomane e spesso non c’era con la testa. Si dice che Robert lo rimproverasse in privato per le appannate performance ai concerti. Tutto inutile: Jimmi era sempre più scavato e nelle interviste talvolta straparlava. Per inciso si capisce come mai ai concerti vestisse sempre con maniche lunghe, bisognava coprire i buchi alle braccia.
Ma anche Bonzo non stava bene, il suo alcolismo era crescente e inarrestabile (come il suo stile alla batteria, del resto). Tra i due era una gara a chi sarebbe finito per primo male.
Il destino scelse Bonzo. Nel suo corpo il mattino dopo i medici contarono 40 shots di vodka.
Non stupisce che il loro ultimo album sia altalenante e talvolta sembri piuttosto il primo album di Robert Plant.
L’ultima canzone del loro ultimo album, I’m gonna crawl (striscerò), è quasi profetica e talvolta non sembra proprio una canzone dei Led Zeppelin.

UNA CANZONE SUONATA IN STATO DI GRAZIA
“How many more times”, l’ultimo brano di LZ I°, è una splendida canzone ma se poi viene suonata dai LZ in serata diventa una esperienza magica. Il riff di basso era già stato imitato ovunque e “Money” dei Pink Floyd si ispira nettamente ad esso.
Ed è nota l’abilità in concerto dei LZ, che erano capaci di improvvisare a lungo come un sol uomo, coinvolti ognuno in cosa stavano suonando gli altri. E stare anche attenti al contesto e senza perdere il filo puoi farlo solo se se sei un grande e ti fidi profondamente degli altri.
Gli spettatori della Royal Albert Hall si rendono conto del momento eccezionale e vengono trascinati in una trance unica.
Minuto 8.33 stop
8.37 Jimmi Page accenna il riff di Whole Lotta Love
8.43 Jones lo segue al basso
8.50 si unisce Bonzo
8.57 Robert Plant si mette a cantare dei versi di Neil Young! (Down by the river)
9.15 mentre la banda suona un crescendo Robert ritorna ai versi originari del brano
9.42 Robert come nel disco canta a modo suo The Hunter, il blues di Albert King
10.03 siamo all’orgasmo musicale
10.13 nuovo stop. Che succederà ora?
10.16 inizia un botta e risposta totalmente improvvisato tra la voce Robert e la chitarra di Jimmi (che riesce a rendere decente anche il gilet cucito da mia zia). A questi due piace improvvisare insieme e si vede.
11.47 Jimmi Page inizia un crescendo boogie
11.58 Jones al basso capisce tutto e si unisce pure lui
12.04 arriva dal basso la rullata di Bonzo
12.07 boogie! In pochi secondi il pubblico è impazzito. Nessuno riesce a star fermo.
12.47 Jimmi fa partire l’assolo
13.04 inizia una serie di stop complicatissimi. Jones e Bonzo si guardano e non perdono mai il filo.
Etc etc per altri 7 minuti. Quando Bonzo morì i 3 rimasti decisero di sciogliere la band. Potevano dare ancora tanto ma dopo aver visto questo video li capisco.
L’alchimia che si era creata era unica, non ripetibile. Mi ritengo fortunato ad averla ascoltata.

UNA CANZONE MOLTO SENSUALE
Dopo “Fever” di Peggy Lee, questa è la seconda canzone più sensuale di sempre. Ideale per levarsi di dosso gli abiti, quanti bambini concepiti con questa canzone in sottofondo.
I LZ sin dagli inizi hanno spinto forte sul pedale del sesso e in maniera assai esplicita, lontani dalle birichine allusioni dei Beatles (oh please, please me). Loro ci andavano giù piatti: squeeze my lemon! I wanna be your backdoor man! I have a bird that whistles and I have birds that sing!
E cosa potrà mai rappresentare il dirigibile in fiamme nella copertina?
Ovviamente potevano permetterselo. Avevano tutti “bella presenza”, come si dice, non erano solo bravissimi. E il più ganzo di tutti era certo il cantante Robert Plant, vero e consapevole sex symbol. Indubitabilmente maschio ma con una capigliatura ricciolina bionda da cui lasciarsi avvolgere, dal carisma potente e si mormora assai dotato (un giorno uscirà la verità delle Plaster Caster con tanto di scultura).
In ogni caso questo blues psichedelico, la terza traccia di LZ I°, sembra venire da un altro pianeta. E ai tempi non era affatto scontato che una band inglese suonasse così bene il blues americano.
Tutti si producono in assoli fenomenali (vocalizzi, armonica, organo, chitarra)... e il numero dei bambini aumenta.

UNA CANZONE A MIO PARERE SOTTOVALUTATA
Questa bella canzone da LZ II a mio parere è molto sottovalutata. Sappiamo tutti che è molto bella ma non solo: rappresenta un esempio perfetto della genialità musicale del gruppo.
L’inizio infatti è quasi fiabesco, sognante, la melodia e le parole dolci. Due accordi si ripetono lenti come tappeto per la voce e la maggior parte dei gruppi avrebbero sviluppato questa parte, vi assicuro, lasciando al brano quel suo andamento quasi onirico che funzionava così bene.
Ma i LZ no, volevano qualche cosa in più. E dopo 28 secondi si scatena un ritmo, in cui San Bonzo e l’elettrica di Jimmi Page la fanno da padroni. Impressiona, risentendola oggi, sentire quanto tutto sia così naturale.
Siamo ben oltre il “minore-MAGGIORE-minore” che caratterizza molte canzoni rock. Sembrano quasi due canzoni diverse ma fuse così armonicamente che oggi si fa fatica a concepirle distinte.
Questa bravura compositiva nel collegare parti separate è tipica solo dei grandi musicisti.
Anche nel testo, quasi a richiamare questa doppia anima, si fondono due parti (“come è e come non dovrebbe mai essere”).
Un aneddoto: quando ho ascoltato “Appetite for destruction”, il primo lp dei Guns & Roses (pistole e rose), con il primo lato rock e il secondo di ballate, ho capito da chi avevano imparato la lezione.
Nei LZ c’era una doppia anima e averla fuse così bene li ha resi immortali. Pensiamo alla loro canzone più famosa, Stairway to Heaven, con il suo inizio così magico e il suo finale travolgente.
Questi erano i LZ, non un semplice gruppo hard rock.
“E se ti dicessi domani
prendi la mia mano, bambina, vieni con me
ti porto in un castello
dove ciò che deve essere, così sarà...”


UN CONCERTO DEI LED ZEPPELIN ANCHE PER ME
Sono pochissimi gli italiani che possono dire di avere visto i Led Zeppelin dal vivo. O avevi i mezzi per andare all’estero o avevi assistito al loro unico concerto italiano nel 1971 a Milano, che finì dopo 20 minuti tra molotov e manganellate della Polizia.
Non ci scappò il morto per miracolo. Risultato? “Mai più in Italia” esclamò Robert Plant e il quartetto negli anni tenne fede alla parola.
Eppure per tutti gli anni ‘70 i Led Zeppelin suonarono ovunque e comunque nel mondo. Ma non in Italia dove vigeva la contestazione e con lo slogan “La musica è gratis!” si impediva la vendita dei biglietti con mezzi anche violenti (e si parla di biglietti che oscillavano tra le 1000 e 2000 lire, meno di un euro e molto meno degli LP).
Quei pochi che accettavano comunque di esibirsi gratis venivano regolarmente contestati perché il loro messaggio non era abbastanza “rivoluzionario”. Ricordo un concerto di De Gregori finito dopo mezzora tra i fischi e lanci di bottigliette sul palco. Io ero ragazzino e ricordo pensavo “Uf che palle, anche stavolta”.
Era la follia, erano gli “anni di piombo”. La conseguenza pratica fu che per anni non si organizzò mezzo concerto. La follia estremista di alcuni imbecilli (imbecilli, bisogna avere il coraggio di dirlo) mi tolse la gioia dei concerti negli anni più belli. Bastardi.
Ma i Led Zeppelin nel 1976 fecero un regalo a noi adolescenti degli anni ‘70. Un film-documentario, THE SONG REMAINS THE SAME, la registrazione di un loro concerto al Madison Square Garden. Quando all’inizio Robert compariva sul palco gridando “New York, good evening!” il cinema esplodeva.
Noi ragazzotti eravamo entrati in carovana come ad un vero concerto, vestiti con le borchie e i giubbotti metal. Mentre Robert cantava Rock’n’Roll ricordo gente che si dimenava sotto lo schermo.
Jimmi Page durante gli assoli mi sembrava bello come un Dio, lo adoravo, in quei momenti poteva chiedermi qualunque cosa.
Alla fine del concerto, Robert allargava le braccia ed esclamava: “New York, good morning!”. E fu così che diventai un fan dei Led Zeppelin.


UNA CANZONE SUONATA IN PUBBLICO LA PRIMISSIMA VOLTA
L'ho trovata! Grazie Youtube. La primissima volta che i Led Zeppelin hanno suonato Immigrant Song dal vivo!
Una settimana prima la canzone non c'era, poi dopo la tournèe in Islanda eccola qua. Un po' diversa dalla versione registrata sull'album LZ III, ma è lei. Il gruppo era talmente convinto della sua bontà che per anni fu il brano di apertura ai concerti (poi Plant ci dovette rinunciare quando la voce si abbassò).
Ma all'epoca problemi non ce n'erano e si sente. La registrazione del mitico concerto che i quattro han tenuto a Bath il 28.6.1970, per molti uno dei migliori della loro carriera.
Anche il pubblico se ne accorse e con 5 bis i LZ divennero la band planetaria che sappiamo.
La qualità del suono è bassa, sembra registrata col trattore, ma il valore storico del concerto è indiscutibile. Ancora dopo 50 anni chi l'ha visto ne parla come una esperienza quasi mistica. Si dice che ci siano dei video del concerto e spero di vederli prima di schiattà. Usciteli!

UNA CANZONE DOPO ESSERE STATI IN PARADISO
Salendo su una scalinata sei arrivato in Paradiso, ci hai vissuto e poi sei sceso.
Ma adesso che farai? A nemmeno 40 anni hai già visto tutto, provato tutto, sei stato trattato come un Dio, le hai scopate tutte, hai visto tutto. Ma ora?
Robert Plant, uomo coraggioso, ha fatto la sua scelta: da anni rifiuta assegni in bianco per nuove tournèe con i LZ e preferisce guardare avanti.
Questo vuol dire restare solo? Perdere folle adoranti? Avere meno soldi?
Certo ma intanto esplora nuovi territori, per quanto piccoli siano (come dovrebbe fare un vero artista).
E qualche anno fa se ne è uscito con questa bella canzone. Niente de che ma è roba fresca, finalmente.
Ah che fitta al cuore sentire che la batteria è elettronica. Ma Robert lo ha fatto apposta per evitare il solito confronto con Bonzo.
Amico, fai parte del passato. E' stato bellissimo ma è finito.

UNA CANZONE DISPERATA D’AMORE
Nel loro 3° album, ormai i Led Zeppelin erano pronti per andare oltre i bluesacci torridi dei primi tempi (I can’t quit you, You shock me, Bring it on home…).
Fu dalla loro maturità che nacque il capolavoro “Since I’ve been loving you”, una ballad lenta dalla struttura molto complessa, difficile da suonare.
Ma i quattro erano al culmine della loro bravura e registrarono in presa diretta, senza sovra incisioni. E ‘sti cazzi! Erano i LZ: Jimmi Page suonò uno dei suoi assoli migliori (allo stesso livello di Stairway to Heaven, per capirci), mentre Jones all’organo e Bonzo alla batteria furono perfetti.
Ma al centro c’era solo lui, Robert Plant, con la sua voce e la sua fisicità pazzesca. Raro incontrare un cantante con più carisma, che riesce a rendere trascinante anche le solite banalità blues.
E le donne lo sanno. Il regista, che è un FdP, indugia sui loro volti mentre ascoltano in adorante silenzio. In particolare quella dal secondo 6.48 a 7.01 sembra stia pensando a qualcosa.
Ma cosa? Chiedo aiuto alle donzelle che leggono, svelate il mistero (ricordatevi che siamo in fascia protetta  )
Quando vedo Isaac Newton penso sempre di vedere il bis nonno vintage di Robert Plant.
Ecco da chi ha preso il genio!



UNA CANZONE CHE NON CONOSCEVO
La prima volta che l'ho sentita mi son detto "Toh, una canzone degli Zeppelin che non conoscevo!".
Poi ho guardato meglio e ho visto che erano una band di ragazzi del Michigan, tre fratelli e il batterista.
Bravi però. Cavoli, in certi momenti sembravano proprio loro.
Soprattutto la voce del cantante è "quasi" paragonabile per potenza e timbro a quella di Plant.
Sono nati come Zep Cover Band e si sente.
Vi racconto ora una fantasia prima di addormentarmi.
Il ragazzo e Robert Plant si alternano al microfono in questa canzone e alla fine c'è un simbolico passaggio di consegne.
Abbiamo bisogno di gente nuova per portare avanti la musica, quella vera.
Siamo circondati da musica trap, roba elettronica e schifezze varie poi c'è una schitarrata e una lacrimuccia arriva.

UNA CANZONE DI DEBUTTO
Prima canzone, primo album!
Così nel 1969 i Led Zeppelin si presentavano al mondo, con un brano energico e trascinante. Per un pubblico che fino al giorno prima aveva ascoltato canzonette posso solo immaginare lo shock salutare.
Il successo fu immediato e strabiliante.
Riascoltato oggi, il brano colpisce soprattutto per due cose: il bell’assolo di Jimmy Page, ai tempi apprezzato solo come turnista a noleggio, e soprattutto il lavoro alla batteria di John Bohnam, perfetto sconosciuto.
Pieno di controtempi difficilissimi, con un senso del ritmo gigantesco, creativo (non ripete mai lo stesso stacco), Bonzo è un mostro di bravura da un altro pianeta. Lo ascolti e c’è solo da inchinarsi. Provate a far suonare questa canzone ad un batterista normale e vi accorgerete della differenza.
Il brano è a firma collettiva ma in realtà musicalmente parlando (il testo è come al solito di Plant) il riff è del bassista John Paul Jones, il cervello che operava dietro le quinte.
Pur essendo uscito come singolo (le copie originali rimaste si vendono assai care), venne suonata dal vivo poche volte e per questo motivo quasi dimenticata.
Quasi, in fondo al cuore era rimasta. E quando al Celebration Day gli Zep riuniti iniziarono il concerto celebrativo proprio con “Good times, Bad Times” tutti i presenti han capito che sarebbe stata una grande, grande serata, con il cuore al posto giusto.
UNA CANZONE DI GUERRA
Immigrant Song è un raro esempio di canzone cattiva, politicamente scorretta. Una canzone di guerra in cui si adotta il punto di vista degli invasori vichinghi, che terrorizzarono le coste europee per tutto il medioevo.
Pur essendo stata scritta ormai da quasi 50 anni non ha perso un briciolo della sua potenza, sia musicalmente (una progressione per ottave; per ottave, musicisti!) che per il testo, scritto rapidamente da un ispirato Robert Plant (all’epoca 22 anni) in stato di grazia, parole che hanno influenzato molti successivi testi heavy metal:
“Siamo il martello degli Dei, siamo venuti in queste nuove terre per combattere e conquistare, cantare e piangere, Valhalla sto arrivando! Abbiamo remato per tutta la notte per giungere alle vostre spiagge occidentali…”
Le origini del brano si perdono nella leggenda, come spesso accade con i Led Zep. Quando vennero invitati in Islanda uno sciopero mise in serio dubbio il concerto ma gli universitari misero in pedi in fretta e furia un palco e al concerto partecipò, si calcola, il 2% di tutta la popolazione giovanile islandese.
Robert Plant ne fu impressionato e bang!, il brano venne ideato e dopo 6 giorni suonato per la prima volta in pubblico.
Quei pochi fortunati che assistettero all'unico disastroso concerto degli Zep a Milano dissero che la voce di Plant in Immigrant Song (primo brano della scaletta) era così potente che avrebbe potuto cantarla anche senza microfono.
"Ricostruite le vostre macerie. Avete perso."